Le nozze europee coi politici secchi

La verità, che nessuno ammetterà, è che l’unità politica dell’Europa sta trasformandosi in un fantasma. Gli Stati fondatori conoscono la crisi forse definitiva dei soggetti politici che l’avevano pensata. Gli Stati che via via si sono aggregati concepiscono l’unità in funzione e in difesa dei propri interessi nazionali e non nel senso di una limitazione della propria sovranità. Nessuno di loro accetterebbe mai l’art. 11 della nostra Costituzione. Su tutto questo incombono le elezioni americane. L’Occidente, piaccia o no, dalla prima Grande Guerra non è più europeo, ma americano. L’ultima parola spetta per forza e per diritto a questo Impero, e, Incredibile dictu, a pronunciarla, salvo catastrofi dell’ultima ora, saranno Biden o Trump… (“La Stampa” – Massimo Cacciari – filosofo, saggista, politico e opinionista)

La fotografia della situazione europea è perfetta anche se deprimente. Non rimane che rassegnarsi ad un’Europa esclusivamente finanziaria e tecnocratica guidata dai mercati e coordinata dalle banche centrali, con a capo, nella migliore delle ipotesi, un personaggio come Mario Draghi (sarebbe il meglio del peggio)?

Occorrerebbe una vera e propria rifondazione della Ue. Condotta da chi a livello di Stati e di classe politica? La Francia e la Germania versano in una situazione di gravissima debolezza e senza di loro nessun processo unitario può esistere. I personaggi che si aggirano sulla scena sono pateticamente inadeguati. Ci apprestiamo a vivacchiare in attesa di tempi ancor peggiori.

Eppure la speranza è l’ultima a morire.

Quali sono i fattori negativi da tempo in azione, se vogliamo, esplosi nelle urne della recente consultazione elettorale europea, e che stanno devitalizzando progressivamente l’Unione europea?

Il principale partito, il Ppe, ha perduto totalmente la sua ispirazione cristiana e con essa la sua vocazione europea: è diventato un partito di puro mantenimento e di mera gestione del potere senza alcun slancio riformatore, un partito galleggiante sui problemi, senza un minimo di fantasia, un partito doroteo. Speriamo faccia almeno da argine rispetto alle destre estreme in odore di vittoria, senza scendere più di tanto a patti col diavolo neofascista e neonazista.

Il socialismo democratico ha perso il mordente riformista e più che costituire il contraltare progressista del Ppe ha finito col diventare simile ad esso sprecando cultura, storia, esperienza e legami sociali. Usando una metafora che avviai all’inizio degli anni novanta, è diventato la seconda bottega in cui entrare per acquistare e consumare i surrogati della politica.

La gente è passata da un’iniziale interesse per il processo di unificazione europea allo scetticismo se non addirittura all’ostilità, influenzata dal problema migratorio e dai rigurgiti nazionalisti (sovranismo) e dalle spinte dell’antipolitica (populismo).

Il circolo è vizioso e romperlo non sarà certamente facile. Intravedo la via della riscoperta valoriale, per la quale il cristianesimo, al di là del formale inserimento dei principi nello Statuto, può rappresentare uno stimolo alla rinascita degli ideali di pace, solidarietà e giustizia che dovrebbero stare alla base dell’Unione europea. Questa spinta però non può venire solo dall’alto delle gerarchie ecclesiali, ma anche e soprattutto dalla base, vale a dire dalle coscienze rinverdite dei credenti.

Lo stesso discorso vale in senso laico per il socialismo democratico: per trovare il problematico approccio al riformismo moderno bisogna partire dai valori e non dai problemi apparentemente insolubili e non dalle emergenze sempre più normalizzate e sfuggenti. All’Europa manca il respiro del polmone socialista: nemmeno i verdi riescono a scuotere i socialisti in senso pacifista e solidarista (si pensi al fatto che in Germania i verdi sono più bellicisti dei socialisti).

Per la gente demotivata, astensionista e confusa dovrebbero essere i giovani a gettare il sasso nel pantano, a smuovere le acque: non soffrono i retaggi del passato, credono nel superamento delle barriere territoriale e culturali, hanno un loro modo di intendere la politica al di fuori degli schemi tradizionali.

Questi discorsi valgono anche per il nostro Paese, che sta dando una verniciata equivoca all’europeismo con un governo che finge di credere all’Europa per puro opportunismo politico e si pone in atteggiamento passivo rispetto agli Usa e alla Nato. All’attuale governo italiano le cose vanno bene così: c’è modo di meglio nascondere le proprie vergogne in un contesto amorfo e bloccato.

Sono diversi i pretendenti al collegamento col Ppe: gente che vuole succhiare la ruota europea guardandosi bene dal contribuire a qualche cambiamento; probabilmente saranno tutti spiazzati da Giorgia Meloni che riuscirà a tenere i piedi in due scarpe aiutata semmai dalla calzolaia Ursula.

A sinistra forse qualcosa si sta muovendo: gli unici socialisti (mi riferisco al Pd e ad Avs) ad aver raccolto un po’ di consenso in più. Attenzione a non sprecarlo nelle solite diatribe divisive e inconcludenti.

Quanto alla gente italiana e ai giovani italiani non saprei cosa dire. Vale quanto detto su scala europea, il discorso però è complicato da politiche che soffiano sul fuoco dell’anti-immigrazione e da non politiche che spingono i giovani ad emigrare.

I cattolici italiani poi sono un mistero: stando alle indagini sociologiche, desidererebbero un centro moderato mentre la politica bene o male va verso un bipolarismo spiazzante per formazioni centriste non subalterne a FdI e Pd. È pur vero che l’attuale quadro partitico è molto precario, ma la DC è irripetibile, il PD è troppo radicale e laico, FdI non può stare alla destra del Padre, Forza Italia puzza di berlusconismo, un nuovo partito è roba da visionari. Rimane l’impegno europeista di cui sopra, anche se la noce di Marco Tarquinio nel sacco del Parlamento europeo farà poco rumore. Ricordiamoci che potrebbe bastare un pizzico di lievito per far fermentare la farina europea.

C’è da dire una cosa per quanto riguarda l’Italia (en passant l’ha detto molto acutamente anche Cacciari). L’articolo 11 della nostra Costituzione recita così: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Siamo d’accordo? Pensiamo che in occasione della festa della Repubblica, al Presidente Mattarella, per averla parafrasata nel suo intervento celebrativo, qualcuno ha chiesto le dimissioni. Povera Italia e povera Europa!