Quando scoppiò la prima tangentopoli, verso la fine degli anni ottanta in quel di Milano, ricordo come avesse fatto grande scalpore il fatto che la corruzione avesse coinvolto anche il mercanteggiamento dei loculi cimiteriali: si pagavano tangenti per licenze edilizie, per pubblici appalti, per posti di lavoro, per favori di ogni tipo, persino per avere un posto al cimitero. Era tutto dire. Le monetine lanciate a Bettino Craxi risentivano di questo clima di esasperazione: in lui, reo di avere istituzionalizzato il sistema tagentizio, si attaccava il malcostume diffuso, salvo concedere successivamente e frettolosamente fiducia a chi ne era stato complice o a chi era comunque peggio di lui (non c’è bisogno di chiarire a chi mi riferisco). Basti dire che quanti esibivano il cappio in Parlamento finirono per allearsi con chi aveva fatto affari d’oro con Craxi e c.
A distanza di trent’anni la storia si ripete. A Potenza una inchiesta della Polizia ha portato all’arresto di tre persone, due ai domiciliari e una in carcere, per la vendita di loculi nel cimitero monumentale della città. Il Gip, che ha emesso i provvedimenti restrittivi nei confronti degli indagati, ipotizza una serie di reati: falsità materiale commessa da pubblico ufficiale, peculato, induzione indebita a dare o promettere denaro, corruzione e violazione dei sistemi informatici.
Non so come andrà a finire questa inchiesta, molte volte il tutto si sgonfia e resta solo un’eco amara, che contribuisce tuttavia a creare sfiducia e discredito; a volte purtroppo emergono paradossali realtà come punta di un iceberg che non accenna ad essere smaltito. Faccio una certa fatica a immaginare cosa possa essere concretamente successo, fatto sta che l’affarismo deteriore ci accompagna dalla culla alla bara.
Diventa quindi molto difficile ripulire dal qualunquismo l’atteggiamento dei cittadini verso l’amministrazione della cosa pubblica. Il qualunquismo si basa sulla convinzione che tutti rubino e che quindi non ci possa essere via di scampo sul piano etico e politico. Di qui sfiducia, astensionismo, proteste verso tutto e tutti in una generalizzazione che non lascia scampo. Quando emergono questi fatti emblematici di un vero e proprio sistema illegale, la tentazione è di rifugiarsi nel così fan tutti e di eliminare la politica dal proprio orizzonte culturale. Oltre al danno erariale che ne consegue, oltre alle ingiustizie che vengono perpetrate, il fatto più rilevante è il danno d’immagine per l’intera classe politica e per le istituzioni. Il qualunquismo trova terreno fertile e diventa sempre più arduo combatterlo.
Resto sempre impressionato quando la Corte dei Conti sostiene che l’importo totale dell’ammanco dovuto al fenomeno della corruzione sarebbe sufficiente a coprire il disavanzo dei conti pubblici. Mio padre era solito affermare che, se tutti pagassero regolarmente le tasse e nessuno rubasse il denaro pubblico, “ag saris da där al polàstor ai gat”. E giustamente lui metteva insieme chi non porta il dovuto e chi toglie il non dovuto dalle casse dello Stato. Il malcostume a livello politico infatti finisce col giustificare l’evasione fiscale: ma perché io devo pagare le tasse? Perché poi chi governa se le metta nelle proprie tasche? E giù valanghe di qualunquismo a buon mercato.
Ricordo come un giorno un mio acuto e disincantato conoscente mi abbia posto una domanda sibillina di questo tipo: è più qualunquista chi ruba il denaro pubblico a man salva o chi generalizza la propria indignazione fino a farne uno stile di attacco alla classe politica ed ai pubblici amministratori? Non ricordo di preciso, ma penso di avere risposto che chi si fa o si lascia corrompere presuppone comunque la presenza attiva di chi vuole lucrare illegalmente favori e vantaggi.
La storia politica è piena di luminosi esempi di comportamenti corretti e leali, che purtroppo rischiano di essere oscurati dal malaffare emergente e dilagante. I media ci giocano sopra promuovendo spesso lo scandalismo facile. La magistratura interviene spesso sporadicamente e tardivamente, a volte anche strumentalmente. I populisti soffiano sul fuoco sperando di incassare un grottesco dividendo, senza capire che da simili derive tutti hanno tutto da perdere.
Resta comunque una tremenda realtà che grida vendetta. Vai a far capire alla gente che la miglior vendetta non è astenersi dal voto e disinteressarsi di politica, ma scegliere con testardo impegno e partecipare con scrupolosa attenzione. La lunga campagna elettorale che si sta profilando avrà fra i suoi motivi predominanti il fango della pubblica corruzione? Ci sono non poche avvisaglie in tal senso!