Il governo italiano ha varato nuove misure per rendere il sistema della riscossione fiscale più efficiente ed equo, introducendo importanti cambiamenti che mirano a snellire la montagna di debiti fiscali e ad assistere i contribuenti in difficoltà.
Una delle principali novità è l’allungamento dei tempi per saldare i debiti con il fisco. Ora i contribuenti avranno la possibilità di dilazionare il pagamento dei debiti fino a un massimo di 120 rate mensili, anziché le 72 attuali, estendendo così il periodo di rimborso fino a 10 anni. Inoltre, coloro che hanno debiti superiori a 120.000 euro e dimostrano di essere in una situazione di temporanea difficoltà finanziaria potranno beneficiare immediatamente di questo piano di pagamento dilazionato.
Una delle novità più significative è lo “stralcio automatico” delle cartelle non riscosse entro 5 anni. Questa disposizione mira a semplificare la gestione delle cartelle e a fornire un sollievo ai contribuenti, eliminando i debiti non riscossi entro un determinato periodo di tempo.
Il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, ha sottolineato che queste misure sono volte ad aiutare coloro che vogliono onorare i propri debiti ma che si trovano in difficoltà finanziarie temporanee. Ha anche assicurato che il governo continuerà a combattere contro coloro che cercano di eludere il pagamento delle tasse.
Il nuovo decreto attuativo della riforma fiscale, approvato dal Consiglio dei Ministri, prevede anche la possibilità di raggruppare i crediti per codice fiscale, semplificando così la gestione delle cartelle e permettendo ai contribuenti di avere un’unica cartella per tasse e multe.
L’obiettivo principale di queste misure è quello di ridurre il debito fiscale accumulato, che ha raggiunto quota 1.200 miliardi di euro. Inoltre, si mira a prevenire la creazione di nuovi debiti fiscali simili in futuro. (da “Fortune Italia”)
Il governo con questi assurdi provvedimenti porge un’altra (questa volta pietosa) carota a chi non paga le tasse e appioppa indirettamente una ulteriore bastonata a chi le paga (magari con grandi sacrifici).
Non penso e non dirò mai che le tasse sono una cosa bellissima, sono bellissime le libere donazioni non i prelievi imposti per legge, per questo”. Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni al convegno sul fisco alla Camera. «Lo Stato amico non viene raggirato, questa è la nostra scommessa» ha sottolineato la premier. «È un momento storico complesso a livello internazionale. Ma le crisi diventano un’occasione» e «ci viene imposto di dare risposte coraggiose e strutturali. E il fisco è una di queste materie” ha proseguito. “Non abbiamo amici a cui fare favori, non aiutiamo i furbi, ma solo gli italiani onesti che pagano le tasse. E anche gli italiani onesti che si trovano in difficoltà meritano di essere aiutati e messi in condizione di pagare ciò che devono» ha detto Meloni.
Il riferimento è a Tommaso Padoa Schioppa, all’epoca Ministro delle Finanze del Governo di centro-sinistra guidato da Romano Prodi, uomo dotato di forte senso di responsabilità, competente e rigoroso, che tentò di mettere ordine nei conti statali. In una intervista fece affermazioni di grande buonsenso e di notevole spessore etico: “La polemica anti tasse è irresponsabile. Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima e civilissima, un modo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili come la salute, la sicurezza, l’istruzione e l’ambiente”. Non c’è proprio niente su cui ironizzare da parte di Giorgia Meloni, ma semmai da riflettere con umiltà.
Sono belle le dilazioni? Certo, ma solo per chi le può ottenere. Non i lavoratori dipendenti, i pensionati e quanti vengono tassati alla fonte, che, avendo magari bassi redditi e conseguenti grosse difficoltà finanziarie, non possono avere queste agevolazioni.
Sono belli i colpi di spugna? Servono solo all’amministrazione finanziaria a coprire le proprie inefficienze, a pulire i residui di bilancio, non certo ad impostare e gestire equamente il fisco, dando dei premi a chi fa il pesce nel barile delle tasse e lasciando intendere a tutti i contribuenti che il fare i furbi viene premiato con ovvi incentivi all’evasione.
Non riesco sinceramente a capire con quale faccia tosta la premier possa adottare queste misure fiscali, spacciandole per un aiuto agli italiani onesti. Con quella bocca può dire ciò che vuole… “Verrà un giorno…” disse fra Cristoforo a don Rodrigo nei “Promessi sposi” di Alessandro Manzoni. Forse verrà il giorno in cui gli italiani apriranno gli occhi e le orecchie. Per ora ci teniamo questi assurdi governanti che – mi si scusi il modo di dire piuttosto irriverente ma legato al calendario liturgico – vogliono farci credere che Gesù Cristo è morto di freddo ai piedi.
E il ministro Giorgetti, competente per materia? Mi piacerebbe tanto parlargli a quattrocchi per verificare cosa ne pensa. Molto probabilmente è costretto a fare buon viso a cattiva sorte, vale a dire la sorte di dipendere da un triste binomio governativo, l’asse dei ladri di Pisa, Meloni-Salvini, che di giorno litigano per rubarsi i voti a destra e di notte architettano provvedimenti populisti per lisciare il pelo agli italiani, ingenui o furbastri a seconda dei casi.
Ritengo la riforma fiscale la madre di tutte le riforme, perché, se non si redistribuisce equamente il reddito (e la fiscalità ne è il principale, democratico e costituzionale strumento), non si potrà mai combinare niente di buono. Se non si parte col piede giusto, non si andrà da nessuna parte. È un argomento ostico, ma imprescindibile, che viene considerato impopolare, ma che invece dovrebbe essere il più popolare di tutti.
Probabilmente la lotta all’evasione fiscale viene data per persa e allora tanto vale cercare di darle un minimo di legittimazione (condoni, dilazioni, colpi di spugna, etc.), un po’ di elegante incentivazione (regimi forfettari e flat tax più o meno evidente) e fingere l’intransigenza (con impietose scorribande sui malcapitati di turno).
La mala-fiscalità è servita alla faccia della Carta Costituzionale: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
L’attuale governo di destra, socialmente parlando, sta, come dice Pier Luigi Bersani, tagliando il Paese a fette, “corporativizzando” il fisco (un fisco per ogni categoria sociale, morbido con quelle elettoralmente vicine o più protestatarie, duro con quelle lontane) e, di conseguenza, puntando all’erogazione di servizi diversificati per fascia di contribuenti e ad una sanità in particolare altrettanto stratificata (privata di serie A per i ricchi, pubblica di serie B per i poveri), complice l’autonomia differenziata regionale. Se questo non è fascismo…
Come detto, qualcuno insiste con l’ironizzare sul “come sia bello pagare le tasse”. Mio padre non era un economista, non era un sociologo, non era un uomo erudito e colto. Politicamente parlando aderiva al partito del buon senso, rifuggiva da ogni e qualsiasi faziosità, amava ragionare con la propria testa, sapeva ascoltare ma non rinunciava alle proprie profonde convinzioni mentre rispettava quelle altrui. Volete una estrema sintesi di tutto ciò? Eccola! Rifletteva ad alta voce di fronte alle furbizie varie contro le casse pubbliche: «Se tùtti i paghison il tasi, as podrìss där d’al polàstor aj gat…».