Voglio provare a rovistare nel centro-destra, una casa che non mi è per niente congeniale, ma che va pur considerata non foss’altro per il fatto che agli Italiani sembra piacere molto. In particolare punto la mia attenzione su “Forza Italia”, sul suo recente esito elettorale piuttosto favorevole e su cosa possa essere basato.
Fino a qualche tempo fa ero portato a considerare questo partito come un vaso di coccio in mezzo a due vasi di ferro, vale a dire in mezzo alle due partitiche arroganze perniciose di Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Non dico che il vaso sia diventato di ferro, ma certamente si è irrobustito e tende a resistere agli urti.
Il motivo fondamentale sembra essere la scelta moderata operata da Antonio Tajani: nei metodi e nei contenuti Forza Italia tende a distinguersi dai partner a costo di apparire spesso come l’utile idiota. A livello Ue si colloca chiaramente nel campo popolare e sfrutta quel poco o quel tanto di considerazione acquisito da Tajani nell’esperienza fatta a livello di istituzioni europee nonché l’effetto di qualche candidatura azzeccata (Letizia Moratti). In Italia evita accuratamente di assumere posizioni aggressive, aderendo spesso al famoso detto del più bel tacer non fu mai scritto.
Sotto questo vestito, probabilmente confezionato dal sarto-mediaset ed esibito in una strana ma vantaggiosa continuità col padre fondatore, però c’è poco o niente. Basti pensare al discorso delle riforme che rappresenta il cavallo di battaglia del centro-destra. Credo che a Forza Italia non piaccia per niente il discorso del premierato (non hanno infatti attualmente l’uomo o la donna che possa fare al caso) e che non piaccia nemmeno la cosiddetta autonomia rafforzata regionale. E allora? Si accontenta della riforma della giustizia sulle ali del ricordo berlusconiano indelebile: poco, meglio di niente.
La ministra Casellati prova a distinguersi proponendo un impossibile clima di dialogo sul premierato: questione d’immagine, che tuttavia potrebbe diventare importante qualora questa riforma dovesse trovare ostacoli in itinere a livello di incostituzionalità.
C’è poi l’eclatante e decisivo risultato elettorale siciliano che ha sfiorato il 24%. Difficile capire a cosa sia dovuto, probabilmente alla forza attrattiva dei cacicchi forzitalioti in gara fra di loro, ma che potrebbero rappresentare la vittoria di Pirro con i loro sgarbi reciproci e le loro smanie di potere.
Potrà Forza Italia costituire un forte polo attrattivo per l’elettorato di centro alla faccia degli estremismi sempre più evidenti in casa meloniana e salviniana?
Mia madre di calcio non capiva una mazza, ma, pur di stare in mia compagnia, guardava le partite e poneva simpatici interrogativi che alla fine avevano più un contenuto etico che sportivo. Anche allora si faceva un gran parlare di centrocampisti e lei ne aveva un concetto molto limitato: pensava che fossero i giocatori costretti a stazionare nel cerchio di centrocampo (per dirla alla parmigiana di pistapòcci, alla faccia di quanti sostengono che le partite di calcio si vincono a centrocampo).
In effetti Giorgia Meloni sembrava puntare ad un rapporto a livello europeo col Partito Popolare al fine di sganciarlo dalla ormai storica alleanza coi socialisti. Disegno evidentemente fallito prima ancora di partire vista l’indisponibilità del pur ridimensionato Ppe e l’estremismo sempre più marcato e vincente delle destre amiche del giaguaro Giorgia.
Quindi mentre in Europa essa rischia di rimanere con un pugno di mosche estremiste in mano, anche in Italia fa una certa fatica a rubare spazio nell’elettorato moderato: una sorta di “fatti più in là” cantato ai tanti soggetti che si contendono l’area di centro. Dopo di che si sta presentando in sede europea con un buon pacchetto di voti che potrebbero oscillare fra l’opposizione pura, dura, euroscettica e la partecipazione ricattatoria ai nuovi o vecchi equilibri post-elettorali, mentre in Italia deve fare i conti con Forza Italia, un competitor centrista in via di risurrezione e ringalluzzito dalle urne elettorali che sembrano averlo incardinato nel ruolo di centrocampista, vale a dire, secondo una vecchia, simpatica anche se un tantino triviale, rima dialettale parmigiana, “äd vón che primma al la fa e po’ al la pista”.
Tajani potrebbe strizzare l’occhio al mondo cattolico liberal-tradizional-conservatore, essere il padre misericordioso che accoglie le figliole prodighe (Carfagna e Gelmini che stanno pascolando il niente che rimane nel rovinoso campo calendian-renziano), financo i sempre più insoddisfatti e irrequieti leghisti perbene (Giorgetti, Zaia, Fedriga e Fontana) e persino qualche Fratello d’Italia in vena di sganciamento dall’impresentabile carro a tinte neofasciste su cui viaggia Giorgia Meloni. Un centro largo, certamente più di stampo andreottiano che degasperiano, che guarda prevalentemente a destra, anche se non si sa mai…qualora il forno di destra dovesse bruciare le mire forzitaliote ce ne potrebbe essere un altro, magari di stampo draghiano…
In un quadro politico dove paradossalmente le storiche contraddizioni sembrano portare fortuna, Forza Italia riesce a coniugare le sue con una certa disinvoltura: un berlusconismo riveduto, corretto e ripulito, che sottrae l’eredità politica del cavaliere alle stranezze meloniane e salviniane. Alla lunga sono tutti discorsi che difficilmente basteranno ad aumentare il peso elettorale fino al velleitario 20% posto in agenda da Antonio Tajani sulle ali dell’entusiasmo. Intanto però c’è di mezzo l’Europa e può anche darsi che Forza Italia abbia in mano qualche carta giocabile nelle trattative in corso per gli assetti istituzionali.
In conclusione Forza Italia si contrappone timidamente e ragionevolmente allo strapotere di Giorgia Meloni: la versione filo e post-berlusconiana del pizzino “supponente, prepotente, arrogante e offensiva”. Non so se tutto possa rientrare nel giochetto del poliziotto buono e di quello cattivo. Non sono molto interessato. Parafrasando Don Andrea Gallo, posso dire: «Non mi curo di certe sottigliezze destrorse perché mi importa solo una cosa: che l’Italia sia antifascista!»