Al spirit äd contradisión

«Nel frattempo, gli esclusi continuano ad aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza». Secondo il papa, quindi, «diventiamo incapaci di provare compassione. La cultura del benessere ci ha come anestetizzato, costringendoci a divinizzare il dio denaro, ovvero l’obiettivo di Mammona».    

Come dargli torto? Mi permetto però di introdurre un’altra caratteristica peculiare del nostro tempo: “la contraddizione”, intesa come quell’insieme di fenomeni deteriori che accompagnano lo sviluppo e che sembrano limitarne la portata fin quasi a contraddirlo. Forse potrebbero essere anche le due facce della stessa medaglia.

Prendiamo, tanto per (non) cambiare, il discorso dei vaccini contro il covid. Ci accapigliamo  dentro di noi e fra di noi  per decidere se sottoporci o meno alla vaccinazione; pretendiamo assolute certezze mentre ci vengono offerte solo probabili incertezze; ci arrabbiamo se i lotti vaccinali arrivano in ritardo mentre ce ne freghiamo altamente di milioni di africani, che il vaccino forse non lo vedranno mai e magari ci riporteranno a casa il virus che noi pensavamo di avere allontanato per sempre;  alcuni non ne vogliono sapere di vaccino (i no vax in preoccupante crescita), altri si mettono pazientemente in fila quali mendicanti per una vaccinazione di risulta a fine giornata.

Molti scalpitano e creano vergognosi assembramenti consumistici nonostante i divieti vigenti, altri creano lunghe code di fronte ai centri di distribuzione di aiuti alimentari da parte delle associazioni di volontariato: agli assembramenti irrazionali e svampiti dei ricchi fanno da contraltare quelli necessitati e disperati dei poveri; pretendiamo ristori, sostegni, sgravi fiscali, in una sorta di rincorsa alla botte piena e alla moglie ubriaca e non ci rassegniamo prima di tutto a  ripartire equamente gli imprescindibili sacrifici per poi elargire gli aiuti a chi ne ha veramente necessità: aiutare tutti e subito è purtroppo impossibile. Ciò non significa rinunciare a chiedere aiuto, ma, come mi ha insegnato mio padre, essere consapevoli che spesso chi grida più forte non è colui che ha maggiore bisogno di aiuto.

Andiamo alla disperata ricerca del Dio/Scienza e rifiutiamo sdegnosamente il Dio /Croce; ascoltiamo in religioso silenzio i virologi che ci dicono continuamente tutto e il suo esatto contrario mentre contestiamo le pur confuse e contraddittorie regole, che ci vengono imposte: a contraddizione rispondiamo con la contraddizione. Ho letto in questi ultimi giorni autorevoli scienziati affermare che la prossima estate saremo a buon punto nella lotta al coronavirus, mentre altri rimandano la palla a fine anno con tanto di quarta ondata ancor più aggressiva e letale. Chi (non) vivrà, vedrà.

Chiediamo a Mario Draghi poche parole e molti fatti, poi ci lamentiamo se non parla, perché desideriamo farci ingannare ed illudere (sentiamo lontano un Draghi in versione sobriamente democratica e istituzionale o lo apprezziamo maggiormente in chiave populistica quando ammette di sottoporsi a vaccinazione come noi poveri mortali?); abbiamo nostalgia di un redivivo Mussolini che prometteva di fare arrivare i treni in orario e ci delude un Draghi che non riesce a far arrivare a tempo debito gli stock vaccinali contrattati in altra sede; ci piace l’idea di un Mussolini che a torso nudo va a mietere il grano e non ci affascina l’immagine di un Mattarella che aspetta riservatamente il proprio turno per sottoporsi a vaccinazione.

Auspicavamo un governo unitario di salvezza nazionale e adesso che, bene o male ce l’abbiamo, ci scandalizziamo e soffiamo sul fuoco delle polemiche fra i partner della larghissima coalizione presieduta da Draghi; volevamo che la politica di stampo prettamente partitico si facesse da parte per lasciare campo libero alle competenze tecnico-scientifiche e poi ci perdiamo a guardare il dito della polemica politica perdendo di vista la luna dell’emergenza sanitaria ed economica.

Eravamo diventati improvvisamente tutti (o quasi) europeisti per portare a casa un consistente gruzzolo di aiuti salvo poi ritornare sovranisti di fronte alle indubbie manchevolezze dell’Unione Europea nella gestione dell’approvvigionamento e del controllo scientifico dei vaccini; sapevamo benissimo che Mario Draghi non aveva la bacchetta magica, ma preferivamo illuderci che l’avesse nascosta in qualche cassetto della Bce, mentre strada facendo ci accorgiamo che i miracoli non fanno per noi poveri mortali; volevamo discontinuità a trecentosessanta gradi e non ci accontentiamo di un cambio di passo a livello metodologico e di un graduale mutamento di indirizzi programmatici e di prassi amministrativa: o tutto o niente.

Siamo vittime della contraddizione eretta a sistema, ammetto onestamente di non esserne estraneo: in una situazione difficile come quella attuale chi non ha dubbi e ostenta certezze o è un pazzo o è un ingannatore. Un conto però sono i dubbi che dovrebbero indurre a pensare, riflettere e tacere, un conto sono le contraddizioni che portano a sbraitare, a sputare sentenze, a snocciolare incongruenze come se fossero ciliegie.

C’è una simpatica barzelletta: una persona entra in un negozio molto ben approvvigionato e chiede una grossa quantità äd spirit äd contradisión. Il gestore tranquillizza il cliente e lo affida immediatamente alle cure della moglie specializzata in materia, chiamata immediatamente al bancone. Nella nostra società, come in quel negozio, non manca questo artificioso prodotto.