«Chiedo agli italiani di scrivere il mio nome, ma il mio nome di battesimo. La cosa che personalmente mi rende più fiera di questi giorni è che la maggior parte dei cittadini che si rivolge a me continui a chiamarmi semplicemente “Giorgia”: non “Presidente”, non “Meloni”, ma “Giorgia”. E guardate che per me è una cosa estremamente importante, estremamente preziosa. Io sono stata derisa per anni e anni per le mie radici popolari, mi hanno chiamata pesciarola, fruttivendola, borgatara… perché loro sono colti, si vede da questa capacità di argomentare nel profondo, la cultura… Però quello che non hanno mai capito è che io sono stata sempre, sono e sarò sempre fiera di essere una persona del popolo […]. Se volete dirmi che ancora credete in me, mi piacerebbe che lo faceste scrivendo sulla scheda semplicemente “Giorgia” […]».
“Domani porteremo in Consiglio dei ministri, nell’ambito dell’attuazione della delega fiscale, un decreto legislativo che ci permetterà di erogare, nel mese di gennaio 2025, un’indennità di 100 euro a favore dei lavoratori dipendenti, con reddito complessivo non superiore a 28.000 euro con coniuge e almeno un figlio a carico, oppure per le famiglie monogenitoriali con un unico figlio a carico”, ha detto la premier al tavolo con i sindacati. Un provvedimento, ha aggiunto Meloni, che “rientra nel più ampio lavoro che il governo ha portato avanti finora per difendere il potere d’acquisto delle famiglie e dei lavoratori, segnatamente quelli più esposti. In questi sedici mesi di governo, infatti, abbiamo scelto di concentrare le risorse che avevamo a disposizione per interventi di carattere redistributivo”.
A commento di questo invito al voto e di questa decisione governativa, mi limito a porre una domanda azzardata, politicamente scorretta, molto provocatoria, ma molto spontanea.
Che differenza c’è fra il voto comprato dai mafiosi venuto recentemente a galla (50 euro) e quello chiesto da Giorgia Meloni con la quasi immediata decisione di erogare un bonus (100 euro) ai cittadini con basso reddito?
A parte il diverso ammontare del corrispettivo, la logica delle due fattispecie assomiglia molto con l’aggravante che il regalino meloniano (sfido chiunque a dimostrarne una diversa natura) è a spese dell’erario. In buona sostanza Giorgia Meloni si sta facendo campagna elettorale, stanziando 100 euro per gli sfigati di turno (cosa risolveranno con questi pochi quattrini lo sa solo chi sta prendendo per il sedere i poveri).
Mi si dirà che cose del genere sono già successe, che i regali elettorali ci sono sempre stati. Sì d’accordo, ma non così scoperti e clamorosi. L’attuale governo sta praticando tutto il peggio della prassi politica negativa, peggiorandone, se possibile, i vizi, sbandierandoli come virtù.
Quel che giustamente è reato politico diventa presa in giro governativa con tanto di (s)concerto dei sindacati. Carlo Azeglio Ciampi, l’inventore della concertazione (quella seria) coi sindacati, si rivolterà nella tomba.
Siamo veramente alla più offensiva delle demagogie: non ho idea se funzionerà dal punto di vista elettorale, poveri sì, ma stupidi no. Quanto a scrivere Giorgia sulla scheda elettorale il Viminale si è affrettato a dire che il voto così espresso sarebbe comunque valido: magari qualcuno si sbaglierà o farà finta di sbagliarsi e scriverà Giorgia nello spazio centrale o trasversale della scheda e allora il voto dovrebbe essere nullo. In questo caso avrà diritto ugualmente ai 100 euro di bonus? Bella domanda!