Durante la seduta del senato a Palazzo Madama per il dibattito in vista del Consiglio europeo del 21 e 22 marzo 2024, sui banchi del governo sedeva Isabella Rauti, senatrice della Repubblica per Fratelli d’Italia e dal 2 novembre 2022 sottosegretario di Stato al Ministero della difesa nel governo Meloni.
Lungi da me scaricare sui figli le colpe dei padri, ma, dal momento che Isabella Rauti ricorda orgogliosamente il padre e ne rivendica l’eredità politica o, quanto meno, non la rifiuta, mi corre l’obbligo morale di ripassare la storia recente in merito alla vita di Pino Rauti, che fu parlamentare con il MSI per cinque legislature.
Pino Rauti è un personaggio che per molti versi, e in molte occasioni, si è collocato al di fuori delle regole democratiche dell’Italia repubblicana: perciò ancora oggi un ricordo positivo della sua eredità storica è oggetto di controversie e contestazioni.
Pino Rauti, diminutivo di Giuseppe, nacque a Cardinale (Catanzaro) il 19 novembre 1926. Suo padre lavorava come usciere al ministero della Guerra, a Roma, dove i Rauti si trasferirono quando Pino aveva pochi mesi. Da bambino ricevette un’educazione rigidamente fascista e a 17 anni partì per aderire alla Repubblica sociale di Salò, il governo fascista che si costituì in Lombardia sul finire della Seconda guerra mondiale collaborando con gli occupanti nazisti.
In quel periodo Rauti venne catturato prima dai britannici e poi dai francesi, mentre era arruolato nella legione straniera spagnola. Rientrato in Italia, dopo la guerra, aderì contemporaneamente al Movimento Sociale Italiano e al gruppo clandestino dei FAR (Fasci di azione rivoluzionaria). Negli anni Cinquanta e Sessanta si dedicò all’attività politica pubblica, partecipando a dibattiti e incontri, ma sin da subito la sua attività principale fu teorica e intellettuale.
Semplificando, le idee di Rauti si ispiravano alle opere degli intellettuali Julius Evola e Massimo Scaligero, e teorizzavano una dottrina di destra intransigente, antiliberale, antidemocratica e anticomunista. Tra le altre cose Rauti era sostenitore di un razzismo “spirituale”, ossia legato non a fattori biologici ma culturali, e in funzione di questo razzismo criticava le rivendicazioni post-coloniali. Era fortemente critico sia del comunismo che del capitalismo occidentale, ma nonostante questo prese le parti degli Stati Uniti nella Guerra del Vietnam.
Il raccoglitore primario di queste idee divenne Ordine Nuovo, nata prima come corrente dell’MSI nel 1954 e poi come Centro Studi con un proprio organo di informazione. Le continue divergenze con le altre correnti del partito, e in particolare con il segretario Arturo Michelini, portarono Rauti a uscire dal partito nel 1957, rendendo Ordine Nuovo un organismo autonomo con un gruppo sempre più nutrito di militanti, che negli anni Sessanta presero una piega sempre più sovversiva. Il simbolo di Ordine Nuovo era l’ascia bipenne, la stessa del fascio littorio, simbolo del regime fascista.
Nel 1968 Rauti partì per la Grecia assieme ad altri 51 esponenti di destra, fra cui Stefano Serpieri, agente dei servizi segreti, e Stefano Delle Chiaie, che aveva fondato da qualche anno un altro movimento eversivo di estrema destra, Avanguardia Nazionale. Lo scopo del viaggio era imparare tutto sulle tecniche di infiltrazione, a spese del governo greco. Poco tempo prima, infatti, ad Atene c’era stato il colpo di stato nel quale era stato instaurato il cosiddetto “regime dei Colonnelli”.
Con l’arrivo alla segreteria del MSI nel 1969 di Giorgio Almirante, Rauti rientrò nel partito. Ordine Nuovo venne sciolto nel 1973, e alcuni suoi aderenti vennero condannati per ricostituzione del disciolto Partito fascista. Nel 1972 intanto Rauti era stato arrestato per due attentati ai danni di due treni, avvenuti l’8 e il 9 agosto 1969. Successivamente l’incriminazione si estese all’attentato di piazza Fontana del 12 dicembre dello stesso anno. Nel 2010 venne nuovamente processato anche per la strage di piazza della Loggia a Brescia del 28 maggio 1974. Nessuna di queste indagini e di questi processi portò a condanne per Rauti.
Nel 1987 si candidò a segretario dell’MSI, ma venne sconfitto da Gianfranco Fini; poi nel 1990 sconfisse a sua volta Fini e diventò lui segretario, tuttavia sotto la sua guida l’MSI ebbe risultati elettorali pessimi, perciò si dimise e tornò di nuovo Fini. Rauti commentò così la svolta moderata del congresso di Fiuggi, quando dal MSI nacque Alleanza Nazionale: «Fini ha semplicemente ammesso pubblicamente quello che noi abbiamo sempre sostenuto, e cioè che il “fascismo di destra” non è fascismo, e non lo è mai stato». L’eredità politica di Alleanza Nazionale fu raccolta poi da Fratelli d’Italia nel 2012.
Nel 2004 Rauti fondò il MIS, Movimento idea sociale, che alle elezioni raccolse solo lo 0,1 per cento. Morì nel novembre 2012. I funerali si tennero nella basilica di San Marco, a Roma. Il passaggio della sua bara venne salutato con il braccio teso da molti presenti. (Il post – quotidiano on line)
Cosa voglio dire con questa memoria storica? Tutto e niente! Che al Senato e al Governo della Repubblica siedano persone direttamente e addirittura familiarmente collegabili ad un vergognoso passato fascista mi disturba, suscita in me un moto di ripulsa. Sul piano giuridico non esiste ostacolo (anche se ci sarebbe molto da discutere), sul piano morale lasciamo perdere, sul piano politico non lo posso accettare. E pensare che Fratelli d’Italia, il partito che attualmente va per la maggiore, è farcito di personaggi che non solo rifiutano di considerarsi antifascisti, ma che hanno collegamenti ideali e politici col fascismo. Povera Italia!
Ma il fascismo non esiste più! Già, me ne ero dimenticato.