La democrazia cliccata

Che i partiti al loro intero non brillino per partecipazione e democrazia è un dato di fatto difficilmente contestabile. I motivi sono tanti: la sfiducia generalizzata dei cittadini verso la politica, la corruzione e la disonestà di troppi esponenti politici, la perdita di credibilità sia a livello governativo che di opposizione, l’eccessiva personalizzazione delle leadership, l’incoerenza e la contraddittorietà dei comportamenti, la mancanza di ideali e di valori nella società, la fine delle ideologie che garantivano comunque un’adesione forte, la scomparsa dei meccanismi selettivi, che un tempo, seppure brutalmente o correntiziamente, consentivano un vaglio nell’assegnazione di incarichi e candidature, la crisi economica, che preoccupa e distoglie l’attenzione dai meccanismi istituzionali, e via discorrendo.

Anche le recenti candidature al Parlamento non sono state frutto di partecipazione, anche se un po’ tutti si sono preoccupati, in vista delle elezioni, di “improvvisare” rappresentanze della cosiddetta società civile.

Il dato che però mi ha più impressionato, strappandomi persino qualche amara risata, è quello del movimento cinque stelle: costoro si spacciano per paladini della democrazia e della partecipazione, cavalcano l’onda del web, si ergono a fautori del ripristino della legalità democratica, fanno i grilli parlanti ed i primi della classe. Ebbene, alle parlamentarie, vale a dire alle consultazioni informatiche tenute dai grillini, hanno partecipato meno di 40.000 persone con la conseguenza che i più cliccati sono stati proposti e sono entrati in lista con poche centinaia di voti, alcuni addirittura con poche decine di segnalazioni.

E questa sarebbe la nuova versione della democrazia partitica? Preferisco di gran lunga le candidature partorite dalle direzioni dei partiti, almeno rimane un minimo di vaglio politico da parte di una dirigenza nominata dagli iscritti al partito, nel caso del PD addirittura con milioni di voti per la scelta del segretario. Ammettiamo pure che Matteo Renzi abbia usato il pugno di ferro nella scelta dei candidati piddini, ma almeno lui è stato votato da parecchia gente, ha intorno un gruppo dirigente, ha una minoranza interna con cui deve fare i conti.

Lo spontaneismo grillino è la versione riveduta e scorretta dell’assemblearismo sessantottino. L’ho vissuto, seppure marginalmente nelle battaglie universitarie, laddove si votava e si sceglievano i rappresentanti per sfinimento, dopo interminabili e logorroiche riunioni in cui si discuteva di tutto, da Adamo ed Eva in avanti, per contestare tutto e combinare ben poco. Allora però c’era un forte pathos ideologico, una forte disponibilità all’impegno, una notevole preparazione politico-culturale. Di tutto ciò non vedo nulla nelle ridicole consultazioni grilline e nemmeno nella vita interna di un movimento, dilaniato al proprio interno, impreparato, inesperto, rissoso nei toni e vuoto nei contenuti.

Non lo dico con soddisfazione, anzi…