Ricordo come se fosse (per certi versi è) oggi. L’indomani dello scoppio di tangentopoli, incontrando una carissimo amico, mi lanciai in una arrischiata previsione: la credibilità della classe politica usciva talmente compromessa dalla corruzione, diventata mezzo di autofinanziamento e stile di comportamento della politica, da costringermi a guardare al di là delle forze politiche e sociali. Non si salvava nessuno: anche il Pci si era adeguato al triste andazzo; anche il sindacato si era girato dall’altra parte. Il mio ragionamento era infatti: se un così forte partito di sinistra all’opposizione si fosse tenuto fuori dall’avvolgente meccanismo affaristico, se il sindacato dei lavoratori avesse vigilato attentamente, non si sarebbe arrivati alla lacerazione del tessuto socio-politico ed al punto di rottura della fiducia popolare nei confronti del sistema.
E allora? Non rimaneva che guardare alla Magistratura e alla Chiesa sperando che potessero ripulire e rilanciare la politica. Fu una momentanea illusione perché i giudici, sostanzialmente, videro e cavalcarono la possibilità di condizionare la politica, mentre la Chiesa si limitò, istituzionalmente, ad incassare certi dividendi dalla politica indebolita, che non poteva permettersi il lusso della laicità.
Due tentazioni che rimangono in piedi ancor oggi, anche perché il sistema politico non è riuscito ad affrancarsi dalla zavorra affaristica e rimane quindi sotto scacco della magistratura ed è portato a cercare appoggi clericali persino in presenza di un papa laico ed anticlericale. Quando un soggetto è in difficoltà e rischia di annegare, si attacca a tutto pur di galleggiare, ma non risolve il problema se l’auto-aiuto non scatta e/o il soccorso esterno non è decisivo ed è addirittura interessato.
Ecco perché ho letto con sollievo e interesse quanto dichiarato dal presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve: «Il nostro è purtroppo un Paese sfibrato, marcato dagli strappi: basta leggere un giornale o guardare un telegiornale per comprenderlo. Si sono incrinate anche quelle fondamenta che al tempo della stesura della Costituzione avevano riunito le diverse anime della nazione. Se è vero, come è vero, che la Chiesa è ancora uno straordinario barometro delle gioie e dei dolori, delle angosce e dei bisogni del nostro popolo, sono persuaso che i laici cattolici abbiano molto da dire e da offrire all’Italia. Vorrei che una cosa fosse chiara per tutti: questo Paese non sarà mai migliore senza cattolici impegnati in politica e nel sociale».
Il linea con il pensiero bergogliano, il cardinal Bassetti, che, tra l’altro, vuole opportunamente rinunciare alle prolusioni chilometriche e tuttologhe con le quali si aprono solitamente le riunioni della Cei, sostituendole con l’indicazione dei temi da affrontare in stile sinodale, punta a spronare i laici alla partecipazione, sganciandoli dal cordone ombelicale della Chiesa-Istituzione e buttandoli nel mare aperto della politica-servizio.
La questione quindi non è tanto quella se la gerarchia debba interessarsi e parlare di politica o meno – qualcuno la vorrebbe totalmente estraniata dalla realtà mondana e intenta a disquisire di dogmi e di catechismo – ma quella di apprezzare la politica quale autonoma presa in cura del Paese, spronando i cristiani alla loro vocazione verso la partecipazione e l’impegno concreto. In questo senso si può sperare laicamente nel contributo cristiano alla riscoperta delle fondamenta costituzionali, alla ricucitura degli strappi istituzionali ed alla soluzione dei problemi sociali.