Carlo Tavecchio si è dimesso. L’Italia del pallone è salva. L’Italia, quella vera e propria, è più rincoglionita di prima. Il calcio è sempre stato un ottimo anestetico per i mali della società: quando si vince si esulta e si dimenticano i problemi, quando si perde si gioca a trovare i capri espiatori per tutti i mali.
A proposito, per scoprire gli altaroni calcistici e per sgombrare il campo dalle acrobazie socio-pallonare, voglio fare tre discorsi diversi, ma collegati ed intrecciati.
Il primo riguarda la responsabilità per l’eliminazione della nazionale di calcio dai mondiali di Russia. Tutta colpa del c.t. Ventura? Tutta colpa del presidente della Figc Tavecchio? A giudicare dai commenti della stampa e dei media in genere sembrerebbe di sì. Ho sentito solo un autorevole giornalista sportivo, Mario Sconcerti, andare contro corrente per buttare, giustamente, la croce anche addosso ai giocatori, ai coccodrilloni superpagati, che da anni non ne imbroccano una a livello di nazionale: in fin dei conti in campo ci vanno loro e sono loro a giocare per ben due volte con i piedi. Ma guai a parlar male dei pedatori, sono belli, bravi e simpatici; è troppo rischioso e complicato metterli sul banco degli imputati, meglio puntare su facili e comodi bersagli.
Il secondo discorso riguarda il mondo del calcio. Tutti si sono improvvisamente accorti che il sistema è bacato anche se lo è da lungo tempo: società calcistiche malate e poco trasparenti, evasioni fiscali e contributive, scommesse clandestine, corruzione dilagante, affarismi vari, rapporti e comportamenti omertosi, bilanci truccati, strane combutte con gli ultras delle tifoserie, mercato dei giocatori controllato da squallidi personaggi, clamorosi fallimenti, situazioni debitorie insostenibili e via discorrendo. Per non parlare della tollerata violenza negli stadi. Se la nazionale si fosse qualificata, nessuno avrebbe aperto bocca. Dal momento che si è intravisto un traballamento, tutti a chiedere riforme, rinnovamento, pulizia, investimenti etc. E chi chiede di voltare pagina? Coloro che fino ad oggi hanno mangiato alla greppia calcistica e che vantano quindi una credibilità tendente a zero. Ventura è diventato un imbecille, Tavecchio è diventato un nano malefico. Comodo dare la spallata a chi è sull’orlo del baratro.
Il terzo discorso riguarda proprio l’autentico sciacallaggio mediatico operato nel post play off: tutti a gufare contro Tavecchio, a sfogliare la margherita sulle sue eventuali dimissioni, a processarlo calcisticamente e non solo, a ridicolizzarlo come personaggio. Il ministro dello sport, fino a ieri sputtanato a vanvera, è diventato un profeta nel momento in cui ha chiesto l’azzeramento della situazione federale. Il presidente del Coni Malagò passa come il salvatore della patria sportiva, perché si è schierato per il generico cambiamento. Un circo con un’autentica sfilata di pagliacci a cominciare dai giornalisti sportivi, una razza autoreferenziale di mangia pane a tradimento. Tutti coloro che non possono permettersi di sputare nel piatto dove mangiano, finiscono con lo sfogarsi sputando addosso ai cuochi.
Mia madre, nella sua acuta ingenuità, quando osservava tutto l’ambaradan del mondo calcistico, se ne usciva con una simpatica e provocatoria domanda: «Sa neg fiss miga al balón, cme vivrissla tutta cla génta lì?». Paradossalmente nella domanda di mia madre sta la risposta ai discorsi di cui sopra.