Mi sono sempre considerato non antiberlusconiano, ma aberlusconiano. La differenza non è di poco conto. Per me infatti era portatore di una cultura totalmente estranea alla mia mentalità. Non mi lascia niente, né in bene né in male. Per me non ha significato niente, ho fatto tutto il possibile in tal senso a costo di estraniarmi dalla storia.
Mi auguro che la sua uscita di scena costringa un po’ tutti a rimettere indietro le lancette per ricominciare da capo a fare impresa, politica, televisione e sport su altre basi. Proprio perché non sottovaluto il ruolo che ha svolto nel Paese, ho fretta di voltare pagina, anche se, come quasi sempre accade, mi toccherà persino di rimpiangerlo, perché almeno aveva carisma, mentre chi gestirà la sua eredità politica non ne ha.
Il tamtam mediatico è appena cominciato (con la Rai in gara di berlusconismo con Mediaset), ma è già finito. Credo infatti che il suo ricordo non aiuterà a guardare avanti, ma soltanto a cullarsi in un passato illusionistico e fuorviante. Con lui l’economia aziendale si è fatta politica e la politica si è fatta affare aziendale con tutto quel che ne consegue, i partiti hanno abbandonato le idee per farsi legami di interessi personali.
Nei primi anni del berlusconismo dilagante mi ero chiesto se si trattasse di un’edizione riveduta e corretta del fascismo e in un libro, che qualcuno potrebbe avere voglia di scorrere (è pubblicato nella sezione libri di questo sito), ero arrivato a conclusioni abbastanza inquietanti. Il tempo ha stemperato (?) l’immagine e la sostanza di regime, facendone progressivamente un baraccone politico-culturale coinvolgente o comunque condizionante fino ad arrivare ai giorni nostri: una deriva ancor più difficile da riconoscere, combattere o almeno arginare.
Da Berlusconi in avanti sono emersi prepotentemente i tratti di una cultura politica a dir poco equivoca, che sta ancora alimentando il “mite mostro della nuova destra”: tra consumismo, privatismo, populismo, neoclericalismo, neoliberismo, neocorporativismo, federalismo, localismo, egoismo, irrazionalismo, anticomunismo, putinismo, appena coperti da europeismo di maniera e atlantismo di convenienza. La tentazione di aggiungere fascismo, in estrema semplicistica sintesi, è forte. Era un pericolo molto più consistente che non quello attuale: quello di Berlusconi forse era il tentativo di un vero e proprio regime, quello di Giorgia Meloni è un solo un pateracchio di stampo neofascista. Ma lasciamo perdere…anche perché paradossalmente è vietato parlare di antifascismo: si fa la figura dei retrogradi.
Mi sembra di poter concludere che il “merito” berlusconiano di aver avviato una nuova destra, sdoganata, riciclata, assemblata e imbellettata, ma sostanzialmente illiberale, stia tuttora comportando seri rischi per la vita democratica del Paese, che purtroppo non vengono colti da una pubblica opinione spesso colpevolmente distratta e sfiduciata. Senza di lui temo possa essere ancora peggio, se non altro perché era capace di smussare tatticamente, persino simpaticamente, certi spigoli vivi.
Non vale la pena approfondire ulteriormente: non servirebbe a niente se non a rimpiangere quella politica con la “P” maiuscola che ha fatto di tutto per suicidarsi e per la quale Berlusconi ha celebrato un funerale quasi trentennale.
Adesso è tempo del suo funerale personale: mio padre sosteneva che c’erano personaggi i quali vivevano soprattutto dopo la loro morte. Mi auguro che non sia così per Berlusconi: viva nel regno dei cieli, ma ci lasci in pace sulla terra.