Le auspicabili sette vite del gatto Bergoglio

“Nei giorni di ricovero di papa Francesco al Policlinico gemelli alcuni alti prelati si sarebbero incontrati in luogo, data e orari segretissimi per preparare il prossimo conclave. Alle spalle di Bergoglio, di cui evidentemente vedevano e speravano la fine. L’indiscrezione è filtrata da Oltretevere, dopo che il vescovo di Roma ha rispedito al mittente le varie trame occulte per la sua successione, che gli sono giunte alle orecchie durante la convalescenza. Nella conversazione con i fratelli gesuiti, tenuta a porte chiuse a Bratislava, alla domanda «Come sta?» ha risposto con una apparente battuta che in realtà è una vera e propria stilettata per mandare un messaggio forte e chiaro alle orecchie che devono intendere: so degli intrighi. «Sono ancora vivo. Nonostante alcuni mi volessero morto. So che ci sono stati persino incontri tra prelati, i quali pensavano che il Papa fosse più grave di quel che veniva detto. Preparavano il conclave. Pazienza! Grazie a Dio, sto bene».

Ho fatto riferimento alla ricostruzione delle trame vaticane fatta col retroscena di Domenico Agassi su La Stampa. Per dirla in modo scurrile, papa Francesco “sta sulle palle” a parecchia gente, a cardinali, vescovi, preti, laici, teologi, organi di stampa, tutti riferibili ai cosiddetti tradizionalisti, che vedono in lui un pericoloso sovversivo per gli equilibri di potere interni ed esterni alla Chiesa. Non so se, come dicono alcuni osservatori e vaticanisti, papa Francesco abbia più nemici dentro la Chiesa che non fuori da essa. Probabilmente ne ha dappertutto e stanno crescendo in modo inquietante.

L’aspetto che mi preoccupa di più riguarda la possibilità che il papa stia perdendo consensi anche nell’aria più progressista con riferimento soprattutto alle delicate questioni dei preti sposati, delle coppie gay e delle diaconesse.

Da una parte Francesco dice e dimostra di non avere paura, va avanti per la sua strada, continua imperterrito a parlare di problemi sociali, a contenere gli impulsi anticonciliari, a predicare alla sua maniera, a farsi guidare dal Vangelo e non da preoccupazioni di potere. Ha coraggio e forza per rispondere a parole e coi fatti ai suoi detrattori. Però c’è un però. Di fronte alle questioni più delicate riguardanti i divorziati risposati, le persone omosessuali, il celibato sacerdotale, il ruolo della donna, l’eutanasia, l’aborto etc. etc., il papa dà l’impressione di dare un colpo al cerchio dei rinnovatori e una alla botte dei conservatori. Questo è un equilibrio che non va bene e non fa bene né a lui né alla Chiesa, né soprattutto ai soggetti interessati a queste problematiche.

Non vorrei che alla lunga egli si trovasse solo ed isolato, troppo avanti per i retrogradi e troppo indietro per gli emancipati. Lui dirà sicuramente che questi schematismi non hanno giustificazione alcuna a livello evangelico, fatto sta che Gesù metteva in crisi tutti con le sue fughe in avanti e non si preoccupava se qualcuno si scandalizzava e voleva tagliare l’angolo (“volete andarvene anche voi?”).

Lungi da me voler insegnare al papa a fare il papa, faccio già anche troppa fatica a fare il cristiano di fila, figuriamoci se voglio insegnare a Bergoglio come si tiene in mano la bacchetta direttoriale. Mi chiede di pregare per lui e lo faccio spesso e volentieri. Quando lo ascolto spesso mi consolo: è un miracolo, un papa così non l’avrei mai nemmeno pensato! Ecco perché soffro quando lo vedo in frenata, anche se posso capire un minimo di prudenza e una certa aderenza ai principi fondamentali. Come poterlo aiutare al di là della fiducia nello Spirito Santo? Mi sento solo di consigliargli di stare sempre e comunque dalla parte dei poveri, dei migranti e di chi soffre. Quando entra concretamente in questa casistica tutto, almeno per me, va benissimo. Quando ritorna sui principi, almeno per me, rispuntano i guai. I principi, per grandi e importanti che siano, son fatti per l’uomo e la donna e non viceversa.

È troppo pericoloso ribadire i principi e assegnare le aperture ai confessori. Da tempo frequento i confessori di manica larga, quelli che capiscono i problemi. Mia sorella una volta si imbatté con un confessore di mentalità ristretta, che arrivò a minacciarla di non concederle l’assoluzione. Lei ebbe un sussulto di orgoglio e gli disse (la cito a senso): «Se lei mi vuole assolvere bene, altrimenti vorrà dire che andrò a cercare un confessore di mentalità più aperta e di misericordia più grande». Mia madre andava giù ancora più pesante e diceva: «Cäz mäi, andrò davanti al crocefìss e lù al me pardonarà…».

‘Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare’, dice Manzoni giustificando il suo personaggio. Il passo è al capitolo XXV de I promessi sposi ed è la riflessione che Don Abbondio dice a se stesso al termine del colloquio con il Cardinale Borromeo. Papa Francesco il coraggio ce l’ha, glielo ha dato lo Spirito Santo, ma semmai cerchi di darsene un po’ di più, soprattutto su certe questioni che, gira e rigira, fanno riferimento al portafoglio e alla sessualità.