A certi livelli le dichiarazioni difficilmente vengono rilasciate a caso, hanno sempre un loro senso, anche quando sembrano veri e propri lapsus più o meno freudiani. È il caso piuttosto clamoroso di Jeroen Dijsselbloem, ministro olandese e presidente dell’Eurogruppo, che con una certa arroganza ha detto: «I Paesi del Sud Europa spendono tutti i soldi per alcol e donne e poi chiedono aiuto». Queste parole hanno fatto rapidamente il giro d’Europa suscitando reazioni diversificate, piuttosto incazzate da parte dei Paesi chiamati in causa, Italia in primis, che ne hanno chiesto le immediate dimissioni. Il partito socialista europeo, a cui l’olandese aderisce, gli ha chiesto di lasciare. Juncker, capo della Commisione, ha fatto una sviolinata, non si sa quanto sincera, ai paesi del Sud. Lo hanno difeso i tedeschi con il loro acido ministro Schaeuble: gli olandesi a livello UE, indipendentemente dai partiti di appartenenza, ne sono i fedeli ventriloqui. Anche il governo francese non ha espresso critiche e si dice che sia pronto a difendere il presidente dell’Eurogruppo. Gli altri Paesi membri sono in ben altre faccende affaccendati. Per tutti è partito il politicante e nazionalista toto successore.
Non mi ha stupito Dijsselbloem: ha voluto molto probabilmente stare clamorosamente dalla parte del manico. Dal momento che la battuta, a mio avviso, è rivolta soprattutto all’Italia, penso che con Renzi presidente del consiglio non se la sarebbe permessa, ma con Gentiloni…Forse ha voluto riprendersi la scena, dopo aver perso la faccia alle ultime elezioni del suo Paese con la pesantissima sconfitta dei laburisti, anche se lui è un socialista che ama fare il verso ai popolari. Forse ha voluto fare un piacere alla Germania che in questo momento pre-elettorale non può permettersi il lusso di polemizzare apertamente con i partner meridionali di cui potrebbe avere presto anche bisogno. Forse ha voluto pavoneggiarsi quale miglior fico del bigoncio europeo, un bigoncio che, per la verità, fa acqua da tutte le parti. Forse ha voluto sporcare l’immagine dell’Italia che sta ospitando il summit del sessantesimo anniversario e sul quale si sta spendendo con grande autorevolezza e convinzione il Presidente Sergio Mattarella. Forse avrà voluto togliersi qualche sassolino accumulato nelle scarpe o sputare qualche rospo ingoiato a livello della Commissione, che regolarmente attutisce i colpi dell’Eurogruppo sui Paesi più deboli. Forse avrà voluto lanciare qualche avvertimento a chi eccede nel fare il furbo con i conti (Renzi compreso). Forse sarà, come ha detto Prodi, invidioso.
Fatto sta che probabilmente ha spifferato quanto i Paesi nordici pensano di quelli meridionali: un dualismo storico. Stupisce la Francia che fa il pesce in barile, ma è storia vecchia e tuttavia ci disturba non poco. Che dire? Speriamo in Shultz e Macron.
Per ora mi accontento di quanto afferma solennemente Sergio Mattarella in seduta solenne alla Camera: «L’Europa spesso appare ripiegata su se stessa e incerta sulla strada da seguire, ma non c’è alternativa alla casa comune, nessun paese da solo può farcela in un mondo di giganti. (…) Bisogna uscire da una visione tecnica e burocratica dell’Unione che ha finito per creare incomprensione fra i cittadini della comunità».
Mattarella ha chiesto coraggio, solidarietà della ragione e sentimento della giustizia. Si è richiamato ad Alcide De Gasperi. Ha affermato che la soluzione alla crisi dei debiti sovrani e a quella del rallentamento dell’economia non può essere la compressione dei diritti sociali dei Paesi membri e l’occasione di grossolane definizioni di Nord e Sud d’Europa.
Ha finito dicendo: «Abbiamo fatto gli Europei, ora bisogna fare l’Europa».
Grazie Presidente!!!