Premetto che mi considero un perdente, un nostalgico, un pessimista, un insicuro, e può bastare così. Sono portato a rivalutare il passato dopo aver criticato impietosamente il presente. “Si vive anche di ricordi” è un po’ il (patetico?) leit motiv della mia collanina editoriale. Questa confessione autocritica mi serve a mettere le mani avanti, perché mi accingo forse ad esagerare nelle mie riflessioni pseudo-politiche.
Se mi poneste il solito quesito della torre, tra Matteo Salvini e Umberto Bossi non avrei esitazioni su chi buttare giù e lo farei convintamente. A parte la simpatia che ispira Bossi nella sua ruvida ma genuina verve politica, a parte la coerenza di un percorso storico tutto sommato rispettabile, a parte la tenerezza che ispira nella sua evidente menomazione, a parte il suo indiscutibile fiuto di animale politico, a parte il carisma che non è acqua fresca, a parte la mancanza di cattiveria che lo ha sempre reso accettabile anche dagli avversari, a parte che lo stimo un galantuomo, semmai un po’ ingenuo al punto da essere trascinato in trappole finanziarie tese dai profittatori della sua situazione di debolezza fisica e psichica, a parte che, pur nella sua istrionica smania di novità, non metteva in discussione i fondamentali valori della nostra Repubblica, a parte tutto ciò e proprio per tutto ciò, mi fa tanta rabbia l’arrogante scodella di legno che gli porge Salvini.
Non si fa così. Se questo è il nuovo che avanza, anche indipendentemente dal merito politico, preferisco il passato con tutti i suoi limiti e difetti. Se non ci fosse stato Umberto Bossi ad aprire la bottega Matteo Salvini sarebbe un modesto commesso di botteghe altrui (forse non se ne accorge, anche perché è poco intelligente).
Dove pensa di andare? Prima o dopo a sbattere! Credo che se avesse almeno l’umiltà di ascoltare il suo illustre predecessore, potrebbe risparmiarsi e risparmiarci qualche triste avventura. Che vergogna! Almeno un minimo di rispetto e di comprensione. Nemmeno quello.
In politica, come del resto in tutti i campi dell’esistenza, non esiste riconoscenza. I ricambi generazionali avvengono con violenza psicologica se non addirittura fisica. Il discorso va oltre la Lega anche se nel caso della Lega sta diventando clamoroso e disgustoso. Non a caso si parla di rottamazione: da una parte chi non vuol mollare l’osso, dall’altra chi punta a ripulire la scena senza troppi riguardi. Bossi però non mi sembra il tipo che vuol rimanere a dispetto dei santi, pare disposto a farsi da parte con grande dignità, stile e discrezione e non merita, sinceramente, un trattamento così brutale. Mi dispiace perché non è un boss che non vuol passare la mano, tutt’al più un leader che vuole dare una mano.
Mentre Bossi veniva insolentito a Pontida, a Fiuggi (ci vuole un bel fegato infatti a sopportarlo) Berlusconi rimaneva sul podio a pontificare e insolentiva il passato (la miglior difesa è l’attacco), farneticando di colpi di stato ai suoi danni (poverino…). Voglio proprio vedere se il boss Salvini userà la stessa brutale verve rottamatrice nei confronti del boss dei boss, Berlusconi. Tra l’altro penso che avrà bisogno di soldi, viste le sbandierate ristrettezze del suo partito, e allora dovrà far buon viso a cattiva sorte e venire a più miti consigli. Anche in questo Bossi gli potrebbe essere di insegnamento, non nel senso di gestire oculatamente la dotazione di partito (non è stato capace di farlo), ma in quello di abbassare la cresta quando si è nel bisogno (lo ha fatto fin troppo).