La strumentale insistenza con cui si affronta il pur importante problema della concessione della cittadinanza agli stranieri che vivono in Italia mi lascia piuttosto perplesso: mi sembra che non sia tanto in gioco la visione dei futuri assetti demografici quanto quella degli assetti nella maggioranza di centro-destra, della costruzione del famigerato centro democratico e del ruolo che i cattolici potrebbero svolgere in questa costituente di centro.
Quanto agli equilibri politici fra i partiti dell’attuale governo, Forza Italia da tempo non perde occasione per distinguersi dai partner e forse ha trovato nello ius scholae la chiave per aprire il nuovo appartamentino in cui abitare per poi decidere se rimanere nel condominio di destra o pensare ad un vero e proprio autonomo villino targato mediaset.
Il diritto alla cittadinanza sta poi diventando anche il pretesto per vagheggiare una sorta di interclassismo riveduto e scorretto a guida pseudo-cattolica: il discorso è vecchio come il cucco, ma periodicamente ritorna d’attualità. Ci stanno forse riprovando al convegno di Rimini di Comunione e liberazione, avente come tema “Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?”.
Vuoi vedere che stanno cercando il nuovo (?) Centro democratico? Sul fatto che questa ricerca possa essere essenziale nutro seri dubbi: questione di opinioni. Fatto sta che Tajani sta imperversando al meeting e sta pontificando a più non posso.
Per Tajani la cittadinanza e la pace nei conflitti viaggiano insieme dentro una idea diversa di Europa perché «noi abbiamo una visione da Ppe»: non burocrazia, ma valori comuni, quindi cultura. Nel Meeting che celebra Alcide De Gasperi con una seguitissima mostra a 70 anni dalla morte, Tajani riprende la sua idea di “patria europea”. Dove il sovranismo nazionale rischia di diventare un recinto antistorico. «Essere italiano, essere europeo, ed essere patriota non è legato a sette generazioni, ma a quello che sei tu. Non sono né un pericoloso sovversivo né un estremista di sinistra, ma dico che bisogna guardare alla realtà per quella che è. Io insisto sulla formazione, sull’identità, sulla cultura, perché se tu accetti di essere europeo nella sostanza, sei italiano ed europeo non perché hai la pelle bianca, gialla, rossa o verde, ma perché dentro di te hai quelle convinzioni, perché vivi quei valori – afferma Tajani – perché dentro di te hai quell’anima europea. Se poi i tuoi genitori sono nati a Kiev, La Paz o Dakar è la stessa identica cosa», aggiunge il titolare della Farnesina. E chiosa fra gli applausi: «Io preferisco quello che ha i genitori stranieri e canta l’inno di Mameli all’italiano da sette generazioni che non lo canta». (dal quotidiano “Avvenire”)
Premesso che in Antonio Tajani intravedo la somiglianza con Alcide De Gasperi solo ed esclusivamente “nel pisciare”, prendo atto che si sta ponendo in gioco come pontiere di destra che guarda a sinistra. Non mi pare una cosa seria!
Per quanto riguarda l’ansia protagonistica dei cattolici a livello di processi politici, se resta schiacciata sull’occupazione di meri spazi elettorali o di pure combinazioni di potere, la vedo come un disperato galleggiamento nel mare politichese. Un mio carissimo amico ha opportunamente ribattezzato questo movimento cattolico come “Comunione e disperazione”.
La montagna, alla fine della fiera, potrà partorire solo due topolini: uno straccetto di gattopardesca legge sulla cittadinanza e un centrino ricamato da collocare sul tavolo della destra. E vissero insieme felici e contenti.