Arriva la pietra tombale della maggioranza sul salario minimo. Tutto come previsto, ma in aula alla Camera le opposizioni vendono cara la pelle e la protesta assume toni forti e solenni. Per la prima volta viene di fatto negato dalla coalizione di governo il confronto nel merito della proposta che aveva visto uniti e per la prima volta compatti i partiti di minoranza (con la sola eccezione di Italia viva), perché da Palazzo Chigi la linea dettata è quella di sostituire il testo con un maxiemendamento che sopprime e soppianta l’introduzione della paga minima oraria di 9 euro con una delega al governo a legiferare entro sei mesi per risolvere il dramma del lavoro povero in Italia. Di più, il centrodestra si fa forte delle considerazioni che arrivano dal commissario europeo per il Lavoro Nicolas Schmit, per il quale l’Ue «non impone un salario minimo negli Stati membri».
E però Schmit, in audizione in commissione a Montecitorio, spiega i tre sistemi vigenti: «Il salario minimo, la contrattazione collettiva, il salario minimo più la contrattazione». Tre sistemi che devono garantire remunerazioni congrue, perché, sottolinea il commissario, «la contrattazione potrebbe non essere in grado di coprire una parte sostanziale della forza lavoro. E questo non va bene per l’economia, se tante persone hanno salari bassi. Bisogna bilanciare i due punti e studiare la soluzione migliore per avere salari normali».
Parole interpretate in due sensi diversi da maggioranza e opposizione. Ed è la ministra del Lavoro Maria Calderone ad assicurare che dal governo «viene individuato un percorso diverso. Lo abbiamo sempre detto: per noi è una questione di salario dignitoso».
Rassicurazioni che hanno un peso assai scarso per le opposizioni, decise fino all’ultimo a tenere accesi i riflettori su un provvedimento che trova ampi consensi nel Paese. Così, di fronte alla decisione del presidente della Commissione lavoro Walter Rizzetto (di Fratelli d’Italia) di sostituire per intero la proposta delle opposizioni con il testo della maggioranza, le minoranze tentano il blitz riproponendo sotto forma di emendamento l’articolato iniziale. Pd, M5s, Azione, Avs e +Europa sono consapevoli di non avere i numeri, e infatti il salario minimo viene bocciato con 149 voti contrari, 111 favorevoli e 3 astenuti, ma una volta in assemblea, inizia lo showdown.
Uno a uno – a partire da Giuseppe Conte – i leader delle opposizioni ritirano la firma sul testo del tutto stravolto sostenuto dal centrodestra. «Si deve vergognare chi ha votato no a questa legge che avete fatto a pezzi. Con la modalità della delega si prende in giro la platea di lavoratrici e lavoratori – tuona il leader di M5s -. Io dico questo a quest’Aula: questo gesto proditorio non lo compirete nel mio nome né nel nome del M5s. E per questa ragione ritiro la firma da questo provvedimento perché state facendo carta straccia del salario minimo legale», dice l’ex premier stracciando materialmente il testo.
Toni pesanti anche dalla segretaria del Pd Elly Schlein: «La Costituzione non vi autorizza agli abusi di potere sulla pelle delle minoranze», mentre «il governo ha scelto di sottrarre al parlamento il diritto di discutere e votare sul salario minimo. Questa è l’idea che avete della democrazia, è un antipasto del premierato», accusa la leader dem. E ancora: «State pugnalando alle spalle le persone sfruttate perché non avete il coraggio di guardarle negli occhi mentre affossate una proposta» che ha «raccolto oltre 500mila firme, ve ne siete fregati, gli avete tolto pure il nome. Puntate a cancellarlo dalla memoria collettiva». Ma così, per Schlein, «voi oggi votate contro una legge che dice che sotto i 9 euro non è lavoro, è sfruttamento. Allora ditelo: a voi va bene lo sfruttamento». (dal quotidiano “Avvenire”)
Sembra giunto il tempo della chiarezza per la destra, che si presenta per quella che è, senza infingimenti sociali, senza foglie di fico europee, senza moderazione alcuna. Mentre Matteo Salvini toglie la maschera a Giorgia Meloni puntando dritto-dritto al sovranismo ed al populismo, mentre la maggioranza di governo si rivela divisa al proprio interno ma in fin dei conti unita su battaglie sostanzialmente anti-europee, in Parlamento ritrova piena e totale consonanza e arroganza anti-sociale non volendo nemmeno sentir parlare di salario minimo per i lavoratori subordinati (si pensi, una miseria di nove euro all’ora).
Dall’articolo sopra riportato emerge chiaramente la pretestuosità dei richiami alla Ue: la linea europea tracciata dal commissario competente esige una sostanziale garanzia di salari normali. Dal momento che la contrattazione collettiva non è in grado di fornire questa garanzia per motivi oggettivi (molti lavori infatti sfuggono alla tutela sindacale), non rimane che un provvedimento di legge erga omnes, che possa coprire l’intero mondo del lavoro. Il governo continua a parlare di un percorso diverso che garantisca un salario dignitoso: “Lo cercan qui, lo cercan là, dove si trovi nessuno lo sa. Che garantire mai non si possa, quel dannato lavoro buttato nella fossa?”.
Il governo si affiderebbe alla contrattazione collettiva, preservandola magari dalla possibilità di ricorso allo sciopero, ben sapendo che molti tipi di lavoro e molti settori economico-sociali, per tutta una serie di motivi al momento insuperabili, non rientrano nel discorso del tradizionale rapporto tra impresa e lavoratori. E allora? Campa lavoratore che il salario non cresce.
È indubbio che esista una consistente fetta di lavoro sfruttato: si tratta spesso di lavoratori extra-comunitari giudicati inutili e fastidiosi, impiegati in lavori che nessun italiano vuol fare, remunerati con un tirone di borsa, a volte buttati allo sbaraglio in condizioni rischiose e costretti a vivere in ambienti penosi. Queste persone sono costrette ad accettare tutto pur di sopravvivere e noi facciamo finta di non vedere, rifiutiamo persino di concedere loro un salario minimo di nove euro all’ora.
Il discorso è molto più largo di quanto si possa immaginare e il problema è veramente grave. Forse finalmente le opposizioni stanno dicendo e proponendo qualcosa di sinistra, mentre governo e maggioranza stanno dimostrando tutta la loro arroganza di destra. Se il confronto parlamentare non è possibile su questa materia di sussistenza per le persone, figuriamoci quando si affrontano problematiche meno immediate e clamorose. Figuriamoci se sarà possibile dialogare sul premierato forte e sulle autonomie regionali rafforzate?
Perché il governo intende inasprire i rapporti politici fino a questo punto? Evidentemente vuole tenere aperto un cordone più o meno ombelicale con la gente allergica ai diritti dei lavoratori, trasferendo sul piano sociale una storica ispirazione più pseudo fascista che pseudo liberista. Altre motivazioni non riesco a vederne. Mi daranno del demagogo. Se è demagogia prendere le parti di persone che guadagnano meno di nove euro all’ora, sono un demagogo e me ne vanto. Credo abbia ragione Elly Schlein, questa vergognosa e reazionaria vicenda del diniego dell’introduzione del salario minimo suona come prova politico-parlamentare in vista dell’introduzione del premierato. Un colpo oggi, un colpo domani, la democrazia va a pezzi sotto gli occhi dei sonnambuli e dei pecoroni.