I sacchetti biopolemici

Non sono un ambientalista accanito né un maniacale ecologista, ma sinceramente non vedo la materia del contendere nella polemica sorta in relazione all’utilizzo oneroso dei contenitori biodegradabili nell’acquisto di frutta e verdura. Dal punto di vista economico siamo nell’ordine di un costo medio annuo pro-capite di circa 10 euro. Sul piano del rispetto ambientale mi pare una misura razionalmente accettabile e moderatamente utile. Oltretutto dovrebbe favorire la raccolta differenziata e il riciclaggio dei rifiuti. Dov’è il problema?
Un tempo si diceva “cherchez la femme”, oggi si lascia intendere “cherchez Renzi”. Infatti subito è partita l’illazione: le nuove misure, peraltro derivanti da disposizioni europee, favorirebbero un’azienda legata al segretario del PD. Siamo alla follia! C’è la campagna elettorale, lo capisco, ma tutto ha un limite. Ogni e qualsiasi provvedimento legislativo ha una ricaduta economica e dietro di esso può quindi intravedersi un potenziale conflitto di interessi. Successe, mi ricordo benissimo, con l’introduzione dei registratori di cassa, dietro la quale molti videro un favore colossale alla Olivetti che li produceva.
Questa smania dietrologica, accentuata colpevolmente dal regime berlusconiano, che del conflitto di interessi ha fatto un vanto e un dato imprescindibile, ci sta condizionando un po’ troppo. Che la politica rischi di essere immischiata negli affari è cosa nota e piuttosto vecchia. Che negli ultimi decenni la questione sia peggiorata e/o sia stata resa più evidente non c’è dubbio. Di qui a farsi prendere dall’ansia del “retroscenismo” a tutti i costi e dal puntiglio di vedere sempre, comunque e dovunque il lato sporco della situazione, la distanza è notevole. Di cose scorrette ce ne sono già tante, è perfettamente inutile dare ascolto a chi vuole inventarne. Rifiuto categoricamente uno stile politico e giornalistico che butta manciate di fango a vanvera pensando di ripulire così la sporca società. Niente a che vedere con l’auspicabile, coraggiosa ed oggettiva denuncia di fatti e fenomeni irregolari, con le ammirevoli e sacrosante battaglie di verità scomode.
Ma torniamo al merito dei sacchetti biologici. Non dobbiamo essere ossessionati dal rischio dell’inquinamento ambientale, ma cerchiamo di fare tutto il possibile per evitarlo. Qualcuno, come detto, sente odore di business, altri magari cadono nel “benaltrismo”: i sacchetti biodegradabili sono uno specchietto per le allodole atto a distogliere l’attenzione dai veri fenomeni inquinanti a livello internazionale e nazionale. I traffici sui rifiuti tossici, le colossali emissioni di sostanze nocive nell’aria, l’inquinamento dei mari, le città invase dai rifiuti: sono le questioni che giustamente più percepiamo. Di fronte al presidente degli Usa che se ne frega altamente dei protocolli, peraltro piuttosto morbidi, per combattere l’inquinamento a livello planetario, la questione dei sacchetti per frutta e verdura può suonare quasi ridicola. Intendiamoci bene, non si tratta di pretendere di vuotare il mare con un cucchiaino, ma di introdurre mentalità e stili di comportamento che favoriscano il rispetto e la difesa dell’ambiente. Tutto può servire. Provarci è intellettualmente serio e civicamente doveroso.