Se devo essere sincero non mi interessa e non capisco la polemica che si è scatenata intorno all’intenzione di Vasco Errani di rinunciare all’incarico di commissario per la ricostruzione di Amatrice e degli altri paesi distrutti dal terremoto di un anno fa: è nei suoi diritti considerare esaurito il suo compito, così come è lasciata alla sua libertà personale la decisione di candidarsi o meno nelle future liste di Mdp o della nuova formazione politica in gestazione tra gli scissionisti del Pd e gli unionisti di Giuliano Pisapia.
Non vedo nemmeno uno scandalo nell’eventuale combinazione fra i due fatti: abbandono del commissariato post-terremoto legato ad un rientro nell’agone politico a livello parlamentare. Cosa c’è di strano, di anomalo e di sconveniente? Direi proprio niente. Bisogna cominciare a smetterla con questo fastidioso e dannoso scandalismo: ovunque si vuol vedere la politica legata alla ricerca delle poltrone. Finire in questa deriva antipolitica non aiuta certo a costruire, ma solo a distruggere.
Discorso diverso è la valutazione dell’operato di Errani a favore delle popolazioni terremotate: non ho sinceramente gli elementi per dare giudizi compiuti. Mi limito ad una impressione: non credo sia riuscito ad imprimere la giusta e necessaria velocità alle procedure volte alla ricostruzione; i ritardi ci sono, anche se possono avere mille giustificazioni burocratiche ed amministrative, qualcuno li ritiene incomprensibili, io li giudico inaccettabili.
In questi giorni mi è venuto spontaneo pensare ai tempi record con cui si restaurò il duomo di Milano: le tecnologie ci sono per fare in fretta opere ben più complesse delle casette per i terremotati. È pur vero che si fece la giusta scelta di optare per case non meramente provvisorie, ma quasi definitive, tuttavia arriviamo lunghi, con ulteriori disagi e ansie per le popolazioni colpite.
Errani afferma di lasciare ai terremotati le basi per ricostruire: mi aspettavo sinceramente qualcosa in più delle basi, pur sempre indispensabili. Il suo è stato un compito arduo tra i lacci della burocrazia e la disperazione dei senza tetto: ammetto che non sia facile destreggiarsi in tal senso. Fare bene, fare presto e fare correttamente, una sfida improba dalla quale Errani non esce alla grande. Non so chi altri avrebbe fatto meglio di lui, che peraltro aveva l’importante esperienza del post-terremoto emiliano. Probabilmente si sarà sentito condizionato dalle solite procedure burocratiche e dalla paura di scivolare sulle bucce di banana degli appalti facili e della corruzione. Do atto a lui di avere accettato con coraggio un incarico ingrato e di essersi messo alla prova: non è poco in mezzo ad una classe politica di chiacchieroni e di faciloni. Però mi sembra che non si possa tracciare un primo bilancio lusinghiero.
Altra cosa la sua adesione politica al Mdp: non mi sarei aspettato da un uomo del concreto governare una rincorsa ideologica in compagnia dei Bersani e dei D’Alema. Ma questo è un altro discorso, che con i terremotati c’entra come i cavoli a merenda. Pur non essendo un apologeta dell’esperienza regionale del governo di sinistra, pur ritenendo che in questi decenni la sinistra a livello emiliano abbia soprattutto puntato a formare un establishment chiuso e abbarbicato al potere (gli striminziti risultati elettorali non possono essere scaricati sulle spalle di Matteo Renzi), ammetto che Vasco Errani ne sia uscito con un notevole bagaglio di esperienze. Spero quindi solo che non lo usi per fare mera copertura alla vecchia sinistra che (non) avanza.