Se il 2016 lo possiamo archiviare come anno del referendum – a livello europeo la Brexit e altri referendum sparsi qua e là e di cui ormai si perde il conto, a livello italiano la bocciatura delle riforme costituzionali, con tutte le conseguenze che non si sono ancora potute valutare appieno – il 2017 rischia di essere l’anno elettorale per eccellenza, certamente in Germania, in Francia e in Olanda, probabilmente in Italia.Le consultazioni elettorali, quelle referendarie in particolare, ma anche quelle politiche, non esauriscono la sostanza della democrazia, ne sono semmai solo una episodica verifica e come tali vanno vissute. C’è invece ormai la tendenza a considerarle il perno attorno a cui gira la politica con l’effetto di drogarle, facendone una questione di vita o di morte, e di svuotare la vera vita democratica ridotta a mera presa d’atto dei risultati delle urne.L’Europa è ferma in attesa dei risultati delle elezioni in Francia e Germania, l’Italia è in surplace per l’incerta ma frenetica attesa di aprire le urne.Nel nostro Paese si vorrebbe addirittura andare a votare senza una vera e propria legge elettorale: l’importante è votare, votare subito, poi si vedrà.Questo è un atteggiamento democraticamente puerile, istituzionalmente scorretto, politicamente fazioso, culturalmente sbagliato.Non si vuole infatti ricorrere alle urne per rafforzare le istituzioni con un mandato rinnovato e chiaro, ma si tenta disperatamente di lucrare qualche punto di percentuale in più dal clima di incertezza e di sfiducia regnante. Non si desidera recepire la volontà popolare ma pressarla e/o fuorviarla con una rissa propagandistica continuata. Non si pensa ad un dibattito serrato e sereno, ma si punta allo scontro demagogico cavalcando il malcontento. In una situazione del genere le elezioni rischiano di essere inesorabilmente truccate, non da brogli, ma dalla stessa discussione che ne costituisce la premessa.I movimenti populisti (Lega, FdI e M5S) soffiano sul fuoco e pretendono una corsia preferenziale verso le urne a costo di arrivarci con un sistema elettorale disomogeneo e raffazzonato. Berlusconi, con quel che gli rimane di partito, è preoccupato soprattutto di difendere il suo impero aziendale e quindi non pigia sull’acceleratore e punta, in tempi ragionevoli, ad ottenere un legge elettorale proporzionale che consenta a Forza Italia di giocare in proprio, prima durante e dopo le elezioni. Matteo Renzi vuole bruciare le tappe in funzione di una pronta rivincita, sacrificando ad essa la vita del governo Gentiloni ed il congresso del partito democratico, rispolverando provocatoriamente una legge elettorale di qualche tempo fa (molto meglio forse di quelle successive).Tutti quindi vorrebbero andare velocemente alle elezioni, ma faticano a trovare la quadra, anche perché il capo dello Stato non si lascerà pressare più di tanto, intendendo salvaguardare la capacità delle Istituzioni di far fronte alle emergenze e ponendo allo scioglimento del Parlamento la condizione di aver approvata una legge elettorale seria, armonica sulle due Camere, in linee con le pronunce della Corte Costituzionale, capace di garantire rappresentanza e governabilità.Il rischio è di continuare per mesi in questo balletto pre-elettorale senza costrutto, tra simulazioni dei vari sistemi elettorali, in una gara a chi è più favorevole alle urne, in un clima di incertezza, tenendo il governo a bagnomaria, beffeggiando Gentiloni nel suo imbarazzo tra la continuità governativa rispetto a Renzi e il rischio di governare a dispetto di Renzi.Forse anche Sergio Mattarella dovrà ricredersi e rassegnarsi ad uno scioglimento ravvicinato delle Camere, facendo magari una forzatura costituzionale e sparando in faccia ai partiti una legge elettorale (lui se ne intende…): prendere o lasciare alla faccia della moral suasion .A complicare ulteriormente le cose ci si mettono anche i tre referendum in materia di lavoro promossi dalla CGIL, che potrebbero influire non poco sul calendario della politica italiana.Non ricordo quale illustre personaggio sostenesse che la democrazia non si rivela tanto nel voto quanto nel dopo-voto (cito a senso). Forse mai come in questo momento storico questa opinione merita considerazione. In Italia (con licenza parlando) ad ogni pisciata di cane si vorrebbero indire elezioni.Quando entrò in vigore l’iva fece un certo scalpore l’introduzione di un documento strano, la cosiddetta autofattura, che in certi casi il compratore si vedeva costretto ad emettere al posto del venditore. Un mio simpatico interlocutore, impressionato da questa novità legislativa, quando mi poneva un problema in materia di imposta sul valore aggiunto, finiva col chiedermi in ogni caso: «Co’ disol dotôr, ag fämmiä n’autofatura?». Oggi, politicamente parlando, di fronte a qualsiasi problema potremmo chiederci: «Fämmiä gli elession?».