Ho rivisto con interesse e piacere una trasmissione di Rai storia sulla Costituzione italiana: sono queste le iniziative che giustificano, distinguono e qualificano la televisione pubblica. È stata l’occasione che mi ha aiutato a dipanare l’apparente contrasto tra legalità e solidarietà anche relativamente all’atteggiamento da tenere nei confronti degli immigrati. Nella nostra Costituzione si va ben oltre il concetto di uguaglianza, perché l’articolo 3 al secondo comma recita in un crescendo programmatico più unico che raro: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Mentre all’articolo 2 vengono riconosciuti i diritti inviolabili dell’uomo, l’articolo 3 non si accontenta, al primo comma, di togliere ogni distinzione di razza e religione, ma, al secondo, introduce il criterio della promozione umana. Oserei dire quindi che gli immigrati vanno accolti in quanto uomini a cui garantire il diritto all’esistenza, alla salute, alla libertà, al rispetto (vale per chi viene torturato, per chi rischia la pelle, ma anche per chi non ha di che vivere dignitosamente: Macron ripassi la rivoluzione francese e noi rileggiamo la nostra Costituzione). Dopo averli accolti devono però essere integrati senza discriminazione alcuna e promuovendo la loro crescita economica e sociale.
Qualcuno penserà che questi concetti valgano per i cittadini italiani (di qui l’ostilità, culturale o tattica fa poca differenza, verso l’allargamento del diritto di cittadinanza a soggetti che, per nascita o percorso formativo, sono di fatto italiani) e non per gli immigrati: di fronte a tale interpretazione restrittiva i costituenti si rivolterebbero nelle loro tombe e griderebbero tutta la loro indignazione per una simile chiusura umana e culturale.
Altri si nasconderanno dietro il solito paravento degli scarsi diritti riconosciuti agli italiani o del timore che i diritti degli italiani possano essere compressi da quelli degli extra comunitari: o si cresce insieme o si dimagrisce comunque tutti, non fosse altro per il fatto che gli immigrati espulsi dalla porta rientreranno prima o poi dalla finestra.
Giuliano Amato, introducendo da par suo il commento al dettato costituzionale ed alla sua gestazione, citando un personaggio che non ricordo, ha plasticamente valorizzato la nostra Costituzione indicandola come una sorta di arma legale difensiva contro chiunque tenti di ledere i diritti e attenti alle libertà. Ai migranti, si dice giustamente, bisognerebbe insegnare subito la lingua italiana; forse bisognerebbe anche spiegare la Costituzione. Si rischierebbe di far credere a queste persone che esistano solo i diritti? Nossignori, perché in essa ci sono anche i doveri, c’è tutto quel che serve per una buona convivenza civile. Potremmo rischiare di vedere gli stranieri sventolare sotto il nostro naso il libretto costituzionale. Questo sì, ma sarebbe un bene, perché noi non la conosciamo o facciamo finta di non conoscerla e qualcuno ce la ricorderà.