La Commistione europea

In totale sono 40% di donne (11 su 27). La lista iniziale dei nominati dai governi ne contava appena il 22%, “del tutto inaccettabile” ha detto Von der Leyen, confermando i suoi numerosi interventi sui governi per cambiare i nomi. Il caso più recente è quello della Slovenia, con l’arrivo di Marta Kos al posto di Tomaz Vezel, che ha creato uno scontro interno tra opposizione e governo a Lubiana che ha portato al rinvio della presentazione del collegio, previsto per la settimana scorsa e ora in fase di soluzione. Quanto ai colori politici, ci sono 14 commissari del Ppe, quattro Socialisti (cinque se si considera anche Sefcovic, il cui partito Smer è membro sospeso del gruppo), cinque Renew (Liberali e macroniani), due conservatori e un indipendente. Se davvero il nodo sloveno sarà chiuso prestissimo, le audizioni dei commissari di fronte alle rispettive commissioni europarlamentari potrebbero cominciare già in ottobre, nel tentativo di arrivare al voto in aula sull’intero collegio lo stesso mese, in modo che la nuova Commissione Europea possa entrare in funzione il primo novembre. Altrimenti, scenario molto più probabile, si avrà uno slittamento di un mese. (dal quotidiano “Avvenire”)

A quanto pare, i criteri per la scelta dei commissari europei, sono stati la rappresentanza geografica, la parità sessuale e l’equilibrio politico. Molto difficile combinarli: ogni Stato-membro infatti è portato a privilegiare personaggi in grado di portare avanti le logiche e gli interessi nazionali; le quote rosa sono uno specchietto femminista per le allodole progressiste; l’appartenenza politica risulta molto sfumata e piuttosto debole. Non sono in grado di valutare il livello qualitativo dei componenti la Commissione, che tuttavia mi sembra abbastanza basso al punto da far temere un pesante ed ulteriore condizionamento della mastodontica struttura burocratica sulla traballante autonomia dell’organo di governo comunitario.

In estrema sintesi mi sembra che la debolezza istituzionale partorisca una politica comunitaria, che dovrebbe essere espressa dal Parlamento, ma che in realtà è frutto di equilibrismi geopolitici peraltro imbalsamati dall’assurda e paralizzante regola dell’unanimità.

I valori e le idealità, che dovrebbero essere espressi e garanti dai partiti, finiscono col non essere di fondo ma sullo sfondo: conseguenza immediata è la scarsa convinzione nei processi di vera integrazione e l’attestazione sulla pregiudiziale scelta confederale rispetto a quella federale.

Il parterre istituzionale europeo può essere brutalmente configurato nella stanza dei bottoni in cui entrano e comandano i Paesi forti per accedere alla quale però si passa da un’anticamera in cui ognuno grida e fa valere i propri interessi, bloccando le velleità decisionali dei maggiorenti, senza contare che la vera stanza di comando rischia di essere a latere, vale a dire quella tecnocratica e burocratica.

L’accordo politico tra i maggiori partiti (socialisti, popolari e liberali) assomiglia molto ad un patto di non belligeranza a garanzia di una vuota continuità e a costo di un assordante silenzio sulle troppo impegnative questioni sociali (politica migratoria in primis) e sugli inevitabili equilibri bellici (conflitti in atto e latenti).

Staremo a vedere cosa succederà quando il Parlamento dovrà votare la fiducia al Collegio: avrà la forza di verificare convinzione europeistica, rappresentatività politica, competenza ed esperienza programmatica dei singoli commissari e dell’intera commissione? Sarà una semplice ratifica con qualche marginale maldipancia?  Sarà un esercizio retorico con i dissensi ridotti a sfoghi populisti o demagogici? Sarà uno sfogatoio personale del dissenso a livello di belle coscienze?

La struttura istituzionale europea sembra fatta apposta per occultare il peso comunitario a favore di quello nazionale, per mettere la politica nel cassetto degli affari: conseguenza è la marginalità, sulle scene interna ed internazionale, di un gigante coi piedi di argilla. E tutti pensano di contare qualcosa, mentre in realtà non contano niente.  E i pionieri e fondatori dell’Europa Unita si scaravoltano nelle tombe su cui non rimane che piangere amaramente.