Più formazione agli agenti di polizia penitenziaria e più attività educative e di formazione professionale per i detenuti minori finiti in carcere soprattutto per reati di sopravvivenza. Questa è la ricetta per abbassare la tensione e dare un futuro diverso ai ragazzi di don Gino Rigoldi, cappellano emerito del “Beccaria” che prova a fornire alcune spiegazioni sul contesto in cui è maturata l’inchiesta sulle violenze che hanno portato all’arresto di 13 agenti di polizia penitenziaria.
Quanto ai 5 stelle, sono un partito che è nato e ha avuto successo sull’onda di un’emozione, quella di dare una spallata alla cosiddetta politica della “casta”. Oggi, però, di emozioni ne abbiamo anche troppe. Dinnanzi a quel che succede nel mondo, servono al contrario delle rassicurazioni, rispetto a una politica che salvi la sanità, che rimetta al centro la scuola, il problema della casa e del lavoro, che operi per un fisco più equo. Io noto che quando c’è da costruire, da pensare in positivo il Movimento non c’è, ancora latita, diventa forza evanescente. Se il Pd ha dei problemi oggi, M5s ne ha dieci volte di più. Se avessero buon senso, i leader del centrosinistra costituirebbero una comune squadra di lavoro che analizzi i problemi che riguardano tutti i cittadini. Ma non lo si fa. (Romano Prodi)
L’Europa è stata creata da tre cattolici che più cattolici non si può: non solo De Gasperi, ma anche Schuman e Adenauer, tutti animati da un’etica comune. L’Europa è nata dal profondo richiamo alla pace che veniva soprattutto dal mondo cattolico. C’era una comunanza di pensiero, che è la stessa che ho poi ritrovato ad esempio nei miei primi colloqui con Helmut Kohl, quando ci ritrovammo, nonostante le diverse appartenenze politiche, a riflettere sulle comuni letture fatte di Romano Guardini, filosofo che sapeva cogliere i legami della vita spirituale con la realtà quotidiana. Essere il lievito nella società è essenziale in questa fase di sbandamento ideologico. (Romano Prodi)
Il vero rischio che vedo è l’isolamento della politica, quasi tutta, dal sentire popolare soprattutto su questo tema cruciale (la pace). Penso che chi porta avanti un’altra linea sui conflitti in corso, linea che sta accompagnando e non frenando l’orribile saldarsi dei pezzi della «guerra mondiale a pezzi» in un mondo segnato da disuguaglianze anche feroci, dovrà fare i conti con la realtà. Ovvero dovrà chiedersi come costruire pace e disarmo. E a quel punto si scoprirà che quanto anch’io vado dicendo e documentando da tempo, e con più intensità negli ultimi due anni, non è una provocazione, ma un contributo per una risposta politica a un dramma di cui possiamo e dobbiamo cambiare i prossimi atti e, soprattutto, il finale. (Marco Tarquinio)
“Non ho paura delle camice nere! Ho paura della deriva autoritaria di molti governi in Europa”, così Rosy Bindi sulla censura per il monologo di Antonio Scurati.
Ieri mi sono sentito toccato nel vivo dalla noncuranza civica del cattolicesimo organizzato, oggi, dopo il “peccato”, faccio la “penitenza”, sentendomi provocato dalle parole e dai giudizi di alcuni autorevoli cattolici, di cui riporto il pensiero tramite brevi stralci di articoli e interviste pubblicate dal quotidiano “Avvenire” e, per quanto riguarda Rosy Bindi, dal programma “Otto e mezzo” de La 7, personaggi che sono stati impegnati o che si stanno impegnando in politica e nel sociale: don Gino Rigoldi, Romano Prodi, Marco Tarquinio e Rosy Bindi.
Non sono un integralista, non lo sono mai stato e men che meno lo sono oggi, ma devo ammettere, con un certo speranzoso interesse, che il pensiero cattolico progressista (a cui ho sempre fatto riferimento nei miei impegni politici, culturali e professionali) mantiene intatta tutta la sua freschezza e validità di contenuti. I media danno poco spazio a questi contributi, tentati da una caricatura laicista, che nulla ha da spartire con una sana e dialogante laicità. Sui temi fondamentali il cattolicesimo democratico ha molto da dire: se ne prenda atto. La politica prenda spunti culturali e non punti elettorali.
Attenzione alle strumentalizzazioni di ogni tipo: mi preoccupa soprattutto quella proveniente dalla destra e dalla sua penosa ed anacronistica riproposizione del “Dio, patria e famiglia”, che ha già combinato sufficienti disastri in passato. Non sono nemmeno propenso alle nostalgiche riesumazioni pseudo-democristiane pur riconoscendo la portata storica di questo partito in cui ho militato aderendo alla corrente della sinistra sociale. Non credo sinceramente alla ventilata e fantasiosa ipotesi della rinascita di un partito più o meno confessionale di cui la gente sentirebbe la necessità valoriale, anche perché sento spirare dietro l’angolo l’aria reazionaria in materia dei cosiddetti diritti civili, che porta a ricostruire inutili steccati ideologici dietro cui quanti soffrono continuano a soffrire in nome di una contrapposizione fine a se stessa.
Sul futuro del Partito democratico e della sua disponibilità all’ascolto e alla valorizzazione del patrimonio ideale e valoriale proveniente dalla cultura e dall’impegno politico dei cattolici democratici e progressisti, nutro parecchie perplessità. Non sono tanto preoccupato delle sbandierate questioni dell’aborto, del suicidio assistito, delle adozioni da parte delle coppie omosessuali e nemmeno della teoria del gender, ma della (in)capacità di recuperare una vocazione popolare e sociale così poco presente nell’agire politico della sinistra.
Non vedo però alternative all’orizzonte e soffro questa sbrigativa insensibilità che finisce col marginalizzare colpevolmente la cultura cattolica, che doveva essere uno dei filoni su cui basare la vita di questo partito. Forse però lo scetticismo e le perplessità dovrebbero essere accantonate e sgrossate a livello di impegno concreto. Sono troppo vecchio e logoro per seguire questo indirizzo e quindi vivo alla giornata: leggo, scrivo, rifletto, faccio tanta fatica a votare e spero di non essere passibile del drastico giudizio che mi rifilò un caro amico all’indomani del mio precoce pensionamento. Dopo avere ascoltato i miei affannosi e patetici propositi di impegno a livello sociale e culturale, mi disse apertamente e simpaticamente: “Ho capito, non fai un cazzo…”.
Ecco perché mi sforzo almeno di valutare con molta attenzione (anche se non sufficienti a sbloccare il mio personale Aventino) le coraggiose motivazioni di Marco Tarquinio espresse nella già citata intervista ad “Avvenire”, nel momento in cui ha deciso di accettare la candidatura a parlamentare europeo nelle liste del Partito democratico senza nascondere le difficoltà dei rapporti tra cattolici e Pd: “Oggi c’è una crisi in questo rapporto, una crisi seria. E credo che sia indispensabile affrontarla lontano e fuori da vecchi schemi e pregiudizi che inducono sovente al non ascolto reciproco. Credo che anche questo sia un compito collettivo, al quale ciascuno deve contribuire per la sua parte. Sono convinto che la comunità politica nata dall’incontro tra il solidarismo cattolico e quello della sinistra di matrice socialista non possa fare a meno dell’apporto ideale e concreto dei cristiani. Il cambiamento in corso nel Pd è un’occasione da non perdere. Sia per rinvigorire l’infrastruttura etica e programmatica, sia per sviluppare politiche che servano la vita vera della gente vera. È così che si può chiedere credibilmente ai cittadini il timone del Paese e costruire alleanze efficaci”.