Lungi da me santificare gli operatori sanitari che non intendono vaccinarsi contro il covid, ma, prima di colpevolizzarli, vorrei capire, come mai persone culturalmente attrezzate in materia, esposte notevolmente al rischio di contaminazione, pur sapendo che tanti loro colleghi ci hanno lasciato finora le penne, si intestardiscono a non volersi sottoporre a vaccinazione.
Siamo in prossimità della Pasqua e mi viene spontaneo fare riferimento a quanto disse Nicodemo agli sbrigativi colleghi colpevolisti del Sinedrio: «La nostra legge non ci permette di condannare un uomo senza prima ascoltare da lui cosa ha fatto».
Quindi prima di approvare un decreto contro gli operatori sanitari, che non si vaccinano, con la previsione di penalità consistenti nel trasferimento, nelle ferie forzate o addirittura nel licenziamento, vorrei tanto capire le motivazioni di questo atteggiamento recalcitrante al limite della legalità. Da tempo mi chiedo il perché di questo comportamento apparentemente irrazionale e irresponsabile e non riesco a trovare giustificazioni plausibile se non il generico timore delle controindicazioni del vaccino, che per la verità molti nutrono e superano, mentre parecchi non riescono a superare.
Su questo discorso si scontrano due principi: il senso civico richiesto al cittadino ed il suo diritto alla libertà di cura. Il senso civico vale per tutti, ancor più per soggetti che svolgono particolari funzioni a servizio della collettività, come è per gli operatori sanitari. Il diritto a rifiutare il vaccino è intoccabile, ma bisognerebbe coniugarlo con il diritto alla salute degli altri. Il problema è estremamente delicato e non vorrei essere nei panni della ministra della giustizia Marta Cartabia a cui è stato delegato il compito di stendere al riguardo un provvedimento. La sua competenza deriva dall’incarico ministeriale che ricopre, ma anche dalla preparazione ed esperienza giuridica acquisita anche e soprattutto a livello costituzionale. Sì, perché qui è in ballo la Costituzione nei suoi principi fondamentali.
Il decreto che dovrà sanzionare gli operatori sanitari andrà studiato molto bene ad evitare code interminabili di controversie legali facilmente immaginabili. Piove sul bagnato dei problemi che non mancano: aggiungiamoci pure anche questo. Non ho idea come potrà funzionare una soluzione giuridica che salvi capre e cavoli. Forse però sarebbe meglio affidarsi ad un tentativo serio e stringente di convincimento delle persone interessate, dopo aver capito e valutato le loro rimostranze e prima di aprire un contenzioso molto brutto da ogni punto di vista.
Siamo sul filo del rasoio. D’altra parte tutto il comportamento dei governanti centrali e periferici viaggia sul filo del rasoio. Si continua imperterriti ad adottare strumenti legislativi molto discutibili, anche se l’emergenza, che sta diventando purtroppo la normalità, impone misure drastiche e immediate. Vorrei però chiedere al presidente Mario Draghi: perché tanta prudenza e comprensione nei confronti di certi comportamenti assurdi e contraddittori da parte di certe Regioni e tanta fermezza interventista verso i medici e gli infermieri dubbiosi sugli effetti dei vaccini? Perché si esita a commissariare una Regione che gestisce la sanità “alla cazzo di cane” e si ipotizza il licenziamento per un camice, bianco o verde come dir si voglia, reo di nutrire perplessità sui vaccini anti-covid? Se è vero, come è vero, che un medico non vaccinato può infettare i suoi pazienti e causarne seppure indirettamente ed al limite anche la morte, è altrettanto innegabile che certe scelte regionali, dettate da incapacità, incompetenza, disorganizzazione e velleitarismo autonomista, possono comportare conseguenze ancor più gravi sulla salute dei cittadini.
Due pesi e due misure? Non vorrei che anche in questo caso ci fossero gli intoccabili per motivi politici. E se spuntassero gli intoccabili per motivi sindacali? Se andiamo avanti così, temo che al cittadino non resti altro da fare che toccare ferro (per non dire di peggio) e sperare bene.