Il segretario del Pd Enrico Letta va all’attacco di Matteo Salvini dopo lo scontro nella maggioranza sul tema della rottamazione delle cartelle esattoriali. Scontro che ha visto unito l’asse Lega-M5S, favorevoli a un condono totale, contro Pd e Leu propensi a un intervento più misurato.
“Molto bene – scrive Letta su Twitter – Il Decreto Sostegni interviene su salute, scuola, turismo, cultura e aiuta lavoratori e imprese. Bene Draghi. Bene i Ministri. Male, molto male che un segretario di partito tenga in ostaggio per un pomeriggio il cdm (senza peraltro risultati). Pessimo inizio Salvini”. Dopo qualche ora arriva la replica del leader leghista: “C’è chi pensa allo ius soli e c’è chi pensa ad aiutare gli italiani in difficoltà con un decreto da 32 miliardi. Basta con le polemiche, Enrico stai sereno”.
Se Enrico Letta è tornato in campo per innescare simili scaramucce, poteva tranquillamente starsene a Parigi a fare il finto notabile. Volenti o nolenti, col governo Draghi, Salvini è stato costretto a scendere a più miti consigli rispetto alle sue solite sbruffonate. Non andiamo a stuzzicarlo in un nostalgico gioco di cui l’Italia può fare a meno. Non mi sembra proprio il caso di vivere con la strumentale paura politica che Draghi finisca col darla su a Salvini per il quieto vivere, spostando l’asse governativo a destra.
Capisco l’esigenza identitaria del Pd, ma non partiamo col piede sbagliato, cercandola nello scontro a tutti i costi con un traballante Salvini, offrendogli demenziali assist che lo rafforzano agli occhi del suo elettorato assai spiazzato e perplesso sul nuovo corso leghista. Non confondiamo la strategia con la tattica e la tattica con la polemichetta spicciola.
Provo ad andare al merito della compatibilità di un condono fiscale, consistente in un colpo di spugna sulle cartelle esattoriali passate, con l’esigenza di non premiare l’evasione. In linea teorica appare come un premio ai furbi e l’ennesima botta ai coglioni. Non è però il momento di sottilizzare e un segnale, seppure equivoco, di disponibilità ad alleggerire le tasse non mi sembra del tutto sbagliato. Siamo in un momento talmente drammatico da rendere giuste le cose ingiuste, pur di galleggiare sul mare di cacca che ci inonda. Non credo che Draghi abbia solo voluto dare un contentino a Salvini, ma offrire una ragionevole via d’uscita a contribuenti probabilmente scorretti ma attualmente in gravi difficoltà.
E poi non resta altro che continuare a fidarsi di Draghi: lo abbiamo giustamente invocato ed ora teniamocelo stretto e diamogli una mano senza creargli grane politiche. In altri tweet il segretario dem ha lodato l’azione dei suoi ministri, Dario Franceschini e Andrea Orlando, per gli interventi a favore rispettivamente della Cultura e della protezione dei lavoratori. E ha concluso: “Il Pd unito rende efficace e forte il governo”. Politica di bassa macelleria. Appaiono fuori luogo questi giochetti a mettere il cappello sul governo Draghi quando fa comodo e scaricare le colpe sulla Lega quando il governo adotta provvedimenti non del tutto condivisibili.
In casa PD sento uno strano odore di improvvisazione con un vogliamoci bene vuoto e inconcludente. Scaricare le incertezze e contraddizioni interne facendo guerra al nemico esterno è un vecchio trucco, che lascia il tempo che trova. Non sto capendo niente di quel che succede nel partito democratico: non pensi Enrico Letta di emozionare gli elettori, sventolando qualche sacrosanta seppur logora bandierina identitaria (mi riferisco allo ius soli). Se voleva fare incazzare Salvini, non c’è riuscito perché il leader leghista non aspettava altro. Se intendeva ricompattare l’area di sinistra, sappia che non sarà così semplice in vista del dopo Draghi e delle prossime elezioni. Se voleva tracciare una strada, temo che il vento disperda in fretta un simile segnale direzionale. Aspetto e spero qualcosa di più.