Emergono nuovi dettagli sulla guarigione inspiegabile della ragazza ipovedente di Madrid pellegrina con 300 sue coetanee alla Gmg di Lisbona, che dopo la Comunione all’improvviso si è accorta che la vista era tornata normale. A riferirli è don Ivo Manuel Santos, 38enne parroco di São Tiago a Évora de Alcobaça, nella diocesi portoghese di Leiria-Fatima, il parroco del paese dove il gruppo di adolescenti spagnole era ospitato. Un testimone di prim’ordine, dunque, che al sito di informazione locale Regiaodeleiria.pt ha riferito che dopo il fatto tuttora senza spiegazioni mediche la giovane «è andata a leggere la preghiera della novena» alla Vergine Maria che stava concludendo proprio quel giorno, festa della Madonna della Neve, titolo col quale è venerata nella basilica romana di Santa Maria Maggiore dov’è custodita l’immagine della Salus Populi Romani, icona delle Gmg. (dal quotidiano “Avvenire”)
Una morte improvvisa. Una tragedia sconcertante. Che ha gettato in un dolore indicibile una famiglia e un’intera comunità. La famiglia è quella di Luca Re Sartù, 24 anni, morto venerdì 11 agosto all’ospedale San Gerardo di Monza a pochi giorni dal rientro dal Portogallo, dove aveva partecipato alla Giornata mondiale della gioventù. La comunità è quella di Marnate, provincia di Varese, diocesi di Milano, che ricorda Luca come ragazzo di fede, impegnato in oratorio come educatore e catechista. Che cosa l’ha portato via, così implacabilmente? «Ipotizziamo che abbia contratto il batterio, lo stafilococco, a Lisbona – ha spiegato alla Prealpina Francesco, il papà, ex consigliere comunale –. Al suo ritorno, mercoledì 9 agosto alle 23,30 all’aeroporto di Bergamo, è stato portato al pronto soccorso della Mater Domini a Castellanza: qui ha avuto un arresto cardiaco. I medici sono stati bravissimi e lo hanno ripreso ma hanno capito la gravità della situazione e che fosse necessario un intervento differente e specializzato. Giovedì mattina l’hanno trasferito all’unità coronarica dell’ospedale di Monza ma non si è più ripreso, fin quando, venerdì pomeriggio, ci ha lasciati». A causa dell’infezione, il giovane è andato in setticemia. E questo – a rendere ancora più acuto il dolore – ha reso impraticabile l’idea di donare gli organi. (dal quotidiano “Avvenire”)
Due fatti sconcertanti, che, se messi in collegamento, diventano ancor più sconcertanti. Un miracolo e il quasi contemporaneo anti-miracolo? Lo scetticismo di credenti e non credenti è servito! Mio padre, forse con un sano (?) eccesso di razionalità, di fronte al miracolismo di guarigioni e scampati pericoli, si permetteva una battuta ironica e provocatoria: la riferisco in italiano anche se in dialetto aveva una incisività ben maggiore. “Perché la Madonna, che ha scampato da morte la vittima di un incidente stradale, non è intervenuta prima per evitare l’incidente stesso?”. Mia madre liquidava la cosa spostando il discorso sulla preconcetta incredulità del marito. Personalmente sorridevo, ma evitavo accuratamente di imbastire una qualsiasi risposta. Se la fede infatti dipendesse esclusivamente dai miracoli saremmo fritti nella padella dell’ateismo. Nello stesso tempo non mi sento di escludere aprioristicamente un valore alle manifestazioni miracolose e non mi schiero con chi ritiene che la fede non abbia alcun bisogno di esse. Se dall’alto può venire un aiutino, perché rifiutarlo presuntuosamente e categoricamente?
Così come non sono pedissequamente schierato sulle posizioni di cautela della gerarchia cattolica: le capisco, ma le ritengo anche un atteggiamento difensivo del potere clericale. Se infatti il divino sceglie qualche strada diretta nella rivelazione alle persone, la Chiesa rischia di perdere il monopolio nei rapporti tra la divinità e l’umanità. E allora diamo credito ai cialtroni? Nossignori, anche se i cialtroni sono purtroppo da entrambe le parti.
Gesù somministrava i miracoli col contagocce, ne voleva contenere al massimo l’effetto mediatico, intendeva evitarne la fuorviante portata religiosa. Però li compiva, anche se li faceva scaturire dalla fede dell’interlocutore e non viceversa. Il miracolo è un’arma a doppio taglio e da utilizzare quindi con molta attenzione. Mi sono commosso ascoltando dell’improvvisa guarigione della ragazza ipovedente durante una messa celebrata nell’ambito della Giornata Mondiale della Gioventù. Mi sono profondamente rattristato della morte del giovane partecipante alla Gmg. Ho cercato di tirare una conclusione. E mi sono detto: ma chi sei tu per tirare delle conclusioni. Ho deciso di fare una cosa molto semplice: tutti questi dubbi e perplessità, che gira e rigira fanno riferimento al leit motiv della sofferenza umana, li metto da parte e li tengo per l’altra vita, quando verranno risolti automaticamente. Per il momento mi deve bastare il mistero della fede: annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta.
Alla triste vigilia della guerra del Golfo, vale a dire agli inizi del 1991, durante una trasmissione sportiva in televisione, la conduttrice Alba Parietti, bellissima donna e a quel tempo incantatrice di calciodipendenti, a commento di una notizia flash sulle trattative per evitare in extremis la guerra, notizia che riportava la richiesta di aiuto a Dio da parte dell’allora segretario generale dell’Onu, ormai deluso e scoraggiato dalle umane diplomazie incrociate, con atteggiamento a metà tra lo scettico e lo sprezzante, ha sciorinato, in tono aggressivo, questa battuta: “Se Dio c’è, è il momento di dimostrarlo”. Certamente il Padre Eterno non aveva bisogno di vedere accreditato il proprio ruolo da una pur affascinante donna di successo, la cui presunzione peraltro poteva arrivare fino al punto di lanciare un ultimatum a Dio richiamandolo alle proprie responsabilità. Povera Alba e poveri tutti noi che forse ci meritammo quella guerra, che non tardò purtroppo a scoppiare. È l’approccio alla fede di chi pretende appunto il miracolo: “E quanti passavano di lì, lo ingiuriavano, scuotendo il capo e dicendo: “Tu che distruggi il tempio e in tre giorni lo riedifichi, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi giù di croce!”. Così pure, i capi dei sacerdoti con gli scribi e gli anziani, beffandosi, dicevano: “Ha salvato altri e non può salvare sé stesso! Se è il re d’Israele, scenda ora giù dalla croce e noi crederemo in lui. Si è confidato in Dio; lo liberi ora, se lo gradisce, poiché ha detto: ‘Sono Figlio di Dio’”.
Torno alla laica saggezza di mio padre. Non riesco, parlando molto sinceramente, a qualificarlo nel suo atteggiamento verso i problemi religiosi: ateo? Direi proprio di no. Indifferente? Neanche, perché era sensibile a queste problematiche, non era un superficiale e nemmeno un gaudente. Anticlericale? Come si dice oggi, assolutamente no. Azzarderei definirlo un uomo alla ricerca della verità e quindi di Dio e (non ricordo chi lo dice), se uno è in sincera ricerca, è già a buon punto e forse è più vicino alla verità di quanto possa immaginare. Mio zio Ennio, sacerdote, consigliava mia madre (cattolica convinta e praticante) di non forzare i toni, di rispettare il marito nei suoi convincimenti: molto probabilmente, nella sua grande intelligenza e sensibilità, aveva capito che il cognato nella rettitudine morale, nell’ancoraggio ai valori, nella generosità e nella bontà stava percorrendo la strada giusta e non aveva bisogno di spinte (perché possono farti cadere) o di incitamenti (perché possono irritarti), ma solo di essere accompagnato con discrezione e rispetto.
Concludo la pazza dissertazione pseudo-teologica ricordando come mio padre, che abbiamo visto in precedenza in versione scettica, sapesse ragionare con grande onestà intellettuale e, quando qualcuno definiva assurda ed illusoria la risposta della religione cattolica ai misteri della vita, della morte e dell’aldilà, era solito rispondere: «Alóra catni vùnna ti, ch’ a tsi un zvaltón !!!».