“Un’altra morte sospetta, a Biella, di un insegnante di musica, 57 anni, che il giorno prima aveva ricevuto il vaccino di AstraZeneca. E una volta di più scatta il cortocircuito. Le autorità sanitarie del Piemonte si precipitano a bloccare il siero anglo-svedese (salvo precisare due ore dopo che si sospenderà solo un lotto). Non sono le sole, peraltro, visto che anche l’Irlanda ieri ha sospeso le vaccinazioni con AstraZeneca, allineandosi alla Norvegia, e seguendo i timori di Danimarca, Islanda, e Bulgaria” (la Stampa del 15 marzo 2021). Seppure in ritardo anche Francia, Spagna, Germania e Italia hanno interrotto le somministrazioni di AstraZeneca.
“Stai sereno” disse il conte Renzi e dopo qualche giorno vomitò nell’ampia scollatura della contessa Letta. Ci sono voluti alcuni anni per ricomporre quella imbarazzante scollatura: la rivincita della serenità è arrivata, ma c’è voluto il suo tempo e poi…le cose non sono comunque più le stesse.
Nella mia classe avevo uno stupendo compagno di banco insieme al quale ho fatto tutto il cammino scolastico: era bravo, studioso, collaborativo, paziente, coraggioso. Era però piuttosto emotivo e, quando veniva interpellato dagli insegnanti, andava un po’ in agitazione. Agli altri compagni non pareva vero metterlo in qualche ulteriore difficoltà allorquando un professore chiedeva chi volesse leggere il brano oggetto della lezione: «… legge molto bene!». Poi, non contenti di averlo messo in imbarazzo, si rivolgevano a lui e lo infastidivano dicendo: «Su, mi raccomando, stai calmo…». E lui naturalmente si agitava ancor di più.
È una storia vecchia come il cucco: se vuoi mettere in ulteriore agitazione una persona, a prescindere dal motivo che la sta assillando, dille continuamente di stare calma e otterrai immancabilmente il risultato consistente in una irrefrenabile, incontenibile e paralizzante apprensione. Detta con la gustosa acutezza di mio padre: «Se du i s’ dan dil plati par rìddor, a n’è basta che vón ch’a guarda al digga “che patonón” par färia tacagnär dabón».
Tutti i giorni purtroppo da AstraZeneca arriva un patonón vaccinale, fatto di misteriose morti di persone sottoposte a vaccinazione: partono i sequestri dei lotti di vaccino da cui provenivano le dosi sospette (‘L è mei stär in-t-i primm dan), partono gli alt ampi e cautelativi in alcuni Stati, fra cui, seppure in ritardo, anche l’Italia (I stan da la pärta dal mánogh); l’azienda produttrice smentisce categoricamente ogni e qualsiasi collegamento con la qualità del prodotto (e fin qui la cosa potrebbe essere addirittura ovvia: “Dmanda a l’òst s’al ga dal vén bón”); le autorità scientifiche, come al solito in ordine sparso, lanciano messaggi tranquillizzanti (non fosse altro che per evitare pessime figure dopo avere testato la validità di questo vaccino: “Méstor mi e méstor vu e la zana d’indò vala su?”); le autorità di governo, per tutte il ministro Speranza, che forse ci ha piantato un pisolino – il cui nome in questo caso rischia di suscitare più ilarità che tranquillità (“La sperànsa di malvestìi ca faga un bón invèron”) – affermano apoditticamente che “in Italia i vaccini utilizzati sono efficaci e sicuri”(I nin san cmè un pòvor butér); le autorità giudiziarie aprono inchieste a babbo morto previe autopsie (con eserciti di periti dispiegati sul campo: “Scampa caval che l’èrba la crèssa”).
Il minimo che possa succedere è un attacco generalizzato di panico: vai a far capire che forse tutto è puramente occasionale, che tutti i farmaci possono avere reazioni letali, che, insomma, una rondine mortale non guasta la primavera vaccinale.
In mezzo alle delinquenziali gufate dei no-vax, agli ironici sorrisetti demenziali dei negazionisti, ai supponenti e ultimativi messaggi degli addetti alla scienza, ai soliti burocratici pronunciamenti dei governanti, ci dovrebbe stare il silenzio dettato dal buonsenso assieme alla paura della gente, che fa novanta ed alla reazione composta e rassegnata delle persone, che, allargando le braccia, sussurrano “speriamo bene…”. Siamo ben lontani dagli assurdi inviti dell’“andrà tutto bene”. La serenità (?) è l’anima della sopravvivenza.