Come scrive Barbara Balbinot sul quotidiano online TAG24, Sergio Mattarella è in Cile per una visita istituzionale: fil rouge di questa tre giorni nel Paese latino sarà l’impegno italiano contro la dittatura di Pinochet. Una full immersion nella storia dei rapporti tra le due Nazioni e dei diritti umani. Il viaggio è infatti in parte dedicato a ricostruire e ricordare l’impegno italiano contro la dittatura di Pinochet.
Una tappa importante nel fitto programma della visita del nostro Capo dello Stato è stato il Museo della Memoria e dei Diritti Umani. Si tratta di un istituto museale inaugurato nel 2010 con l’obiettivo di ricordare le violazioni dei diritti umani perpetrate sotto il regime fascista di Augusto Pinochet, al potere in Cile tra il 1973 e il 1990.
Come non sentirsi orgogliosamente partecipi di questo viaggio e di questo omaggio alla resistenza contro il regime di Pinochet. Ma chi aveva appoggiato l’instaurazione di questo regime? Gli Usa in primis, i nostri alleati storici.
Daniele Mastrogiacomo sul quotidiano “La Repubblica” scrisse nel 2020: “Così l’amministrazione Nixon favorì il golpe in Cile: i documenti desecretati 50 anni dopo il governo Allende. L’Nsa ha diffuso trascrizioni di colloqui e appunti che raccontano la strategia messa in atto dagli Stati Uniti per destabilizzare il leader socialista: “Se c’è un modo per spodestarlo, bisogna farlo”.
Adesso è chiaro il ruolo degli Stati Uniti nel golpe di Pinochet in Cile. Non si tratta più di ipotesi, di tesi probabili sorrette da una convinzione dominante durante e dopo i 17 anni della più feroce dittatura militare del secolo scorso. È scritto nero su bianco. Lo confermano migliaia di documenti, trascrizioni, appunti, brogliacci, indicazioni e suggerimenti. Cinquant’anni dopo l’elezione a presidente di Salvador Allende (5 novembre 1970) la Nsa, la madre di tutte le agenzie di intelligence statunitensi, li ha desecretati e messi a disposizione del pubblico. Raccontano come, chi e in quali tempi attivò una fine strategia che non esponesse gli Usa a una condanna internazionale per un’interferenza considerata grave, visto che Allende era stato eletto in una libera e democratica elezione, ma agisse assediando in tanti modi il primo governo marxista in America Latina. Golpe in testa. Quegli scritti sono anche la testimonianza diretta di un intervento, una scelta politica e strategica decisiva per il successo di Augusto Pinochet.
Con il solito pretesto di combattere il comunismo (il governo di Allende non aveva niente di comunismo alla sovietica, era appoggiato anche da un partito social-cattolico nato da una scissione dell’ala sinistra del Partito Democratico Cristiano del Cile, dal Partito Radicale e altri partiti minori) gli Usa favorirono un colpo di Stato fascista e l’instaurazione di un regime dittatoriale che ne fece di tutti i colori. Il nostro storico alleato si macchiò di questa come di altre porcherie inquadrabili nella cosiddetta realpolitik (la storia getta non poche ombre anche sull’intromissione americana nel rapimento e nell’omicidio di Aldo Moro quale protagonista di quel compromesso storico che trovava proprio nel Cile di Allende una importante profezia).
Anche il regime greco dei “colonnelli” ebbe l’appoggio degli Stati Uniti e dell’onnipotente CIA e rapporti col neofascismo italiano, a partire dal Movimento Sociale Italiano. Quale fu l’influenza del regime greco sulla fragile democrazia italiana degli anni ’70? Cosa successe durante i numerosi soggiorni dei fascisti italiani in Grecia? Quale fu il coinvolgimento della Giunta nella strage di Piazza Fontana e in generale nella stagione degli Anni di Piombo?
Sono fantasmi di un’acqua passata che non macina più? Sono sconvolgenti errori storici che faranno sentire i loro effetti per sempre. La lavagna storica infatti non può essere ripulita col cancellino. I conti col passato restano aperti. E anche l’Italia ha le sue enormi responsabilità. Sergio Mattarella ha portato in Cile il volto buono della nostra politica estera di allora e di oggi, ma purtroppo esiste anche il volto cattivo (di ieri e di oggi, basta volerlo vedere). Indietro non si torna, ma non è detto, non si può scherzare anche se qualcuno tra revisionismo, autocritiche, pacificazione, colpi di spugna rischia grosso, finendo col voltare sbrigativamente pagina, non capendo che coi vuoti di memoria occorre stare molto e poi molto attenti e che (come direbbe mio padre) “in do s’ ghé ste a s’ ghe pól tornär “.