Quando ci accostiamo ad un qualsiasi professionista – sia medico, commercialista, fiscalista, etc. – da una parte vorremmo che il suo stile fosse improntato alla semplicità ed all’accoglienza, dall’altra, se ciò comporta un’aria dimessa, un’apparenza di normalità, ci sorgono seri dubbi sull’attendibilità di questo soggetto, reo di essere troppo scialbo per essere bravo e competente. Cerchiamo cioè l’abito che non fa il monaco. Siamo soddisfatti quando incontriamo persone che non si danno importanza, che non la fanno cadere dall’alto della loro cultura o posizione sociale, ma poi cominciamo a dubitare che la semplicità nasconda impreparazione, che la immediatezza copra l’insicurezza. Non è tanto e solo questione di phisique du rôle, ma di immagine di cui siamo tutti schiavi attivi e passivi.
La recente querelle sulla Banca d’Italia dimostra la masochistica incapacità, a livello di media e di pubblica opinione, di affrontare i nodi politico-istituzionali senza vedervi necessariamente scontri personali: Renzi critica la Banca centrale per mettere un suo uomo sul seggiolone di governatore; Renzi sfida a duello Ignazio Visco per creare problemi a Paolo Gentiloni; Maria Elena Boschi ha ispirato il documento della diaspora banchitaliota per coprire i suoi conflitti d’interesse; Mario Draghi si è seduto ad ascoltare la relazione di Visco per sponsorizzarne la riconferma; Sergio Mattarella non ne può più di Renzi e della sua imprevedibile vis polemica; Giorgio Napolitano briga nell’ombra per togliere il Pd dalle grinfie renziane. E la Banca d’Italia? Non c’entra! E la politica? Roba da gossip!
Non lamentiamoci quindi se chi ci governa tende ad illuderci somministrandoci, con dosi da cavallo, un’immagine rassicurante e convincente, un vestito al di sotto del quale non c’è niente. La personalizzazione della politica non è da confondersi con il desiderio e la ricerca di leader. Il leader infatti, proprio perché è dotato di un carisma che gli deriva da preparazione, coerenza e capacità dialettica, non ha bisogno dei mezzucci d’immagine, non deve incantare nessuno per farsi ascoltare ed apprezzare.
Prendo quattro personaggi politici del passato per rendere l’idea, li scelgo volutamente dalle due aree popolari, che, volenti o nolenti, hanno fatto la storia del nostro Paese: Palmiro Togliatti ed Enrico Berlinguer del Partito Comunista, Alcide De Gasperi e Aldo Moro per la Democrazia Cristiana. Non avevano bisogno di alzare i toni, di incantare i serpenti, di atteggiarsi a primi della classe. Erano addirittura piuttosto schivi ed austeri nei loro atteggiamenti. Eppure…
La svolta storica, a mio giudizio estremamente negativa, è avvenuta con Bettino Craxi e Silvio Berlusconi: mentre il primo aveva a sua relativa giustificazione lo sdoganamento della politica italiana da un ideologismo datato e superato, il secondo ha teorizzato e incarnato freddamente la politica come ricerca mediatica del consenso a prescindere dai reali contenuti. Intendiamoci bene: il progredire della cosiddetta società dell’immagine ha contribuito ad accogliere questi messaggi. Si dice che Silvio Berlusconi, prima di scendere in politica, abbia convocato fisicamente un largo campione popolare per testare i messaggi con cui approcciare l’elettorato: ne uscirono ben noti discorsi. Gli esperti però gli avrebbero francamente detto che la sbornia sarebbe durata sei mesi, dopo di che le persone si sarebbero svegliate e il discorso si sarebbe complicato. Purtroppo quegli esperti hanno sbagliato di grosso, perché la sbornia non è ancora stata smaltita, anzi il metodo ha trovato larga risonanza magnetica in tutto la vita politica.
Il dibattito è falsato da questa spasmodica ricerca di un leader a tutti i costi: tutto è personalizzato e chi combatte o finge di combattere il sistema cavalca ancor più la personalizzazione della politica, associandola al populismo in un rapporto diretto e fuorviante per la democrazia. Sembrerebbe non esserci alternativa.
Chi contesta la leadership di Renzi, ritenendola inadeguata e soverchiante, gironzola penosamente alla ricerca di leader logorati dalla storia passata e recente; coloro che si ribellano a Berlusconi mettono in campo delle ridicole seconde o terze file; coloro che dovrebbero sostituire Grillo non sanno fare neanche una “o” con il bicchiere. E allora al momento teniamoci i leader che ci passa il convento: più pragmatico di così… E pensare che qualcuno mi ritiene un radical-chic. L’unico esempio in contro-tendenza ce lo offre il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Non è un caso se alla sua elezione arrivai a commuovermi e se mi viene spontaneo fare continuo riferimento a lui nella forma e nella sostanza della vicenda politica italiana. L’ultimo dei giusti. Chissà che non riesca a invertire la tendenza…