Il piatto di lenticchie che stuzzica don Patriciello

“Tante persone, non potendo prendersela con Roma che è troppo lontana, se la prendono con chi ha invitato Giorgia Meloni a Caivano. E quindi questo prete che sta davanti a voi è diventato fascista, omofobo, tra poco diventerà anche pedofilo. Appena faranno quest’altro passo, poi scatteranno tutte le denunce contro chiunque perché adesso poi non se ne può più”. Sono le parole di don Maurizio Patriciello, il prete anticamorra di Caivano (Napoli), che in qualità di consulente ha partecipato all’audizione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, presieduta dal deputato di Forza Italia Alessandro Battilocchio.

Il parroco della chiesa di San Paolo Apostolo nel Parco Verde respinge le accuse di essere filo-meloniano e sottolinea: “Io sono un prete di tutti, ma se questo è il prezzo da pagare, va bene. Non voglio niente da nessuno, tutte le volte che è venuto a Caivano qualche ministro e qualche parlamentare in parrocchia ci abbiamo rimesso anche i soldini per il caffè e per il dolcino. Vogliamo solo il bene di questo territorio che veramente è proprio maltrattato e bistrattato – continua con toni appassionati – Avevate a Caivano una discarica e adesso avete un gioiello. Dovete dire grazie, e mi rivolgo soprattutto a coloro che non sono di Fratelli d’Italia. Certo, si tratta solo di un gradino, la scala è lunga e alta, ma ringraziamo il Signore, diamo fiducia al popolo e sosteniamo padre Maurizio, anziché fargli i video e dire su di lui cose schifose accusandolo di essere fascista e omofobo”.

Il religioso parla della genesi del suo rapporto con la presidente del Consiglio e rifila una frecciata al presidente regionale Vincenzo De Luca: “Caivano per la seconda volta vede la propria amministrazione sciolta per infiltrazione camorristica, una cosa orribile. Quando la camorra entra nel santuario della democrazia e della civiltà quale un’amministrazione comunale, vuol dire che le cose veramente non vanno bene e bisogna porsi delle domande molto serie non solamente a livello comunale – prosegue – ma anche a livello regionale e nazionale. Quando De Luca l’anno scorso ha detto che a Caivano lo Stato non c’è, ha affermato una grande verità che io ho sottoscritto. Ma questa cosa la posso dire io che sono un prete, non la può dire il presidente della Regione, no, questo no. In quest’ultimo anno qualcosa è cambiato, c’è poco da fare. Chi dice il contrario sta mentendo a se stesso e anche alla nostra bella Italia”.

Poi gli elogi a Meloni: “Tutto è nato lo scorso anno con l’episodio dello stupro delle bambine. Ho scritto un messaggio a Giorgia Meloni il 25 agosto e non ci avrei mai giurato che il 31 agosto la presidente del Consiglio sarebbe venuta con mezzo governo. Io ho ricevuto Conte, Andrea Orlando, Galletti, Renzi, quindi non c’era nessun mio tentativo di mettere un timbro politico. Era semplicemente la richiesta di un parroco disperato alla presidente del Consiglio. Lei mi ha ascoltato con grande attenzione – conclude – e questa è una cosa molto bella che non succede sempre: si è messa in ascolto. Io le ho detto: ‘Noi sappiamo fischiare e sappiamo applaudire, ma siamo stanchi di fischiare, abbiamo troppo fischiato a tutti voi che siete a Roma. In queste periferie siamo stati abbandonati e ora abbiamo un grande desiderio di applaudire. Per cortesia prenditi i nostri applausi’. Lei ha fatto delle promesse, le ha mantenute e il mio compito è applaudire”. (da Il Fatto Qutidiano.it)

Sono allergico ai preti che tendono ad interpretare il loro ruolo in chiave spiritualista e che quindi non si sporcano le mani affondandole nei problemi sociali. Qualcuno li ha chiamati pretacci: sono i miei preferiti. Non ho quindi niente da ridire sull’impegno di don Maurizio Patriciello contro la camorra e i guasti sociali da essa provocati.

Temo però che in assoluta buona fede e a fin di bene si stia facendo strumentalizzare in chiave partitica e, forse ancor peggio, in senso favorevole alla premier Giorgia Meloni. Capisco benissimo che di fronte ad una politica assente la tentazione sia quella di dare credito a chiunque dimostri un minimo di attenzione e disponibilità concreta verso i problemi di un territorio letteralmente disastrato dalla camorra.

Un autorevole esponente parmense del cattolicesimo democratico, allorché arrivò a Parma il vescovo Benito Cocchi, con tanto di biglietto da visita dell’impegno mattutino ad accudire anziani, mi sconvolse facendomi presente come la storia della Chiesa sia piena di personaggi caritatevolmente ineccepibili ed evangelicamente fulgidi, politicamente conservatori o addirittura reazionari. Non fu il caso del vescovo Cocchi, messo in crisi da ben altre contraddizioni diocesane. Non sono in grado di valutare se la suddetta analisi storica sia attendibile, ma una cosa è certa: la politica è la forma più alta di carità a condizione che non cerchi nel “particolare caritativo” il muro di gomma dietro cui nascondere la mancanza del “generale politico”.

L’ex vescovo di Parma, monsignor Benito Cocchi, sosteneva con molta acutezza e sapienza, che non basta fare del bene, bisogna anche esserne capaci. Credo volesse proprio alludere anche ai pericoli di puntare al bene a tutti i costi, pagando fuorvianti prezzi socio-politici e rubando il mestiere a chi di dovere.

Il politico non va misurato sull’aiuto che dà ai progetti scaturenti dal volontariato cattolico, ma in base al coraggio di elaborare e concretizzare progetti di giustizia su cui anche i cattolici possono impegnarsi. Giorgia Meloni non è brava se risponde alle coinvolgenti provocazioni di don Patriciello, ma se fa della lotta alla camorra una priorità del suo programma di governo con tutto quel che ne consegue. Non solo, ma anche se è capace di puntare ad una politica di pace, di giustizia e di apertura al sociale.

Attenzione alle rondini che non fanno primavera, ma spargono l’illusione che l’inverno possa essere mite a macchia di leopardo.

Don Andrea Gallo sosteneva: «La Chiesa deve vivere delle offerte dei suoi fedeli, non di ricche e non disinteressate mance del principe. Che oltretutto i soldi per quelle mance li preleva dalle tasche di tutti, fedeli e non».

Vorrei chiedere a don Patriciello se i suoi appelli non rischino di essere richieste di raccomandazioni per l’ottenimento di aiuti interessanti, paradigmatici, accattivanti, ma pur sempre sporadici e oltre tutto compromettenti.

Don Luigi Ciotti, fondatore e presidente del gruppo Abele e di Libera, dice: «Ho sempre cercato di saldare Cielo e Terra e i miei riferimenti sono innanzitutto il Vangelo e poi la Costituzione. Nel Vangelo c’è molta “politica”, laddove si denunciano i soprusi, le ingiustizie, le ipocrisie. E la Costituzione ha uno spirito evangelico quando afferma la dignità e l’uguaglianza di tutte le persone».

Vorrei chiedere a don Patriciello come si possa dare credito a una politica che mette la Costituzione sotto i piedi facendo finta di applicare il Vangelo.

La Comunità di S. Cristina e S. Antonio Abate aveva un sogno: «Che la politica guidi l’economia, che l’etica guidi la politica, che la sobrietà cancelli lo spreco, che la giustizia, la coesione, la solidarietà mettano al riparo i più deboli. Che la democrazia cresca».

Vorrei chiedere a don Patriciello se nell’attuale governo e nella maggioranza politica che lo sostiene intraveda qualcosa di simile al sogno di cui sopra.

In conclusione vorrei fare ancora riferimento al pensiero di don Andrea Gallo: «Non mi curo di certe sottigliezze dogmatiche perché mi importa solo una cosa: che Dio sia antifascista!».

Don Patriciello crede che Giorgia Meloni sia antifascista oppure crede anche lui che l’antifascismo sia superato e superabile con qualche piatto sociale di lenticchie?