Vorrei concentrarmi su Parma, non perché sia la corte dei miracoli che in molti, più esterni che interni alla realtà cittadina, si intestardiscono a decantare, ma al contrario, perché si trova spesso tra l’incudine e il martello e rischia di farsi male.
È il caso dei rapporti tra Parma e il movimento cinque stelle, o meglio tra la sesta stella, Federico Pizzarotti, e i grillini “tradizionali”, in cui la nostra città si trova suo malgrado ad essere “intortata”. È inutile nascondersi che la imminente contesa elettorale amministrativa rischia di svolgersi non tanto tra Federico Pizzarotti (sindaco uscente ricandidatosi alla testa di una lista civica in totale dissenso dai pentastellati) e Paolo Scarpa (il candidato civico frutto del matrimonio di interessi con la “zitella” PD), ma tra “l’effetto Parma” dell’antigrillismo e “l’effetto Grillo” dell’antipizzarottismo. Saranno elezioni politicizzate (?) e puntate soprattutto sulla lotta interna al movimento cinque stelle.
Da tempo dico e scrivo che Beppe Grillo dopo averci regalato nel 2012, con la decisiva complicità dei perditempo piddini, il primo sindaco (protosindaco) della storia italiana riconducibile al suo movimento, si appresta a riciclarcelo, sempre con la persistente complicità piddina, facendone il protomartire del grande dittatore pentastellato.
I giorni passano e chi sembrava un velleitario antagonista sta diventando un punto di riferimento per tutta la sparsa galassia del ribellismo alla seconda (il ribellismo del ribellismo), contro i capibastone, gli spargitori di veleni, i delatori al capo e i fedelissimi ante litteram. “L’effetto” sta propagandosi da Parma a Genova, la Spezia, Imperia, Lucca, Livorno, Ischia, Padova, Catanzaro, Comacchio. Pizzarotti ha preparato una carta dei valori, che aggancerebbe il suo movimento all’area di centro-sinistra, che proporrebbe scelte precise nel merito (diritti civili) e nel metodo (rete fisica e non virtuale, popolari e non populisti, vicini ai bisogni della gente e non alla pancia delle persone). Sta raccogliendo adesioni da tutti gli scontenti, sparsi sul territorio nazionale e nei diversi livelli istituzionali. Una cosa lo accomuna al grillismo d’origine: il linguaggio forte al limite dell’offensivo, l’atteggiamento politicamente scorretto e fegatoso che fa pensare più allo spretato che al missionario.
Come reagirà Parma? Si lascerà irretire da questa stucchevole battaglia? Finirà col rinnovare la cambiale del 2012, sulla scorta di ragionamenti minimalisti su risultati, proposte e persone, o saprà scegliere sulla base di un’esperienza amministrativa deludentissima e irriscattabile comunque la si giri? Temo il peggio. Sono quasi sicuro che se i grillini doc candideranno un loro esponente in contrapposizione a Pizzarotti, finiranno col dargli la spinta decisiva verso la riconferma: potrebbero scattare nei parmigiani il loro storico istinto a respingere le intromissioni forzate se non violente (Grillo vissuto come un Balbo del ventunesimo secolo), la loro propensione a respingere le interferenze centrali, la voglia di sbagliare in proprio.
Questa volta spero di non cascarci. Nel 2012 ho inteso mandare un messaggio all’inconcludente e continuista PD, quello dei Bersani e degli Errani, quello dei rigori sbagliati a porta vuota, quello dei magazzinieri preferiti ai goleador. Messaggio a tutt’oggi non ricevuto. Penso non mi resterà altro da fare se non astenermi dal voto, almeno al primo turno. Se per caso al ballottaggio dovesse andare Pizzarotti con un grillino qualsiasi, sarei in grave difficoltà e non escluderei un voto di sbarramento barricadero concesso al Pizza (confesso che mi sta diventando simpatico, nonostante la pessima prova amministrativa in questi cinque anni). Se, come presumo il secondo turno vedrà il confronto tra Pizzarotti e Scarpa (ipotesi molto probabile), me ne starò quatto quatto con la morte politica nel cuore.