Il masochistico linguaggio della paura

La storia insegna come tutti i regimi, al loro nascere e per il loro consolidamento e mantenimento, abbiano utilizzato e cavalcato le paure. Volendo rimanere in Italia, il fascismo al suo nascere enfatizzò il rischio di una possibile rivoluzione marxista, strumentalizzò il clima di incertezza di fronte al malcontento dilagante di carattere economico e sociale, si presentò come elemento rassicurante rispetto ad un futuro carico di incognite e di conflitti.

Negli anni settanta fu la vicenda del golpe cileno, nato come reazione alla paura di una sinistra incapace di governare e di frenare le proteste sindacali e di piazza, ad innescare in Italia il discorso del compromesso storico, vale a dire di un dialogo e di un patto tra le forze popolari, che potesse garantire un evoluzione pacifica delle trasformazioni socio-economiche ed un’ evoluzione progressista della politica. Questa seria prospettiva fu disturbata, complicata e interrotta da una serie di eventi interni ed internazionali, che privarono la politica italiana del disegno berlingueriano e moroteo, sprofondandola nell’incertezza e nella confusione di cui ancor oggi si notano e si soffrono le conseguenze.

Negli anni novanta con la crisi del patto di potere tra democristiani e socialisti si aprì una fase nuova ed ecco spuntare i seminatori di paura. Berlusconi agitò la bandiera dell’anticomunismo, poco importando che il comunismo praticamente non esistesse più: bastava seminare la zizzania di una sinistra che avrebbe rovinato il Paese sprofondandolo nel caos. Gli Italiani ci cascarono alla grande e fu un quasi-regime ventennale.

Nonostante tutto Silvio Berlusconi tenta il bis, aggiustando il tiro, ma facendo sostanzialmente un’operazione molto simile: “Se l’Italia cadesse nelle mani dei ribellisti, dei pauperisti, dei giustizialisti, il Paese pagherebbe un grande prezzo, pure in termini di isolamento internazionale, ma sarebbe un serio problema per tutta l’Europa. Sarà il centro-destra ad impedire che si precipiti in un “baratro pericoloso”.

Alla cavalcata salottiera delle paure, si accompagna quella sbracata della Lega: “L’Italia deve salvarsi dalla deriva extra-comunitaria, dal clima delinquenziale che ci condiziona, dalla compressione economica che ci tarpa le ali”.

Due modi di intendere, creare e strumentalizzare le paure. Della serie “turatevi il naso per non lasciare il potere in mano ai grillini ed a quanti vogliono governare i problemi”.

Esistono alcune differenze fra la tattica del novantaquattro e quella odierna. Allora il comunismo non esisteva più, oggi il grillismo esiste eccome; l’antipolitica poteva essere interpretata da Forza Italia, Lega e Alleanza Nazionale, mentre oggi viene interpretata su fronti opposti dal M5S e dalla Lega; il centro-sinistra è sempre diviso, ma mentre all’inizio degli anni novanta poteva essere considerato un epigono dei comunisti nostrani, oggi viene considerato fin troppo accomodante e continuista; Berlusconi, pur essendo un personaggio assai noto politicamente parlando, non aveva ancora governato, mentre ai giorni nostri ha dato ampia e tragica dimostrazione di incapacità e di grave commistione con interessi particolari.

L’effetto sorpresa, che a suo tempo giocò un ruolo fondamentale per il successo elettorale berlusconiano, non dovrebbe più esistere, a meno che gli Italiani non abbiano la memoria talmente corta al punto da volerci masochisticamente riprovare. La campagna elettorale si sta purtroppo radicalizzando nello scontro tra anti-politica e politica di destra. Il terzo incomodo, il PD rischia di essere schiacciato dall’irrazionalità dell’elettorato e condizionato a sinistra dai rigurgiti demagogici.

Purtroppo temo che l’elettore non abbia alcuna paura delle trombonate narcisistiche di Grillo, delle tensioni addominali di Salvini e delle pelose rassicurazioni di Berlusconi. La paura esiste solo per gli immigrati e per la politica. Sotto la coperta della paura, per chi vota a destra sono sempre convinto non giochino tanto fattori ideologici o politici, ma i propri egoismi: Berlusconi è maestro nel cucinarli a dovere. Per chi vota M5S non conta il desiderio di far evolvere la politica verso i bisogni collettivi, ma lo sprezzante rifiuto di ogni e qualsiasi politica. Se è così, per il PD la gara si fa molto dura. Non voglio ripetere preventivamente il discorso saragattiano   del “destino cinico e baro”, ma, quando non ci si intende sulle questioni di fondo, quando il linguaggio è quello della paura, a parlare si sbaglia sempre. E tacere non si può, allora…