Insufficiente finanziamento del Servizio sanitario nazionale (Ssn), personale medico-infermieristico demotivato, popolazione che paga le prestazioni di tasca propria quando può, altrimenti rinuncia a curarsi, Livelli essenziali di assistenza (Lea) non rispettati, divari territoriali pesanti. Sono alcune delle criticità che rileva il 7° Rapporto della Fondazione Gimbe sul Ssn, presentato stamattina in Senato, e che motivano l’affermazione del presidente Nino Cartabellotta: «Oggi la vera emergenza del Paese è il Servizio sanitario nazionale». (dal quotidiano “Avvenire” – Enrico Negrotti)
Gimbe è l’associazione Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze che ha l’obiettivo di diffondere in Italia l’Evidence-based Medicine, vale a dire la medicina basata sulle evidenze, definita come “il processo della ricerca, della valutazione e dell’uso sistematici dei risultati della ricerca contemporanea come base per le decisioni cliniche”. I dati da essa forniti quindi non sono i numeri del lotto e le sue analisi sono attendibili e molto significative.
Ad aggravare la situazione, sopra sinteticamente delineata, ci pensano le pandemie, l’innalzamento dell’età dei potenziali assistiti e con essa il numero crescente dei bisognosi di cure sanitarie, gli sprechi e la confusione che regna sovrana in campo politico ed amministrativo.
Non so fino a che punto gli attuali governanti puntino a privilegiare la sanità privata considerandola un importante bacino elettorale o la subiscano non avendo la volontà politica di imporre sacrifici fiscali necessari al reperimento di risorse aggiuntive. Non so fino a che punto gli attuali governanti con la cosiddetta autonomia regionale differenziata intendano scaricare ulteriormente responsabilità sulle regioni e/o differenziare il sistema sanitario su diversi livelli qualitativi all’insegna del si arrangi chi può.
Una cosa è certa: dell’emergenza sanitaria si fa un gran parlare, ma nessuno fa serie e concrete proposte. I cittadini, pur comprendendo che il problema li riguarda in prima persona, preferiscono rimuoverlo, salvo soffrirne le drammatiche conseguenze sulla propria pelle (almeno i soggetti economicamente più deboli). A chi tocca leva e magari a quel punto scoppia la conflittualità fra operatori e utenti sanitari.
Cresce intanto la quantità di risorse spese dalla popolazione, quando può, per curarsi: «Le persone – rileva Cartabellotta – sono costrette a pagare di tasca propria un numero crescente di prestazioni sanitarie, con pesanti ripercussioni sui bilanci familiari. Una situazione in continuo peggioramento, che rischia di lasciare l’universalismo del Ssn solo sulla carta». Già oggi, continua il Rapporto Gimbe riprendendo dati Istat, quasi 4,5 milioni di persone hanno rinunciato alle cure, di cui 2,5 milioni per motivi economici. Le altre cause sono i lunghi tempi di attesa e le difficoltà di accesso, quali struttura lontana, mancanza di trasporti, orari scomodi. (sempre dal quotidiano “Avvenire”)
Sarebbe interessante eseguire un’analisi comparata fra i comportamenti nel tempo degli amministratori pubblici ai vari livelli: temo che ne uscirebbe un “così fan tutti” deludente e sconfortante. Sotto-sotto sono questi i discorsi che inducono la gente all’astensionismo o a votare alla boia.
Mi aspetterei molto di più dalla sinistra e invece devo ammettere che c’è poco da sperare. Se la sinistra non si distingue e caratterizza su queste problematiche… Pretenderei un’attenzione speciale e invece… Perché l’unità d’azione delle forze di centro-sinistra non si cerca su tali questioni, non dovrebbe essere impossibile trovarla partendo proprio dalla sanità. Ci provino almeno!