Rieccolo, in un video che ne restituisce un’immagine animata dopo sette mesi di travaglio fisico, politico, giudiziario. Silvio Berlusconi riappare al pubblico, in collegamento con il meeting del Ppe, e lo fa con il piglio da statista che punta tutto sull’Europa, alimentando il suo sogno di proporsi come candidato per il Quirinale. Sogno che gli alleati non hanno comunque intenzione di infrangere. Anzi, si apprende da alcune indiscrezioni, Lega e Fdi potrebbero anche proporre il Cavaliere nelle prime votazioni come candidato di bandiera. Sarebbe, in assenza di un accordo complessivo, almeno un omaggio all’anziano leader, non si sa quanto gradito dall’interessato il cui nome sarebbe comunque “bruciato”. Persino Romano Prodi ha difeso il fondatore di Mediaset (“La perizia psichiatrica è una follia italiana”) mentre Enrico Letta ha dato atto della sua capacità di unire il centrodestra: “Berlusconi aveva una capacità di federatore che i due capi di oggi non hanno”. La strategia del Cavaliere prevede ora anche qualche evento in presenza, forse prima della chiusura della campagna elettorale. Con l’obiettivo della corsa per il Colle: un obiettivo che ai più appare proibitivo ma che l’ex presidente del Consiglio, con tenacia, non abbandona (vedi La repubblica).
Leggendo queste fantasiose ricostruzioni retrosceniste sono preso da un senso di pena mista a incredulità. Poi, tutto sommato, mi viene spontaneo rifugiarmi nel detto: “tutto sommato, andava meglio quando andava peggio”. Forse Berlusconi spera in questa sua indiretta rivalutazione, forse resta in pista solo per ottenere qualche altro risultato tutto da scoprire, forse il suo ipertrofico ego non ha limiti.
Dal canto suo Romano Prodi, ammette di non avere alcuna speranza di salire al Colle più alto della politica italiana, “perché sono divisivo ed ho opinioni forti, perché non ho l’età e perché i 101 stanno ancora lì e sono più di prima” (vedi La stampa).
Anche lui quanto a ego ipertrofico non scherza, ha una innata vocazione al notabilato, una insopportabile capacità di affermare cose scontate spacciandole per grandi intuizioni politiche. Se si potesse ipotizzare una gara tra lui e Berlusconi sarei in grande imbarazzo, condizionato dal mio “aberlusconismo”, ma anche dalla mia antipatia per Prodi. Ad entrambi però, fatti i doverosi distinguo, devo riconoscere una qualità: quella di essere divisivi sul piano politico, ma federativi dal punto di vista partitico. Hanno incarnato il bipolarismo imperfetto e dopo di loro se ne è andato il bipolarismo e sono rimaste solo le imperfezioni del sistema.
Non ho nostalgie, ma più ci penso e più devo ammettere che “andava meglio quando andava peggio”. Stando a quanto scrive il quotidiano digitale “affaritaliani”, considerando che difficilmente Mattarella dirà sì al bis, a emergere in questa fase sono in particolare due figure più o meno bipartisan che potrebbero avere un largo consenso, a partire dal quarto scrutinio quando sarà necessaria la maggioranza assoluta e non più qualificata. Il primo è quello di Pierferdinando Casini, ex presidente della Camera con un passato berlusconiano e di Centrodestra poi eletto con il Pd e ben visto anche dai 5 Stelle avendo votato la fiducia al Conte II. L’altro nome sul quale stanno ragionando i parlamentari e i leader in questi giorni è quello dell’ex presidente del Consiglio e attualmente giudice della Corte Costituzionale Giuliano Amato. Ex socialista, molto vicino a Forza Italia, potrebbe facilmente prendere voti anche da Pd, una parte dei 5 Stelle e forse anche la Lega. Nonostante la probabile vittoria dei giallo-rossi alle Amministrative, Dem e pentastellati non hanno i numeri per imporre un loro uomo al Quirinale (così come non li ha il Centrodestra) e si sta ragionando su una soluzione di compromesso, anche per evitare la carta Mario Draghi al Quirinale – fortemente sostenuta da Meloni e FdI – che porterebbe quasi certamente il Paese alle elezioni politiche già nella primavera del 2022.
Non so se queste figure siano riconducibili al peggio del passato che diventa meglio del presente. Giuliano Amato è un uomo di rara intelligenza e affascinante cultura polivalente, ma ha una grande incancellabile macchia: era, per dirla con Forattini, il “Ghino di Taschino” di Bettino Craxi. Non era però un portaborse, ma il “suslov”, vale a dire l’ideologo della strategia socialista. Pierferdinando Casini invece era il classico portaborse di Arnaldo Forlani, quindi un riciclato di lusso, un equilibrista del potere sempre in scena da quarant’anni, un navigatore satellitare della pseudo-politica italiana.
Ad Amato bisognerebbe cantare, parafrasando Giorgio Germont in vena di moralista contro Violetta: «Ah, il passato perché, perché t’accusa?». Amato potrebbe rispondere come Violetta: «Più non esiste!». Ma nessuno lo crederebbe perché la sua macchia è come quella di Lady Macbeth: “Una macchia è qui tuttora…Via, ti dico, o maledetta!…”.
Al fumoso e galleggiante doroteo, acutamente e impietosamente soprannominato Pierfurby, saprebbe come rivolgersi mia sorella Lucia, che lo conosceva bene e a cui friggeva la lingua: “Forlani aveva in tribunale la bava alla bocca, è stato condannato a due anni e quattro mesi di reclusione per finanziamento illecito ed affidato in prova al servizio sociale preso la Caritas di Roma…mentre tu sei ancora in pista a blaterare, a ricoprire incarichi prestigiosi e non hai il buon gusto di andartene a casa…”.