Nel giorno della Festa della Donna il mainstream celebra la ricandidatura di Ursula Von der Leyen, Presidente uscente della Commissione europea, che è stata confermata dal suo schieramento. Da Bucarest la conferma del Ppe a von der Leyen.
L’intenzione di candidarsi per il secondo mandato era già stata resa nota lo scorso 19 febbraio, ma mancava il via libera del Partito popolare europeo riunito a congresso a Bucarest. Così con 400 sì, 89 no e 10 voti ritenuti validi, la 65enne ex ministro di famiglia, lavoro e difesa in diversi governi di Angela Merkel ha ottenuto la propria investitura. Un plebiscito, si direbbe, se i delegati aventi diritto al voto non fossero stati ben 801.
Oltre all’assenza della metà dei votanti, che di per sé sarebbe preoccupante per una qualsivoglia leadership salda, ci sono ben 89 voti contrari, dietro ai quali non c’è al momento un gruppo ufficializzato, anche se i sospetti ricadono su una parte della CDU, dove Von der Leyen ha dei franchi tiratori, poi i popolari del Nord europa che non sono convinti delle politiche ambientali ed i Republicains francesi, che vedono in lei la rappresentante di un’Europa tecnocratica sostenuta da Macron.
“Nonostante le sue qualità, Ursula von der Leyen è stata messa in minoranza dal suo stesso partito. La vera domanda ora: è possibile (ri)affidare la gestione dell’Europa al Ppe per altri 5 anni, o 25 anni consecutivi? Lo stesso Ppe non sembra credere nella sua candidata”.
Così ha twittato il commissario Ue per il Mercato unico, il liberale Thierry Breton, commentando la candidatura della presidente della Commissione europea al secondo mandato. (da BYOBLU24)
Il partito popolare europeo (Ppe) è un’accozzaglia di correnti politiche assai poco chiara e credibile. Sembra fatto apposta per politicizzare l’incertezza storica sulle prospettive future dell’Unione europea. Non ci capisco niente! Credo fermamente nell’Europa, ma mi spaventa consegnarla ulteriormente nelle mani di chi ne incarna, pur con eleganza e stile, una visione minimalista e tatticista ben lontana da quella dei suoi pionieri.
La ricandidatura della Von der Leyen sembra la semplice riproposizione di un Europa vocata al tirare a campare e alla irrilevanza internazionale. C’è poco da fare l’unica forza politica in grado di dare un minimo di spinta alla Ue sarebbe in teoria la socialdemocrazia, pur con tutti i suoi limiti, difetti ed equivoci. Purtroppo il voto fino ad ora non ha premiato i socialisti e allora, per frenare le minacciose onde di una destra antieuropea, ci si è barricati dietro un’alleanza larga ma debole tra Ppe e Psoe, che sembra fatta apposta per salvare la Ue, mettendola sotto il letto degli equilibrismi economici, delle indifferenze sociali e delle invadenze burocratiche.
Le speranze riposte (anche da me) in una donna, Ursula Von der Leyen, che potesse coraggiosamente sganciare la Ue dagli schemi-prigione in cui è rinchiusa, sono rimaste deluse: non siamo andati oltre gli accattivanti sorrisi e le buone maniere (non è poco per una politica sempre più incattivita e sgarbata, ma è poco per una politica che tocchi nel vivo dei problemi della gente).
Le forze politiche dei vari Stati non riescono a puntare sulle istituzioni europee, sono tutte troppo legate a visioni nazionali se non addirittura nazionaliste. A parole tutti credono all’Europa, salvo fregarsene altamente nelle loro scelte concrete. Non vedo profilarsi alcun vento di novità in vista delle ormai imminenti elezioni europee. Anzi, sento aria di reflusso sovranista e populista, se non addirittura di destra estrema, che mi spaventa.
Alle due ultime consultazioni elettorali europee, se ben ricordo ho votato per i “Verdi”, l’unica forza politica che ha e che dà un’idea di modernità ecologica associata alla visione movimentista dell’Europa dei popoli, pur tra qualche velleitarismo e schematismo. In Italia i Verdi hanno ben poca consistenza, ma occorre guardare più in largo. Vedrò se insistere in questa opzione o se puntare tutto sulla politica in senso stretto, votando i socialisti, in Italia rappresentati dal PD, sperando magari che questo debole partito italiano possa prendere un brodo a livello europeo (“la sperànsa di mälvestì ca faga un bón invèron”).