Tajani contro Giorgetti sul superbonus. All’interno della maggioranza si consuma la disputa tra ministri sulla decisione del Mef di allungare i tempi di detrazione sul bonus edilizio che tanti grattacapi sta procurando al Governo. Il responsabile del dicastero dell’Economia ha stabilito di spalmare non più su 4 ma su 10 anni i crediti d’imposta, suscitando al vicepremier “qualche perplessità sulla retroattività”. Obiezione che ha scatenato un botta e risposta a distanza tra i due. “Come Forza Italia, vogliamo ascoltare le imprese e le banche per capire se si deve intervenire in Parlamento e fare delle proposte. La parte di retroattività non mi convince: forse dieci anni sono troppi”: ha affermato così Antonio Tajani, a margine del Family business forum di Lecco, in merito alla norma “spalma-crediti” sul superbonus. Dichiarazione che non sembra essere piaciuta al collega di Governo, Giancarlo Giorgetti: “Io ho una responsabilità e difendo gli interessi dell’Italia come ministro delle finanze. Chiaro?” è stata la risposta senza tanti margini di trattativa del responsabile del Mef. (da QuiFinanza)
Il superbonus edilizio sembra essere la madre di tutte le questioni finanziarie, tutti si palleggiano responsabilità al riguardo, (quasi) tutti ne misconoscono la paternità, le polemiche si sprecano addirittura all’interno della maggioranza di governo. Tento di seguito di fare un minimo di chiarezza.
Il Superbonus 110% è una misura di incentivazione edilizia introdotta il 19 maggio 2020 dal governo Conte II. Consiste in una serie di meccanismi d’agevolazione, detrazioni e rimborsi per interventi di natura edilizia, con l’obiettivo di ammodernare costruzioni e infrastrutture migliorandone l’efficienza energetica e al contempo di stimolare e risollevare il settore edile in crisi a causa della pandemia di COVID-19. È risultata una misura economicamente distorsiva e inflazionistica, con benefici relativamente modesti sul piano della riduzione delle emissioni di CO2.
Criticato ma non abrogato da Mario Draghi e dal ministro dell’economia Daniele Franco, a maggio 2023 il costo del solo Superbonus per le casse dello Stato ha raggiunto gli 86 miliardi di euro. Nel giugno 2022 la misura è stata bocciata dalla Corte dei Conti a causa degli effetti distorsivi sul libero mercato. (da Wikipedia)
A questo provvedimento vengono fatti risalire i mali della pesante situazione finanziaria italiana: è diventato la causa principale, se non addirittura unica, del pesante debito pubblico che ci condiziona.
Non sono un esperto di finanza pubblica, ma, come si suol dire, mi balla un occhio. Chi lo ha studiato e approvato aveva sicuramente sbagliato i calcoli, pensando che avesse un appeal molto inferiore e quindi un minor impatto sui conti pubblici. Al contrario si pensava che avesse un effetto benefico sull’andamento economico bisognoso di una spinta, mentre invece non ha comportato vantaggi immediati (nel medio e lungo periodo è estremamente difficile fare previsioni), se non a livello settoriale e per i proprietari immobiliari.
Il governo Conte II era un anticipo governativo di campo largo della sinistra, quindi di questo provvedimento votarono a favore M5S, PD, Liberi e Uguali e Italia viva. Nel 2020 in Parlamento votarono contro il decreto i partiti di opposizione: Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Ma questo non significa che fossero contrari al Superbonus.
Faccio di seguito riferimento alla ricostruzione politica pubblicata da “Pagella Politica”, un progetto editoriale nato nel 2012 che si occupa di fact-checking e analisi dell’attualità politica, che ha la missione di aiutare i lettori a comprendere che cosa muove le dinamiche della politica, basandosi su numeri e fatti.
Anche i partiti di centrodestra hanno difeso nel tempo il Superbonus, chiedendone la proroga e l’ampliamento della platea dei beneficiari.
Dal 2021 in poi Forza Italia, entrata a far parte del governo di Mario Draghi, ha più volte chiesto la «proroga del Superbonus 110 per cento a tutto il 2023, esteso a tutti gli edifici e alle persone giuridiche». «Forza Italia, come movimento politico liberale e impegnato sul rilancio della crescita economica del Paese, ritiene centrale il tema dell’edilizia e il settore delle costruzioni, considerando virtuoso l’utilizzo della leva fiscale attraverso detrazioni e incentivi strutturali», si legge in un documento consegnato ad aprile 2021 da Tajani a Draghi, da due mesi presidente del Consiglio. A novembre 2022, dopo che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato la riduzione al 90 per cento del Superbonus, Forza Italia ha subito detto che avrebbe chiesto di posticipare la riduzione delle agevolazioni.
Negli ultimi due anni anche la Lega di Matteo Salvini si è spesso schierata dalla parte del Superbonus, per esempio come avvenuto alla fine del 2021. All’epoca il disegno di legge di Bilancio per il 2022 presentato in Parlamento dal governo Draghi, sostenuto dalla Lega, aveva proposto di limitare il Superbonus ai proprietari delle villette unifamiliari con un Isee inferiore ai 25 mila euro. I partiti che sostenevano il governo non avevano visto di buon occhio questa proposta, che tra l’altro faceva riferimento solo ai proprietari di prime case, e all’inizio del percorso di approvazione in Parlamento si era valutato, secondo fonti stampa, di alzare la soglia a 40 mila euro. Durante l’esame in Senato il tetto era stato poi cancellato. E tra i favorevoli all’eliminazione del vincolo c’era proprio Salvini. «Niente tetto Isee per il Superbonus. L’avevamo promesso, l’abbiamo fatto: dalle parole ai fatti», aveva esultato su Twitter il 21 dicembre Salvini. Pochi giorni prima, il 17 dicembre 2021, lo stesso leader della Lega aveva presentato la proposta di ridurre dal 110 per cento all’80 per cento il Superbonus, ma per tutti, «senza limiti Isee».
Poche settimane dopo, ospite a Rtl 102.5, Salvini ha poi definito il Superbonus una misura «assolutamente efficace», dichiarando che il suo partito stava lavorando per «rinnovarlo, aumentando la possibilità della cessione del credito». «Bloccare la cessione del credito significa bloccare l’edilizia», aveva dichiarato il leader della Lega.
Nonostante queste parole, il blocco della cessione dei crediti d’imposta è stato introdotto a febbraio 2023 dal governo Meloni. Vari esponenti di Fratelli d’Italia, partito che è stato sempre all’opposizione in Parlamento, hanno comunque in passato difeso il Superbonus. Gli esempi non mancano. «Occorre attivare subito una cabina di regia della misura che operi con tempestività per semplificarla, interfacciandosi con amministrazioni locali e imprese, disporre una proroga vera, almeno fino al 2025 ed estendere il novero dei beneficiari alle attività commerciali e turistiche, altrimenti la transizione ecologica resterà solo uno slogan», ha dichiarato ad aprile 2021 Monica Ciaburro, deputata di Fratelli d’Italia rieletta anche nell’attuale legislatura. A febbraio 2022 l’allora vicepresidente della Camera e deputato di Fratelli d’Italia Fabio Rampelli ha criticato le novità introdotte dal governo Draghi sul Superbonus e la cessione dei crediti, dichiarando: «Tra i pochi disonesti che hanno lucrato sul 110, ci sono migliaia di aziende che invece hanno ricominciato a lavorare onestamente grazie al bonus».
Quindi questa misura tanto bistrattata ha molti padri e sostenitori, che oggi a destra fanno finta di schifarsi e che scaricano sul bonus edilizio tutte le difficoltà, a loro dire ereditate dal passato. Del senno di poi son piene le fosse. Questa agevolazione deve essere onestamente contestualizzata in un momento di particolare difficoltà economica del sistema a causa della pandemia e di necessità di rimetterlo in moto, partendo da un settore, quello edile, che poteva fare da traino ad una certa ripresa. Tutto sbagliato, tutto da rifare.
Non si può governare dimenticando il passato e facendo finta di voltare pagina. Il debito pubblico molto elevato nasce nella notte dei tempi, anche per motivi socialmente validi, e non può essere esorcizzato semplicisticamente scaricando errori e responsabilità su chi ha governato in precedenza, se non altro perché due fra le attuali forze di governo, hanno governato anche in precedenza (la Lega con i cinquestelle e poi con Draghi), Forza Italia (con Draghi). E poi come detto sopra le contrarietà non erano poi tante e quindi oggi tutto appare come la solita sceneggiata del gioco allo scaricabarile.
Certo, detto a babbo morto, era molto meglio usare, in tutto o almeno in parte, i fondi destinati al bonus edilizio per sostenere la sanità pubblica: la solita miopia della politica che si paga molto cara e che si sta puntualmente ripetendo.
Arriviamo ai giorni nostri con il ministro Giorgetti che intende intervenire per annacquare l’effetto bonus sulle casse erariali, in perfetta e costretta controtendenza rispetto al comportamento tenuto nel tempo dal suo partito, vale a dire la Lega, e in contrasto con l’alleato forzitaliota: a naso mi sembra che Giorgetti non ne possa più di Salvini che spara cazzate a raffica, di Tajani che fa il perbenista e di Meloni che fa la piaciona. A lui tocca il lavoro sporco e capisco il suo spazientirsi.
Il ministro Tajani ci vuole vedere chiaro: non si preoccupa della brace dei conti pubblici in mano al collega di governo, ma guarda soprattutto alle conseguenze elettorali di una presa in giro di chi è alle prese col bonus e se lo vede messo in discussione.
L’opposizione è oscillante tra il sostegno ante litteram al provvedimento base ed una sua revisione ragionevole e giuridicamente sostenibile.
Certo che l’attuale governo si trova in grosse difficoltà per far quadrare i conti e soffre anche per l’occhio critico della Unione Europea. Il recente documento di economia e finanza (Def) altro non è che un pianto greco sul latte versato col bonus edilizio. L’abilità nel governare si vede soprattutto quando i mezzi sono scarsi e bisogna fare scelte di priorità. Il governo Meloni non ha certamente questo coraggio e continua a vivacchiare dispensando mance senza andare al nocciolo della situazione, sia dalla parte delle entrate (fisco), sia dalla parte delle uscite (sanità e istruzione). Meglio nascondersi dietro gli effetti perversi del bonus edilizio. Alla fine l’hanno alleggerito di comune disaccordo.