Quer pasticciaccio brutto de AstraZeneca

Come si suole dire in dialetto parmigiano, l’ho tôta su dólsa: ho reagito cioè in modo semiserio all’incipiente casino della vaccinazione AstraZeneca. Poi però, vuoi per la crescente dimensione del fenomeno, vuoi per le ripercussioni che si sono giustamente estese, vuoi soprattutto per le reazioni degli addetti ai lavori, ho dovuto riflettere seriamente su quello che sta diventando un vero e proprio pasticciaccio.

La politica, come al solito – non c’è Draghi che tenga – ha balbettato giocando da una parte penosamente di rimessa e dall’altra gridando strumentalmente al reiterato scandalo europeo. Fatto sta che con grave ritardo e con il solito mancato concerto l’Unione Europea si è mossa a rimorchio degli eventi dando l’impressione alla gente di essere abbandonata a se stessa. Dopo la inqualificabile contrattazione è arrivata la colpevole fuga dalle responsabilità. Lungi da me fare il verso ai salvinisti di turno, ma la UE ha perso due occasioni storiche per battere un colpo ed ha brillato per la propria inconcludenza: una ferita non facile da rimarginare.

La scienza, come al solito, ha parlato lingue diverse: si è andati e si va dalla cautela grilloparlantesca alla sicumera pinocchiesca. Si continua a (s)parlare bene. Le reazioni metodologicamente più intelligenti hanno registrato una certa soddisfazione per la pausa di riflessione, più subita che adottata con l’illusione di poter riprendere nel giro di pochi giorni a pontificare come e meglio (si fa per dire) di prima. Non sarà più come prima, il terreno è stato inquinato e non potrà mai più essere veramente bonificato: la perdita di credibilità della campagna vaccinale sarà irrimediabile con enormi ripercussioni sulla già drammatica situazione. Abbiamo sprecato in tutto o almeno in parte l’arma più importante che avevamo in mano. A tutti, come minimo, anche nella migliore delle ipotesi, rimarrà il dubbio sulla innocuità del vaccino e sui pronunciamenti scientifici futuri resterà l’ombra dell’opportunismo, vale a dire della “ragion di vaccino”. Oltre tutto varrà la regola del vaccino cattivo che scaccia quello buono: AstraZeneca trascinerà nel dubbio e nella perplessità anche tutti gli altri vaccini presenti e futuri, fornendo un assist incontenibile al dilagamento del “no vax”.

Le autorità scientifiche – c’è da perdere la testa con tutte le sigle che si sovrappongono ai vari livelli – inizialmente restie a prendere il toro per le corna, hanno ripiegato su un burocratico atteggiamento di rimessa, della serie “accertiamo e rassicuriamo tutti”, senza ammettere che non si accerterà un bel niente e si rassicurerà ancor meno. La frittata è fatta e anche il più serio ed equilibrato cittadino avrà sempre l’atroce dubbio che tutto sia dovuto alla fretta poco scientifica e molto concorrenziale con cui è stata gestita la ricerca e la produzione dei vaccini in presenza di controlli insufficienti da parte delle stesse autorità scientifiche e in assenza totale di controlli da parte delle autorità di governo nazionali, europee e mondiali. Se lo Stato non ha il potere di intervenire sulla strategia delle grandi imprese farmaceutiche in un simile drammatico frangente, mi chiedo cosa ci stia a fare. Qualcuno dirà che sto diventando comunista, magari un comunista di sagrestia come sono sempre stato considerato. Mi sovviene al riguardo una frase di dom Helder Camara, vescovo brasiliano: «Quando do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo, ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista».

I più intelligenti ed equilibrati commentatori di politica economica si limitano a registrare la soddisfazione per essere, tutto sommato, arrivati in tempi brevi ad un vaccino capace di tirarci fuori dai guai e rimettere in carreggiata lo sviluppo economico. Sono i benpensanti sistemici, che non hanno capito niente o meglio fingono di non capire che l’economia, se e quando ripartirà, lo dovrà fare con un treno totalmente diverso. Non c’è vaccino che tenga, figuriamoci se potrà tenere AstraZeneca…

Si fa un gran discutere della terza ondata pandemica, a che punto sia e se farà ulteriori danni. Ebbene siamo riusciti a inventare la quarta ondata, quella del dubbio e della paura vaccinale: temo che purtroppo non abbia ritorno. Avete presente rimettere il dentifricio nel tubetto dopo averlo sprecato nel lavandino? Comunista e pessimista!