Sarà perché un dato caratteristico della mia personalità è l’essere rinunciatario e quindi sento in me quasi una innata vocazione alle dimissioni, sarà perché la storia, dall’arte allo sport, insegna che quando è ora di ritirarsi occorre farlo senza tentennamenti pena la rovina di tutto quanto di buono si è potuto fare in precedenza, non capisco l’attaccamento alla poltrona dei politici di lungo corso. Non faccio distinzioni di parte, ma certamente Silvio Berlusconi è il campione della resistenza, giustificata in tanti modi, ma sostanzialmente riferibile alla sua smania incomprimibile di protagonismo.
Quando il grande tenore Francesco Merli, dopo aver mietuto allori e successi anche a Parma, ritornò alla ribalta del Regio, piuttosto anziano e non più in grande forma vocale, non venne trattato con i guanti. In modo pesante ed inaccettabile, dettato più da cattiveria che da inesorabile atteggiamento critico, il loggione nei suoi confronti ruggì di brutto. Si era presentato sul palcoscenico del Regio, nei panni di Manrico nel Trovatore di Verdi, con voce ormai piuttosto traballante, e al suo indirizzo venne gridata la pesantissima espressione: “va’ al canäl” (era l’inutile mestiere che a Parma i tedeschi durante l’occupazione del nostro territorio, per tenere occupata la gente e distoglierla dalla resistenza al nazifascismo, imponevano agli uomini nel greto del torrente, fingendo la realizzazione di opere utili che alla fine venivano regolarmente eliminate con le ruspe).
Mio padre raccontava questo disgustoso episodio per bollare l’esagerata ed esibizionistica verve loggionista, ma anche per significare come qualsiasi persona, quando si accorge di non essere più in grado di svolgere al meglio il proprio compito, sarebbe opportuno che si ritirasse, prima che qualcuno glielo faccia capire in malo modo.
Ho ripensato a questo episodio quando ho letto che Berlusconi, se alle prossime elezioni non otterrà una maggioranza per governare, si ritirerà dalla vita politica attiva (lo ha fatto con la chiara intenzione di dare peso alla riproposizione di un centro-destra politicamente inesistente e strategicamente sfilacciato). Non ho certo tenuto il conto, ma è senza dubbio l’ennesima dichiarazione di questo tipo. Quando una persona vuole rinunciare a qualcosa, lo fa e basta così. Se comincia a dettare dei tempi, delle condizioni, delle previsioni etc., vuol dire che non ha alcuna intenzione di farlo, ma, al contrario, sta cercando disperatamente un ancoraggio per rimanere a galla.
Per l’Italia e per il centro-destra la presenza sulla scena politica di Silvio Berlusconi è stata ed è una pietra d’inciampo: ci ha trascinato tutti nel ridicolo senza che molti di noi se ne accorgessero. Ora sta facendo proprio come Francesco Merli, vuol cantare la stessa opera con voce traballante, intende ripetere l’operazione del 1994 con Lega e Fratelli d’Italia, finirà col fare la brutta copia di se stesso. Non so però se gli Italiani avranno la sufficiente lucidità per capirlo.
Mia madre, in base al sostanziale rigore con cui impartiva i suoi pragmatici ma “dogmatici” insegnamenti, perdonava molto, quasi tutto, ai giovani, mentre era inflessibile con le persone attempate cui assegnava un compito educativo imprescindibile. Mio padre sentenziava: “Con to mädra se un vciot al tira su ‘na gamba le bélle ruvinè” . Ma aggiungeva un consiglio per le persone anziane: avrebbero dovuto appartarsi in “un secatoj da castagni”. Miglior consiglio non si potrebbe dare a Berlusconi.
Parecchi anni or sono andava forte una battuta-scioglilingua di Raimondo Vianello (se non vado errato): “ti ritiri tu?”. La risposta la lasciamo a tutti coloro che sarebbe ora se ne andassero a casa e non si decidono a togliere il disturbo, pena sentirsi urlare dietro in modo pragmaticamente offensivo: “mo va’ al canäl” .