La partita occupazionale è obiettivamente l’altra faccia della medaglia covid: da una parte le vittime morte e sepolte, dall’altra i disoccupati in mezzo alla strada. È un accostamento di gusto piuttosto macabro, ma, volendo proseguire su questa strada, mentre i morti dovrebbero calare, i disoccupati rischiano di crescere a dismisura. Finora il problema è stato messo in frigorifero utilizzando la cassa integrazione, strumento che ha dimostrato tutta la sua utilità, ma che non basta a risolvere il problema delle numerose e non passeggere crisi aziendali.
Il discorso è estremamente delicato e ne sta facendo le spese politiche il ministro del lavoro Andrea Orlando. Da quanto sono riuscito a leggere non ho sinceramente capito se, costretto sulla difensiva, si stia facendo degli autogol, se, obbligato ad intervenire, stia rischiando di mettere il dito tra la moglie confindustriale ed il marito sindacale, se, incapace di mediare seriamente, stia dando un colpo al cerchio ed uno alla botte, se, poco autorevole e preparato in materia, stia prendendo botte da tutte le parti come nel teatro dei burattini.
Non sono un grande ammiratore di Orlando pur ritenendo che il suo valore politico non debba essere tarato sull’aria un po’ dimessa con cui si presenta in un mondo di insopportabili esibizionisti. Credo che Mario Draghi dovrà supportarlo a dovere e forse non basterà perché la materia è veramente incandescente.
Ci vorrebbe una concertazione alla Carlo Azeglio Ciampi anche se i tempi sono cambiati e le situazioni tendono a sfuggire di mano. L’importante però sarebbe che Confindustria non pretendesse una vera e propria liberistica licenza d’uccidere e che il sindacato non intendesse dichiarare una guerra comunisteggiante contro tutto e tutti. I toni non lasciano sperare niente di buono
Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, punta il dito contro il ministro del Lavoro Andrea Orlando in un’intervista al Messaggero sulla questione della proroga del blocco dei licenziamenti a fine agosto: “Avevamo incontrato il ministro ed era stato trovato un accordo per prorogare il blocco al 30 giugno. Poi ci siamo trovati di fronte a un cambio di metodo inaspettato e inaccettabile”.
Protesta sull’altro fronte della barricata anche Maurizio Landini: “Per noi la partita sul blocco dei licenziamenti non è chiusa” ha detto il segretario generale della Cgil. Secondo Landini, vi è il rischio che dal primo luglio vi saranno migliaia di persone senza lavoro e questo perché il Governo ha “ascoltato un po’ troppo Confindustria”. Il confronto tra Governo e parti sociali, spiega Landini, è avvenuto 20-30 giorni fa e si erano registrate posizioni diverse, con Confindustria contraria, Confapi che aveva proposto di prorogare il blocco fino ad agosto e i sindacati che volevano proseguisse fino ad ottobre. “Non si era arrivati a condividere una posizione – fa notare il leader sindacale – poi sui giornali si legge che Confindustria aveva un accordo con qualcuno, ma non si capisce con chi”.
In un clima simile, fatto di sfiducia, incomprensione e faziosità, non so dove si vada a finire. Insisto col dire che non si può pretendere di salvare le aziende con un bagno di sangue a livello dei lavoratori, ma non si può nemmeno pensare di continuare a tener i lavoratori in bilico ed a busta paga della collettività. Quando si dice che la pandemia ha messo in crisi il sistema economico ed il modello di sviluppo si è nel giusto. Ora però viene il bello. Penso che le parti sociali debbano rendersi disponibili a grossi sacrifici nell’ambito di una concertazione che preveda riconversioni industriali e mercantili, flessibilità occupazionale e investimenti pubblici e privati.
Non cominciamo a parlare di scioperi e non facciamo assurde polemiche contro il governo. La partita è colossale e partire col piede sbagliato potrebbe essere disastroso. Non nascondo che il Partito democratico si gioca molto della sua credibilità e capacità con il ministro Orlando: guai a lasciarlo solo e a farne una vittima sacrificale mentre magari Enrico Letta si esercita a fare il fine dicitore a latere del governo.
Da parecchio tempo il nodo essenziale della sinistra politica è proprio quello di coniugare la difesa dei diritti a livello sociale (il lavoro è quello più clamorosamente importante e decisivo) con la scarsità dei mezzi finanziari a disposizione, ristrettezza che impedisce di salvare le aziende come si poteva fare un tempo (magari sbagliando…) e di far portare certi pesi alla collettività (non c’è più trippa per i gatti). Se questa sfida era problematica prima della pandemia, immaginiamoci ora…
A livello macroeconomico vedo una politica fiscale che favorisca al massimo chi investe in settori “puliti” ed innovatici creando posti di lavoro e penalizzi i patrimoni improduttivi. Verrò immediatamente tacciato di demagogia…Ci vorrà molto tempo ed è difficile prevedere cosa potrà succedere nel frattempo. Una cosa è certa: le polemiche non servono a niente!