Ritorno per un attimo alla mia unica esperienza diretta di candidatura elettorale: quella a consigliere comunale, nelle lontane elezioni amministrative a Parma del 1975. Come al solito cominciarono a prendere consistenza i dubbi e le perplessità: la campagna elettorale sarebbe stata troppo difficile ed impegnativa ed avrebbe rischiato di sottrarre tempo alla mia ben avviata professione; all’interno del partito, la DC, la mia convinta adesione alla componente minoritaria di sinistra mi metteva in una posizione di debolezza; la lista si preannunciava zeppa di candidati veri; la mia notorietà era limitata, considerata la giovane età (25 anni) e l’esperienza modesta in campo politico e sociale. Tra i motivi contrari alla candidatura pesava come un macigno il mio atteggiamento di severa critica verso la gestione del partito a Parma, un partito in cui facevo sempre più fatica a riconoscermi ed a collocarmi convintamente, nonostante mi rendessi conto della necessità di sostenere la visione più aperturista e progressista, portata avanti dalle componenti di sinistra: non mi vergogno ad ammettere che la mia adesione alla D.C. era mediata dalla fiducia nella linea avanzata, testimoniata in primis, almeno a Parma, da Carlo Buzzi (forse prima di essere democristiano ero Buzziano).
Ci stavo ripensando e propendevo per il no: forse era meglio lasciar perdere. Non ricordo in qual modo, ma Carlo Buzzi, il mio indiscutibile leader, espresse la volontà di parlarmi a quattrocchi: il colloquio si svolse nella semplice ed austera saletta attigua al suo studio, una chiacchierata da uomo a uomo, da amico ad amico. Buzzi mi chiese quali fossero le mie intenzioni non nascondendo, fin dall’inizio, il suo parere favorevole ad una mia scesa in campo. Gli spiegai con calma i dubbi e le perplessità che erano insorti, soffermandomi particolarmente sul giudizio aspramente critico nei confronti della D.C. parmense: come e perché candidarmi nella lista di un partito di cui ero un tesserato, un militante, ma sempre più con forti divergenze verso la sua linea politica a livello nazionale, ma soprattutto a livello locale (si trattava infatti di una consultazione elettorale amministrativa).
Il mio autorevole interlocutore non perse tempo ad analizzare i motivi contrari da me addotti, ma andò dritto al cuore del problema fulminandomi con una similitudine: “Vedi Ennio, mi disse in tono mite ma estremamente serio, Ulisse Corazza, l’eroe che diede la vita sulle barricate antifasciste del 1922, era un consigliere comunale del partito popolare, era un giovane più o meno come te, un uomo dell’oltretorrente come te, era un cattolico come te, era critico nei confronti del suo partito come te e forse più di te”. Accettai di candidarmi, feci la mia serrata campagna elettorale, persi la battaglia, ma fortunatamente non la faccia.
Ho richiamato questa modesta esperienza personale per sottolineare la sofferenza di una candidatura e del percorso che vi dovrebbe essere a monte, quel che non trovo nella bagarre per le prossime elezioni politiche e anche per alcune consultazioni regionali. Probabilmente alla debolezza della politica e dei valori su cui dovrebbe fondarsi corrisponde la leggerezza con cui emergono le candidature: si tratti delle improvvisazioni social dei signor nessuno o delle investiture opportunistiche dei personaggi di spicco civico e/o mediatico.
Prendo ad esempio la presentazione dell’avvocato di grido Giulia Bongiorno nelle liste della Lega. Partita da simpatie andreottiane è approdata negli anni ottanta ad Alleanza Nazionale; ha seguito Gianfranco Fini nella scissione per poi presentarsi alle elezioni in appoggio a Mario Monti. Improvvisamente si rimette in pista con Matteo Salvini. È vero che la coerenza è ormai un optional, ma tutto ha un limite…Vorrei chiedere a questa illustre principessa del Foro cosa le rimane dell’insegnamento pragmatico di Andreotti, dello spirito nazionalista di Fini, dell’anelito ad un destra moderna cavalcato dallo stesso Fini e miseramente fallito, dell’europeismo e del rigorismo di Monti. Cosa ci azzecca la Lega di Salvini con tutto ciò? Forse ha imparato da Andreotti che, politicamente parlando, è meglio tirare a campare piuttosto che tirare le cuoia.
Da bambino facevo la raccolta di figurine e le scambiavo con gli amici, ce le giocavamo e non le incollavamo neanche sugli album perché rappresentavano un’infantile e innocente merce di scambio. Evidentemente Salvini ha giocato a figurine con Meloni e Berlusconi ed ha strappato loro quella di Giulia Buongiorno. Gli elettori cosa ne diranno? Staremo a vedere su quale album verrà incollata.