La reazione francese

Nel 2002 lo sgomento causato dalla prospettiva di un Presidente di estrema destra, condusse – tra i due turni – quasi tutti gli altri partiti, l’opinione pubblica e gli artisti ad una mobilitazione a favore di Chirac contro Jean Marie Le Pen. Numerose ed imponenti manifestazioni ebbero luogo in tutta la Francia. Al secondo turno venne eletto Chirac, che beneficiò del «fronte repubblicano» e dei voti di praticamente tutti gli altri partiti; fu eletto con la percentuale record del 82,21%, superiore anche a quella che Luigi Napoleone Bonaparte aveva ottenuto (ma al primo turno) alle elezioni presidenziali del 1848 (74,33%). (da Wikipedia)

Sono passati più di vent’anni e non credo che ci sarà una simile mobilitazione ad excludendum verso il Rassemblement National di Marine Le Pen che candiderà Jordan Bardella a premier alle prossime elezioni per eleggere il nuovo parlamento francese, indette da Macron quale verifica e messa in discussione del suo disastroso esito elettorale europeo.

Come sostiene Francesca Schianchi, inviata a Parigi de La Stampa, è probabile che Macron creda ancora nella possibilità di quel fronte repubblicano che, a partire dalla sfida Chirac-Le Pen padre nel 2002 e poi altre due volte tra lui stesso e Le Pen figlia, ha fatto sì che forze politiche ed elettori anche distanti convergessero sul candidato moderato pur di escludere quello più estremo. L’affluenza alle Europee è stata del 52%: lo spettro estremismo potrebbe alzarla portando al voto chi ha disertato. Il leader di sinistra Jean-Luc Mélenchon ha chiamato a raccolta forze di sinistra, mentre cittadini scenderanno in piazza a Parigi e Marsiglia e, dalle colonne di Le mond, 350 intellettuali, tra cui l’economista Thomas Piketty e la premio Nobel Annie Ernaux, firmavano un appello per «impedire all’estrema destra di governare il Paese».

La destra non è più così isolata e non suscita più paure ancestrali a livello di pubblica opinione. Evidentemente Macron avrà le sue buone ragioni per un simile redde rationem, così ravvicinato da pensare che fosse già stato messo in preventivo prima delle elezioni europee: a mali estremi, estremi rimedi? Non saprei cosa pensare se non che il Presidente francese stia costituendo una delusione pazzesca a livello di cerchiobottista politica internazionale (tra le telefonate con Putin e le fughe in avanti a supporto di Zelensky), nonché per le proteste sociali che ha innescato in continuazione. In parole povere non sembra capace di governare. Può darsi che questa impressione sia presente anche nel popolo francese e quindi che scatti un comportamento verso la prospettiva Le Pen simile a quello italiano verso Giorgia Meloni: proviamo la Le Pen, tanto…

Il discorso non riguarda solo i francesi, ma tutti gli europei considerato il ruolo fondamentale della Francia nella Ue. Fatto sta che l’Italia sta facendo scuola: forse Giorgia Meloni non si aspettava un simile risultato della Le Pen (due galline nel pollaio della destra-destra), che rimette in gioco Salvini, storico alleato della Le Pen e che disturba non poco il ruolo di battitore libero in cerca di spazio a cui punta decisamente la nostra premier anche se sono partiti subito i veti incrociati nei suoi confronti da Jean-Claude Juncker, dai socialisti e dai liberali. In Italia i commentatori politici si sono precipitati ad enfatizzare il relativo (3% in più e 630.000 voti in meno) successo elettorale della Meloni, salutandolo come un importante scatto di ruolo dell’Italia in Europa, dimenticando che tra l’altro i voti non si contano, ma si pesano e le bilance europee sono immediatamente partite al ribasso. Cosa dirà Meloni a Macron? I due non si amano, ma si dovranno pur parlare al G7. Salvini sarà il convitato di pietra (ha definito Macron un criminale, un guerrafondaio e un bombarolo) anche se i problemi vanno ben oltre le sparate salviniane.

Mi sono chiesto in questi giorni se sia più di destra la Meloni o la Le Pen: entrambe hanno un passato politico imbarazzante, ma stanno navigando con molta furbizia, anche se personalmente preferisco i padri (Jean Marie e Giorgio: molto più diretti e sinceri) alle figlie. Giorgia, entrando nella fase governista della carriera, ha saputo e dovuto convertirsi, più o meno convintamente e linearmente, alla religione più filo-americana che filo-europea.  Marine è ancora nella fase estremista e barricadera e si può permettere il lusso di sparare a zero: Macron, come subordinata al precipitoso ridimensionamento elettorale della scomoda competitor, la vuol portare sul terreno difficile delle responsabilità di governo laddove le promesse stanno in poco posto e i nodi internazionali vengono al pettine.

Concludendo, la scena italiana è occupata (non oso dire ingombrata per non passare da maschilista) da due donne: Meloni e Schlein. Quella europea da due donne: Meloni e Le Pen. Il protagonismo delle donne non mi dispiace, ma lo avrei voluto basato su ben altri presupposti e su aperture politiche più democratiche e progressiste. È vero che quanto si perdona per tanto tempo agli uomini, lo si rinfaccia immediatamente alle donne. Comunque fra i mali al femminile scelgo una via di fuga: spero ancora nella Schlein anche se non l’ho votata.