Il rapporto. Il mondo ha sempre più debiti: siamo oltre i 100mila miliardi di dollari. Allarme del Fmi: il debito pubblico raggiungerà il 93% del Pil globale entro la fine del 2024 e toccherà il 100% entro il 2030, un livello maggiore di quello rilevato durante la pandemia.
Gli Stati Uniti e gli altri Paesi in cui si prevede che il debito continui a crescere, tra cui la stessa Italia, oltre a Brasile, Gran Bretagna, Francia e Sudafrica, potrebbero dover affrontare conseguenze costose.
“Rinviare l’aggiustamento significherà solo che alla fine sarà necessaria una correzione più ampia, e aspettare può anche essere rischioso, perché l’esperienza passata dimostra che un debito elevato e la mancanza di piani fiscali credibili possono innescare reazioni avverse del mercato e limitare lo spazio che i Paesi hanno per confrontarsi con choc futuri”, spiega Era Dabla-Norris, vicedirettore per gli affari fiscali del Fmi.
Secondo l’analista, i tagli agli investimenti pubblici o alla spesa sociale tendono ad avere un impatto negativo molto maggiore sulla crescita rispetto ai sussidi meno mirati, come quelli per il carburante. Alcuni Paesi hanno spazio per ampliare le proprie basi imponibili e migliorare l’efficienza della riscossione delle imposte, mentre altri possono rendere i propri sistemi fiscali più progressivi tassando le plusvalenze e il reddito in modo più efficace. (dal quotidiano “Avvenire” – Paolo M. Alfieri)
A buon intenditor poche parole. I richiami del Fondo monetario internazionale calzano a pennello rispetto alla situazione italiana dei conti pubblici e delle sue preoccupanti prospettive socio-economiche. Ho però la netta sensazione che scivolino sui vetri del nostro scriteriato modo di governare.
Il Fmi, per dirla con Marcello Dell’Utri e parafrasando una sua celebre frase, per L’Italia può dire quello che vuole. È come il nonno di casa: fai finta di niente anche se esce in mutande.
Non prendo per oro colato le allarmistiche analisi di questo organismo pilastro tecnico del capitalismo mondiale, ma dal momento che, come sostiene Giorgio Ruffolo in un suo importante libro, il capitalismo ha i secoli contati, bisognerà pure farci un pensierino.
Non sono un rigorista perché ritengo che una linda tovaglia sulla tavola di uno Stato non garantisca affatto una dispensa piena di beni di prima necessità. Tuttavia occorre ragionare e non si può impunemente e continuamente vivere al di sopra delle proprie possibilità, scaricando i conseguenti problemi sui soggetti più deboli non in grado di arrangiarsi.
Il consiglio fondamentale emergente dall’analisi del Fmi riguarda l’utilizzo intelligente della leva fiscale e l’adozione di una razionale politica di tagli alle spese. Uso al riguardo una metafora di carattere famigliare. Se si è fortemente indebitati e si fa molta fatica a vivere dignitosamente, il buon padre di famiglia cosa fa? Propone a chi spende troppo di limitarsi e addirittura di contribuire con maggiori risorse al riequilibrio del bilancio in modo da garantire a tutti i componenti una vita sobria ma accettabile, in modo da tranquillizzare i creditori sulla solvibilità, in modo da investire un po’ di soldi per migliorare le condizioni di vita.
Se invece si prosegue all’insegna del “qualcuno pagherà” e del “si salvi chi può”, alla non tanto lunga si andrà a sbattere. Certo che il padre di famiglia dovrebbe essere credibile, dare il buon esempio, riuscire a convincere anche i più recalcitranti…Qui viene il brutto! Alla mancanza di senso della famiglia si aggiunge la scarsissima autorevolezza del capo che balla nel manico famigliare.
La metafora credo sia abbastanza trasparente. Ce n’è per tutti. Non snobbiamo quindi il Fmi, non facciamo finta che le cose, tutto sommato, vadano bene, non pensiamo di cavarcela all’italiana. Uno scatto di responsabilità sarebbe indispensabile, anche se la botte dà il vino che ha e il vino, pur non essendo buono, purtroppo serve ad ubriacare i commensali.
Riprendo in amara conclusione la suddetta irriverente gag del nonno. Attenzione perché può anche darsi che le mutande del Fmi adombrino le braghe di tela dell’Italia.