La destra prende Trump a Fidanza

Non so se sia peggio fare i pesci in barile verso l’antifascismo e la Resistenza o essere più trumpiani di Trump. Forse sono due facce della stessa medaglia. Da una parte le folli esercitazioni larussane, indulgentemente retrocesse a sgrammaticature istituzionali, dall’altra parte la farneticante difesa di Trump ad opera di Carlo Fidanza, euro-parlamentare di Fratelli d’Italia, in attesa di essere magari considerata una goliardata garantista.

Riporto di seguito testualmente quanto sostiene l’esponente di FdI: “Comunque la si pensi su Donald Trump, quello che sta accadendo negli Stati Uniti dovrebbe far rabbrividire chiunque creda nella democrazia e nello stato di diritto. Un procuratore distrettuale di estrema sinistra, che durante la sua campagna elettorale – generosamente finanziata da un comitato sostenuto a suon di milioni dal solito Soros – aveva promesso di “prendere Trump ad ogni costo”, ora ci sta provando con 34 capi d’accusa generici e riferiti a presunti fatti di 7 anni fa. Un palese tentativo di condizionare le prossime elezioni mettendo fuori gioco – anzi, in galera – il principale tra i possibili avversari di Biden. Lo riconoscono persino i Repubblicani ostili a Trump e diversi commentatori democratici. Roba da Nicaragua o da Venezuela. L’uso politico della giustizia è una piaga che va combattuta ad ogni latitudine e chiunque ne rimanga vittima”.

Quando succedono questi inconvenienti (?) tutti aspettano autorevoli e puntuali smentite da Giorgia Meloni: lei invece traccheggia e lascia così intendere di essere sostanzialmente d’accordo. Qualcuno sostiene che si tratti di lisciate di pelo neofasciste e nazional-sovraniste all’elettorato destrorso. I sondaggi però ridimensionano questo intento strumentale valutando a circa un 4% il peso delle frange nostalgico-estremiste a livello di consenso verso Meloni e il suo partito. Quindi non è (solo) questione di voti, ma di vere e proprie scelte politiche e, ancor prima, culturali. D’altra parte la simpatia verso il trumpismo non è di oggi, ma viene da lontano: è il sovranista per eccellenza con tutto quel che ne segue. Così come le puntate dissacranti verso l’antifascismo, considerato patrimonio del pensiero egemonico della sinistra, rientrano in una logica di contrapposizione e recupero culturale per la destra al potere: lo sdoganamento definitivo del post-fascismo.

Giorno dopo giorno crolla il pragmatismo con cui si vorrebbero giudicare Giorgia Meloni, il suo partito e il suo governo, nella misura in cui la storia passata si aggancia al presente, la mancanza di giudizi storici diventa il fondamento per scelte attuali di segno anti-democratico.

“Le opposizioni dovrebbero uscire dall’Aula ogni volta che la presiede La Russa e i vice presidenti non espressi dalla maggioranza dovrebbero dimettersi dalla carica. Così vediamo che fa”. Gianni Cuperlo, testa pensante della sinistra dem, in una intervista alla “Stampa” non ha dubbi su quale dovrebbe essere il destino della seconda carica dello Stato e lancia una proposta choc alle opposizioni per costringerlo a dimettersi. “Perché quando il presidente del Senato derubrica via Rasella ad un attentato a ‘una banda musicale di semi pensionati’ certifica di essere una figura inadeguata a ricoprire quell’incarico”. Non bastano le scuse e la marcia indietro, quindi: “Le scuse, espresse in maniera e misura goffe, non riparano lo sbrego istituzionale e la ferita che ha prodotto. Sull’episodio credo Edith Bruck abbia speso frasi definitive, ‘La Russa mente sapendo di mentire e lancia una sfida, cosciente di rimanere impunito’. Per questo non è perdonabile”. Ma lui non ha intenzione alcuna di farsi da parte: “Penso sia un atto dovuto essendo quelle sue frasi incompatibili con la seconda carica dello Stato. Di chi un domani potrebbe svolgere funzioni di supplenza del presidente della Repubblica. Io non mi sentirò mai rappresentato nella più alta magistratura della repubblica da un fascista orgoglioso di esserlo. E il fatto che Giorgia Meloni archivi l’episodio come una ‘sgrammaticatura istituzionale’ dice molto dell’anima di questa destra e del culto vivente della ‘fiamma’ insediata a Palazzo Chigi” (agenzia Nova.news).

Forse ancor più grave è il giudizio simpatizzante e solidarizzante vero Donald Trump. Faccio un piccolo salto indietro, al periodo della Brexit. La propensione scozzese – seppure almeno in parte strumentale rispetto alle mire indipendentiste – verso l’Unione europea, era sfociata in rabbia ed aveva trovato, per ironia del destino, un ulteriore motivo di ribellione nelle parole proferite proprio in Scozia nei giorni del referendum dall’aspirante candidato repubblicano alle presidenziali americane, Donald Trump: «Vedo un reale parallelo fra il voto per Brexit e la mia campagna negli Stati Uniti». Come riferì Pietro Del Re, inviato di Repubblica, nel pub di John Muir a Edimburgo, quando Trump apparve in tv, tutti i clienti si avvicinarono allo schermo. Poi, tutti assieme cominciarono a urlargli insulti di ogni genere, il cui meno offensivo era senz’altro “pig”, porco.

Che un eurodeputato italiano faccia la disperata difesa d’ufficio di Donald Trump è veramente imbarazzante ed inquietante. Cos’ha da spartire – anche volendo prescindere dalle pornostar – questo personaggio con la democrazia, con l’Europa e con l’Italia? Le imputazioni formulate contro di lui non sono altro che la punta dell’iceberg del suo modo inaccettabile di intendere e praticare la politica. Se Joe Biden è deludente, ributtarsi nelle braccia di Trump è semplicemente demenziale. Ho sempre nutrito seri dubbi sull’autenticità democratica del sistema statunitense, ma con Donald Trump i dubbi sono diventati negative certezze. L’uso politico della giustizia? Ma questo signore ne ha combinate e ne sta combinando di tutti i colori alle spalle del mondo intero. Può darsi che così come Al Capone andò in galera per evasione fiscale, Donald Trump ci finisca (?) per reati molto più “leggeri” rispetto al suo inqualificabile comportamento umano e politico. Se l’uso politico della giustizia (anche se non mi sembra presente nel caso in questione) è una piaga, piaga ancor più infetta è l’uso della politica per “fare i propri affari”.

Certo, Ignazio La Russa ricopre un incarico istituzionale di altissimo livello, mentre Carlo Fidanza è un politico qualsiasi. I casi tuttavia sono due: o Giorgia Meloni mette il silenziatore in bocca a questi suoi amici o qualcun altro dovrà provvedere a neutralizzarli con iniziative politiche adeguate. Non si può far finta di niente, alzare le spalle, guardare da un’altra parte: è pericolosissimo. Nessuno deve essere criminalizzato o impedito di esprimere le proprie idee. “Non sono d’accordo con quello che dici ma darei la vita affinché tu possa dirlo” è una citazione, ormai decisamente nota, attribuita spesso al filosofo, drammaturgo e scrittore Voltaire.  Non diventi però l’alibi per pensare che in politica tutti i gatti siano bigi. Bisogna che ognuno si prenda le proprie responsabilità per quel che dice e ne risponda nelle dovute sedi.

Mio padre si fidava del prossimo con una giusta punta di scetticismo; a chi gli forniva un “passaggio” in automobile era solito chiedere: “Sit bón ad guidär”. Naturalmente l’autista in questione rispondeva quasi risentito: “Mo scherzot?!”  E mio padre smorzava sul nascere l’ovvia rimostranza aggiungendo: “Al fag parchè se pò suceda quel, at pos dìr dal bagolón”.