05/02/2018

Letture bibliche nella liturgia del giorno

 

1Re 8,1-7.9-13; Salmo 131; Marco 6,53-56.

 

Riflessione personale

 

Mantengo ancora intatto il mio innato e debordante senso religioso e del sacro, che esprimevo già da bambino, trascinando in chiesa mia nonna paterna, durante le passeggiate mano nella mano (mi dava dolcemente atto di essere disciplinato e di non mollare la presa: era così buona che non si poteva metterla in difficoltà). Nonna Annetta (la Netta per tutti) si lamentava scherzosamente di me dicendo: “Mo guärda coll ragas chi: ch’al me tira in ceza, mi che gh’ són mäi andäda”.

Non basta però andare in chiesa. I più acuti e sferzanti osservatori politici sostenevano che Giulio Andreotti andasse in chiesa per confabulare coi preti, mentre Alcide De Gasperi ci andava per pregare. E io cosa ci vado a fare? Sì, perché tutto dipende da cosa cerco, varcando la soglia del tempio. Quando Salomone trasferì l’arca dell’alleanza nel tempio, solo dopo che i sacerdoti furono usciti Dio ne prese possesso tramite la nuvola in cui abitava. Mi viene spontaneo richiamare una battuta piuttosto anticlericale, secondo la quale se si cerca un prete non si deve pensare di trovarlo in chiesa, ma altrove. Può avere però un doppio senso: quello di essere tentati di scantonare nel profano, ma anche quello di non illudersi che il senso religioso della vita si esaurisca frequentando le chiese.

I contemporanei di Gesù lo cercavano insistentemente, lo asfissiavano, non lo lasciavano nemmeno respirare: volevano le guarigioni, i miracoli, i segni portentosi. Cercavano un liberatore: quelli dotati di senso politico dall’oppressione romana, gli altri dalle sofferenze umane. Poi, quando si arrivò al dunque, rimasero delusi e gli si rivoltarono addirittura contro. E io, quando arrivo al dunque, cosa cerco e cosa faccio?