Ero partito con l’intenzione di leggere attentamente e senza pregiudizio alcuno il documento di impeachment emesso contro papa Francesco da oltre sessanta personaggi (non so chi siano, ma dal tono non credo si tratti di “cattolici di fila”): secondo questa dotta relazione il papa sarebbe reo di ben sette proposizioni eretiche in materia di morale sessuale e matrimoniale (vedi esortazione apostolica Amoris laetitia e altre parole, atti ed omissioni: un vero e proprio “confiteor” da far ingoiare a Francesco). Il mio intendimento partiva dalla convinzione che il diritto di critica debba esistere anche all’interno della Chiesa e quindi che non debba scandalizzare il fatto che un gruppo di persone segni il proprio dissenso rispetto a certi insegnamenti papali. Mi sono detto: se rivolgevo critiche ai papi precedenti e davo ascolto ai dissensi emergenti rispetto alle loro linee dottrinali e pastorali, perché dovrei rifiutare a scatola chiusa gli appunti rivolti a papa Francesco?
Mi sono messo pertanto a leggere e ad un certo punto però ho interrotto la lettura, non tanto perché il documento sia insopportabilmente pedante e ostentatamente forbito (forse anche questo, lo ammetto), ma in quanto dettato solo dal cervello a prescindere dal cuore (dalla coscienza). Lo sforzo papale, peraltro ancora ben lontano dal raggiungimento di obiettivi assai significativi e innovativi in materia di morale, era ed è proprio quello di concedere il primato alla coscienza di chi deve giudicare e di chi è giudicato: il primo deve giudicare (discernere) col cuore misericordioso e comprensivo di Gesù (Donna chi ti ha condannato? Nessuno Signore! E neanche io ti condanno…), il secondo deve mettersi nello stato d’animo del pubblicano (O Dio abbi pietà di me peccatore), entrambi non devono scimmiottare il fariseo della parabola evangelica (Ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri…). Questo sempre, ma nel caso in questione, in materia di comunione ai divorziati.
Sta (finalmente) venendo a galla il livore che da tempo cova dentro certi personaggi preoccupati non di difendere il tradizionale rigore, ma il permissivismo economico-sociale e il meccanismo di potere. Squalificare in senso eretico l’atteggiamento aperturista in campo sessuale serve, come sempre, a coprire bigottamente la disonesta ricchezza e l’impropria influenza sulle coscienze.
In parole povere questa manovra, dietro le dissertazioni pseudo-teologiche, nasconde una precisa volontà conservatrice nei rapporti istituzionali della Chiesa, messi in discussione dalla nuova impostazione pastorale. In fin dei conti papa Francesco, come ha più volte acutamente osservato Eugenio Scalfari, ha invertito l’ordine dei fattori, privilegiando la Chiesa comunità (amore e misericordia) rispetto alla Chiesa istituzione (gerarchia e potere); quando ci si è accorti che questa inversione dei fattori poteva andare contro le regole matematiche, vale a dire cambiare il prodotto, ecco allora alzarsi gli scudi per difendere non la dottrina di cui non frega niente a nessuno (pensate quanto interesserà a questi personaggi dissidenti che i divorziati possano o meno comunicarsi), ma il potere di condizionare le coscienze e quindi le altre istituzioni. Sono in gioco due visioni: non è questione di eresia, è solo un problema difensivo del modo di essere della Chiesa e del suo potere. Il resto è fuffa, che non mi interessa. Ecco perché ho interrotto la lettura dell’atto di accusa: tempo perso e, se proprio devo essere sincero, ho preferito leggere il brano evangelico della liturgia del giorno, che, manco a farlo apposta, parlava di un padrone anomalo, che pretende poco e dona molto a chi lavora nella sua vigna e non sopporta chi si maschera con la nobile veste della giustizia per nascondere il demone dell’invidia (non si vuole che Dio sia buono, non si sopporta che capisca gli errori e li perdoni).
Quando Violetta, nella Traviata di Giuseppe Verdi, si accorge di essere sul punto di innamorarsi, senza bisogno di essere pagata per fingersi tale, confessa a se stessa di vaneggiare, non lo crede possibile: “Follie, follie, delirio vano è questo…”. Invece succede. Poi arriva l’ipocrita di turno, quello che tira fuori le regole, il benpensante del cavolo, che rovina tutto. Manovra di disturbo, che nel caso di Violetta crea un disastro umano. Nel caso degli odierni benpensanti cattolici, non si creerà alcun problema. Scrivano, sbraitino, si lamentino, ma la mia coscienza e quella dei divorziati, dei separati, dei conviventi, non la possono toccare. E ancor meno quella di papa Francesco.