Beppe Grillo rialza la posta dello scontro con Giuseppe Conte per la leadership di M5s, rivendicando “il diritto all’estinzione” della creatura politica da lui fondata che ora dice di non riconoscere più.
Una frase, come nel suo stile dai toni tra l’evocativo-apocalittico e l’allusione a possibili ricorsi legali. Non ci stanno a queste affermazioni gli attuali parlamentari del Movimento che rivendicano il loro impegno in adesione al progetto originario, e non ci sta soprattutto Giuseppe Conte, che rivendica la fase costituente da lui lanciata esattamente per permettere a M5s di essere quella forza che dà al Paese uno sguardo lungo, proteso al futuro.
Già in passato Grillo aveva parlato di “biodegradabilità” di M5S, ma in termini opposti a quelli odierni, quando cioè avrebbe realizzato i suoi programmi trasformando il Paese: “Quando i cittadini avranno gli strumenti per fare un referendum da casa, il movimento potrà anche sciogliersi, siamo un movimento biodegradabile”, disse per esempio il 2 marzo 2018. Il post scritto oggi sul suo blog è diversissimo, anche se vi si parla ancora di un M5s “biodegradabile” e “compostabile”.
“Io rivendico da creatore del movimento il mio diritto all’estinzione del movimento. Io quando vedo questa bandiera dei 5 Stelle, con davanti il mago di Oz (cioè Conte ndr) che parla di democrazia diretta, mi viene un buco nello stomaco. Quindi, va benissimo, dobbiamo essere persone civili. Lui si può fare il suo bel partito, si può fare il suo manifesto con la sua faccia bella, simpatica, sincera, con scritto, Oz e i suoi 22 mandati può arrivare all’8%”.
Grillo critica poi la fase costituente voluta da Conte, lamentando di essere stato lasciato fuori da ogni decisione: “Io accampo questo diritto all’estinzione perché”, “lo sappiamo tutti, il movimento non c’è più è evaporato”. É diverso dal suo M5S visionario del futuro: “Io sono vecchio, posso essere passato di moda, però dentro ci sono ancora delle idee meravigliose, di ripensare anche il mondo di come sarà fra vent’anni”; “C’è tutto un mondo da ripensare e noi invece ribadiamo questa politica ormai stramorta”. (ANSA.it)
In casa pentastellata volano gli stracci. Quando nacque il movimento ero portato a credere che consistesse tutto nell’abilità affabulatoria di Beppe Grillo e ne sono ancora convinto. Giuseppe Conte è un incidente di percorso. Quindi ha ragione il fondatore ha rivendicare almeno il diritto a stendere il certificato di morte di fronte al tentativo di mantenere in vita una creatura politica con l’alimentazione forzata prescritta da Conte.
A questo movimento ho dato fin dall’inizio l’unico merito di avere intercettato una larga e pericolosa deriva antipolitica, dandole rappresentanza a livello parlamentare, ma trasferendola troppo velocemente nelle stanze del potere tramite la costituzione di governi senza capo né coda. È l’errore storico dei movimentisti: non hanno la pazienza di metabolizzare la politica e finiscono col fare una scorpacciata di velleità governative che finisce naturalmente in una indigestione che porta ad una patologia cronico-degenerativa.
Se Grillo ha avuto il merito di intuire un certo malessere sociale trasformandolo in spinta al cambiamento, Conte ha avuto il demerito di contenere la spinta al cambiamento finendo col vivacchiare in chiave polemica nell’area della sinistra nelle sue componenti storiche. Far convivere formazioni politiche che, bene o male hanno una loro storia, con movimenti senza storia che si limitano a disturbare e ad interferire malamente, è una gara dura che può durare qualche tempo ma che forse è durata fin troppo.
L’esito della consultazione elettorale regionale della Liguria conferma la fine del M5S con un ulteriore definitivo crollo nei consensi: i voti se ne stanno andando, a manca il Pd non è in grado di intercettarli se non in minima parte, alcuni se ne tornano a sfogare il malcontento a destra, la maggior parte si rifugia nell’astensione. L’aumento inquietante del non voto è dovuto anche alla fuga senza meta degli elettori grillini. La sinistra, se contava di fare squadra coi pentastellati, deve ricredersi e puntare tutto sulla propria capacità di scaldare i cuori, lasciando perdere da una parte le velleità di Giuseppe Conte e dall’altra parte le sirene centriste dei Calenda e dei Renzi: meglio perdere da soli che tentare di vincere male accompagnati. E chi ha detto che questo bagno identitario e purificatore non faccia bene alla sinistra e non le consenta di attingere al bacino degli astensionisti a cui, seppure in modo sofferto e discontinuo, riconosco a malincuore di appartenere.
Ecco perché ammetto di concedere l’onore delle armi a Beppe Grillo nonostante gli errori clamorosi che può avere commesso: è sempre meglio un padre confusionario di un patrigno che la sa lunga. Probabilmente il tutto finirà con le carte bollate: chi voleva ferire la burocrazia politica perirà di burocrazia giudiziaria. Un esito inglorioso di cui non riesco a godere, che mi mette tanta tristezza, perché il fallimento di una esperienza politica è pur sempre negativo per la politica stessa.
Quando ho l’occasione di ascoltare qualche dibattito parlamentare colgo generalmente qualcosa di positivo negli interventi dei rappresentanti del M5S: hanno almeno il merito di saper fare polemica, di buttare qualche sasso in piccionaia, di esprimere democraticamente i dolori di pancia della società più viva e reattiva. Ormai però hanno perso il filo della loro pur breve storia, manca un barlume di sintesi politica e uno spiraglio di prospettiva per il futuro. Peccato. Li rimpiangeremo? Può anche darsi, staremo a vedere…