Parafrasando uno storico messaggio pubblicitario direi così: “Credevo che il balletto della politica fosse insopportabile finchè non ho visto quello del giornalismo”.
l giornalista Enrico Mentana torna a punzecchiare Lilli Gruber dopo il botta e risposta dell’altra sera e minaccia le dimissioni.
«Ieri sera siamo andati un po’ lunghi con il telegiornale, era una giornata cruciale, importantissima: la prospettiva di pace in Medioriente, la tragedia di Casteldaccia, vicino a Palermo. In più come ogni lunedì c’erano i nostri sondaggi e l’appuntamento con il Data Room di Milena Gabanelli. Come ogni lunedì siamo andati un po’ lunghi, me ne scuso con i telespettatori. Un po’ lunghi, come era prestabilito e concordato con chi dirige questa rete», dice Mentana chiudendo il tg di oggi. Chi ci ha seguito, Lilli Gruber, perché non mi piace di far finta di non sapere nomi e cognomi, ha avuto parole molto sgradevoli e offensive nei confronti del sottoscritto. Io mi siedo qui da 14 anni per fare questo tg, non ho mai offeso volontariamente nessuno e tantomeno i colleghi che lavorano su questa rete. Gradirei reciprocità a questo riguardo e gradirei da parte dell’azienda per cui lavoro che non ci fosse il mutismo che accompagna questa vicenda da 24 ore. Domani sera vedremo se c’è stato qualcosa, altrimenti trarrò conclusioni e dirette conseguenze».
Ad accendere lo scontro, l’altra sera, lo sforamento di Mentana, che Lilli Gruber, conduttrice di «Otto e mezzo» ha così commentato, proprio a inizio – ritardato – del programma. «Buonasera e benvenuti alle 20.46, non alle otto e mezzo. L’incontinenza è una brutta cosa, scusateci di questo ritardo». (dal quotidiano “La stampa”)
Forse a La7 si sono montati la testa. La Rai, sempre più abbarbicata al potere politico di cui è diventata, come non mai, mera cassa di risonanza, ha regalato a questa rete privata la possibilità di svolgere monopolisticamente il ruolo di coscienza critica del potere. Questo ruolo di per sé teoricamente contraddittorio (il monopolio della critica è la pur elegante fine della critica stessa) viene coperto tuttavia in modo abbastanza intelligente e documentato anche se un po’ troppo scoperto: devono stare attenti a non fare il controcanto della narrazione pregiudizialmente filo-governativa con quello del racconto rigorosamente anti-governativo. Il pericolo è di schiacciare l’utente in una kermesse “disinformativa” in cui si conoscono in anticipo le due versioni contrapposte di una verità di là da venire.
Esagerate e di cattivo gusto sono le reciproche comparsate dei conduttori dei programmi: rischiano di autocelebrarsi in uno stucchevole scambio di elogi. “Méstor mi e méstor vu e la zana d’indò vala su?” direbbe mia nonna (erano due ingegneri che si scambiavano complimenti ma che si erano dimenticati l’uscio nella porcilaia).
Piano piano siamo penosamente arrivati alle gelosie e alle punzecchiature fra primedonne catodiche. Intendiamoci bene: Lilly Gruber ha perfettamente ragione ad apostrofare come “barbatlòn” (chiacchierone) il collega Enrico Mentana, insopportabile ed inascoltabile nella sua incontenibile logorrea, così come Enrico Mentana non ha tutti i torti a non accettare le pietre da chi non è certamente senza peccato. Non c’è che dire una bella gara fra giornalisti malati di protagonismo.
È pur vero che, come diceva sarcasticamente mio padre, l’importanza uno se la deve dare da solo, perché se aspetta che gliela diano gli altri…Però non bisogna esagerare e forse, ripeto, ho l’impressione che qualcuno si sia montato la testa.
I “pavoneggiamenti” fanno parte della nostra misera società: la politica li ritualizza, oserei dire che attualmente li istituzionalizza, ricorrendo in tal senso all’aiuto mediatico, alle trasmissioni televisive in particolare. L’enfatizzazione della politica la si può fare in senso elogiativo, ma anche in senso spregiativo: il risultato rischia di essere ugualmente negativo in capo al cittadino-elettore.
Prendiamo ad esempio le castronerie del generale Vannacci: se ne parla troppo, mentre meriterebbero soltanto un velo di pietoso silenzio. Ma andiamo anche molto più su: il “giorgismo” della Meloni ha oscurato i drammi delle guerre in atto (quelle vere, non quelle tra Meloni e Schlein e ancor meno quelle tra Gruber e Mentana); il gossip imperante ha retrocesso in coda ai Tg un importantissimo intervento del Presidente della Repubblica all’Assemblea Generale dell’Onu (niente a che vedere con le trotterellate meloniane seguite con tanto immeritato rispetto).
Adesso ci si mettono anche i giornalisti ad autocelebrarsi, diventando una sorta di “ladri di Pisa del protagonismo informativo”: fingono di litigare (di giorno) di fronte ai telespettatori per saccheggiare concordemente ed impropriamente (di notte) l’audience allo scopo del proprio successo professionale.
Durante la mia modesta partecipazione alla gestione del teatro dell’opera lirica mi sono imbattuto in parecchie primedonne, al femminile ed al maschile: in teatro il “primadonnismo” ci può anche stare. Nel teatrino della politica ci sta molto meno. In quello giornalistico diventa solo un’antipatica gara al furto della ribalta. Dovrei quindi essere maggiorenne e vaccinato contro gli impropri e deleteri “primadonnismi”: invece anche oggi ci sono cascato. Di fronte alle schermaglie Gruber/Mentana il più bel tacer sarebbe stato il miglior commento scritto. Chiedo umilmente scusa!