Faccio molta fatica a comprendere il senso delle adunate oceaniche dei concerti di musica rock. Ci vedo tanta fuga dalla realtà, una irresistibile voglia di evasione al limite della estraniazione trasgressiva. Non riesco a capire se la musica sia il pretesto per sfogare il proprio desiderio preesistente di rifiuto della società o sia la causa che provoca questa ribellione personale e comunitaria.
Indubbiamente da questa musica si sprigiona una forte carica di contestazione, coinvolgente una intera generazione nella sua ricerca generica, ma sofferta, di un mondo diverso. Il concerto rock diventa l’espressione di un modo anticonvenzionale di vivere le proprie ansie esistenziali.
Spesso mi chiedo: e domani, a evento musicale concluso, questa gente cosa farà? Riuscirà a trovare la forza di rientrare in gioco o sarà tentata di proseguire la fuga con strumenti ed esiti facilmente e drammaticamente ipotizzabili.
Colpisce la catena di suicidi di cantanti rock, di leader di questa corrente musicale, di protagonisti sul palco e nella vita di quella che sembra essere non solo una professione artistica ma una scelta esistenziale di rottura. Rientra tutto nella confusa e fuorviante macchina del successo o diventa lo sbocco esemplare di uno stile di vita? E quale influenza possono avere questi atti estremi sulla mentalità dei loro innumerevoli fans?
La musica ha un fascino trascinante in quanto rappresenta un modo di porsi di fronte alla realtà: tutte le forme musicali hanno questa potente carica coinvolgente e trascinante. Sono un appassionato di musica (soprattutto operistica), non sono un musicologo, ma sono convinto che le varie correnti musicali si distinguano proprio per il loro intrinseco approccio alla realtà: dall’esaltazione dei sentimenti si passa alla cruda visione della realtà, dal tentativo di sublimazione si passa alla forza d’urto, dal mero divertissement si arriva al sofferto rifiuto della vita. In questo ginepraio culturale, se non si è guidati da equilibrio psicologico ed esistenziale, se ci si lascia andare, si rischia grosso: l’illusione, l’alienazione e persino il suicidio, che porta in sé qualcosa di misterioso e provocante.
Vedo i giovani combattuti tra la conformistica evasione della discoteca (anche la movida fa parte del fine settimana) e la ribellistica partecipazione al rito rock: due modi assai diversi di rispondere al bisogno di uscire dalla depressione di una vuota routine.
La discoteca e la movida, che ne è la versione stradaiola, nella loro superficiale smania di divertimento a base di alcol e droga, possono portare allo sballo: quante volte mi sono stupito nel sentire, ad esempio, che le vittime dello sballo fossero ragazzi che per cinque giorni alla settimana facevano una vita “normale” per poi tuffarsi al sesto giorno, meglio dire alla sesta notte, nel mare dello sfogo totale.
Il concerto rock, nel suo coinvolgente bagno di musica e di folla, porta al settimo cielo, ad una sorta di soddisfacente presa di distanza dal mondo “normale”, ma quando le luci si spengono può subentrare la disperazione della quotidianità.
Nell’età giovanile, è inutile negarlo, abbiamo tutti dentro una fiamma difficile da contenere e domare. Non è un passaggio da esorcizzare, ma da valorizzare, possibilmente senza scherzare col fuoco.