Lorenzo Contucci, noto tifoso romanista, oltre che avvocato penalista ed esperto della difesa processuale dei tifosi, ha lanciato ieri una raccolta fondi per pagare la multa comminata dal Giudice Sportivo a Gianluca Mancini, pari a 5.000 euro “per avere sventolato un vessillo offensivo nei confronti della tifoseria della squadra avversaria durante i festeggiamenti post-gara sotto la propria curva”.
OLTRE 5.000 EURO IN MENO DI 12 ORE – Dopo 11 ore dall’inizio della raccolta fondi, sono stati già raccolti 5.885 euro, superando quindi la somma prevista. Questo il messaggio su Facebook di Lorenzo Contucci, con cui veniva presentata la raccolta fondi.
LA MULTA A MANCINI LA PAGHIAMO NOI!
Molti tifosi della Roma, di Curva e non solo, hanno chiesto di fare qualcosa per la multa di 5000 euro che il Giudice Sportivo ha dato a Mancini per aver sventolato la bandiera con il sorcio alla fine di Roma/Lazio 1-0.
Riteniamo che il derby di Roma sia anche feroce goliardia e becero sfottò e per questo, al di là del giudizio dei moralisti buffoni, diciamo a questi ultimi una sola cosa:
LA MULTA A MANCINI LA PAGHIAMO NOI!
Quindi, come da titolo, si invitano i tifosi romanisti che si rispecchiano in quello che ha fatto Mancini a versare un’offerta libera per arrivare all’importo di cui sopra per pagargli la multa.
Qualora il nostro Mancio non voglia o non possa ricevere l’importo che raccoglieremo, l’intera somma verrà data in beneficenza, come già fatto in passato per le mascherine con il logo ASR (per chi non si dovesse ricordare, l’intero ricavato venne devoluto al Bambin Gesù e ad un’altra associazione di volontariato sociale).
Naturalmente vi terrò personalmente aggiornati sull’andamento e sull’esito della raccolta.
IL ROMANISMO TRIONFERÀ SUL MORALISMO!
(da “VOCE GIALLO ROSSA”)
Se devo essere sincero, da tanti anni non seguo il Parma calcio con interesse e partecipazione: il ritorno di Nevio Scala mi aveva illuso, ma purtroppo non è andata come avrei sperato. Ho smesso di seguire il Parma, quando era in auge sotto la cappella “tanziana”. Durante una combattutissima partita casalinga con la Lazio mi ritrovai a soffrire troppo e mi chiesi: ma cosa c’azzecco io col Parma di Tanzi, soffra lui… Fui facile “autoprofeta” e da allora non ho più messo piede allo stadio Tardini.
Mentre io rifiuto categoricamente di far parte di qualsiasi tifoseria, c’è chi del tifo calcistico fa (quasi) uno scopo di vita. Questione di gusti? No, questione di valori! Mi chiedo malignamente: se ai tifosi sfegatati della Roma un immigrato in gravi difficoltà allungasse una mano per chiedere aiuto, cosa direbbero e farebbero i “generosi” del pallone. Molto meglio aiutare chi ha ingaggi da nababbo (salvandosi in corner con la beneficenza di risulta) e oltre tutto si comporta da cafone qualsiasi per far piacere ad un consistente gruppo di scalmanati.
Su questo argomento mi permetto di sfoderare il pennello, ricevuto quale testimone da mio padre (io improbabile pittore voglio cimentarmi a dipingere la nostra società, perché, se è vero che da papà non ho ereditato la vena pittorica ed artistica, ho comunque imparato a sferzare i costumi contemporanei senza troppa pietà), e di intingerlo (facendo anche riferimento ad analisi socio-politiche di alcuni pensatori) nella cosiddetta “società liquida”, quella odierna senza riferimenti culturali, sociali e politici, che tende a sciogliere valori ed ideali in un liquido asettico, inodoro e insaporo, su cui galleggiare mollemente e pigramente, dove le persone vagano senza meta e senza storia (come pecore senza pastore).
Quella società liquida che mia madre originalmente, involontariamente, spontaneamente, superficialmente e matusamente (da matusa) ricostruirebbe a suo modo dicendo: “J giòvvon i vólon fär i generôz coi siòr e i traton da can i povrètt. Podral andär bén al mond?”.
Quanta ansiosa nostalgia, quanta graffiante ironia, quanta spietata critica e quanta inconsapevole ingenuità ci siano in queste immaginarie (non più di tanto) parole di mia madre è cosa difficile da calcolare; le ho buttate lì tanto per dire, anche per divertirmi un po’.