Mio padre mi raccontava come, ai tempi del fascismo, esistesse un popolano del quartiere (più provocatore che matto) che era solito entrare nei locali ed urlare una propaganda contro corrente del tipo: “E’ morto il fascismo! La morte del Duce! Basta con le balle!”. Quel popolano dell’oltretorrente, oltre che avere un coraggio da leone, usava molto bene l’arte della polemica e della satira. Ci voleva del fegato ad esprimersi in quel modo, in un mondo dove, mi diceva mio padre, non potevi fidarti di nessuno, perché i muri avevano le orecchie. Ricordo che, per sintetizzarmi in poche parole l’aria che tirava durante il fascismo, per delineare con estrema semplicità, ma con altrettanta incisività, il quadro che regnava a livello informativo, mi diceva: se si accendeva la radio “Benito Mussolini ha detto che….”, se si andava al cinema con i filmati luce “il capo del governo ha inaugurato….”, se si leggeva il giornale “il Duce ha dichiarato che…”. Tutto più o meno così.
Ebbene la politica e la democrazia possono morire asfissiate dalla mancanza di informazioni, ma possono soffrire per l’eccesso di notizie, soprattutto se parecchie di esse sono false e sbdolamente divulgate. Il mondo moderno è caratterizzato proprio dalla velocità e dalla quantità di notizie che circolano sul web e sui social media: abbiamo la sensazione di sapere o poter sapere tutto di tutti e quindi di essere in grado di operare scelte di ogni tipo a ragion veduta. Si tratta di una pia illusione, perché dai consumi alla politica c’è chi riesce a pilotare questo circo mediatico. Non voglio fare il retrogrado a tutti i costi, ma non so se fossimo più e meglio informati ai tempi in cui esisteva un solo e pubblico canale televisivo rispetto all’odierna marea che ci investe senza tregua.
Gli stimoli culturali non mancano ed è un gran bene, ma, senza prendere in considerazione i fenomeni patologici dell’informazione, la banalizzazione e la falsificazione sono dietro l’angolo. Non vi è alcun dubbio che la mentalità corrente risenta di questa promiscuità e si formi nella confusione creata ad arte per influenzare l’opinione pubblica.
Le scelte politiche rischiano effettivamente di essere orientate dall’esterno, da una sorta di realtà parallela costruita sul web. Capire chi giochi sporco credo sia come cercare l’ago nel pagliaio, anche se è giusto lanciare l’allarme. Si diceva un tempo: “uomo avvisato, mezzo salvato”. Oggi non saprei sinceramente come modificare questo detto, forse si potrebbe dire: “uomo informato, mezzo rovinato”.
Tutti si sentono e si dichiarano al di sopra di ogni sospetto, le galline cantano e non si capisce quali di esse facciano l’uovo. Auspicare meccanismi di controllo e pensare così di difendersi dalle false notizie è pia illusione. A volte si vedono immagini quasi grottesche di zone alluvionate dove le persone, immerse nell’acqua fino alla cintola, si riparano dalla pioggia con l’ombrello. Il paragone ci può stare. Bisogna imparare a convivere con l’acqua alta delle notizie, come fanno i Veneziani; è necessario imparare a convivere con i venti impetuosi del web come fanno i Triestini con la Bora.
Vengono prima le notizie o la capacità critica di leggerle? Informati o disinformati? Questo è il problema. A volte mia madre, sconfortata dalle notizie di cronaca nera, ammetteva paradossalmente come si vivesse meglio quando certi fatti non si sapevano, magari si immaginavano, ma, come noto, “i ‘d aviz ien cmè j insònni”. Ora invece le certezze diventano sogni e si è costretti ad immaginare la realtà, quella vera non quella delle false notizie.