Ammetto di essere molto più preoccupato, oserei dire sconvolto, dalla morte del giovane di Lavagna, suicidatosi per la vergogna di essere stato beccato in possesso di una piccola quantità di droga ultraleggera, che non dalle contorsioni politico-identitarie di Pierluigi Bersani ed ancor meno da quelle di Massimo D’Alema alla sola ricerca di un improbabile ritorno in pista.L’improvviso gesto estremo di questo ragazzo ci interpella su diversi piani: della cultura, della politica, dell’ordine pubblico.Ci sarebbe materia per un trattato interdisciplinare, ma mi limito a tre brevi riflessioni.La prima: la mentalità borghese con il suo perbenismo, radicato e annidato anche nelle famiglie, vince sempre. Si ritiene infamante avere un figlio in odore di droga, si teme di essere rifiutati dalla società al punto da togliersi la vita. Riflettano coloro che culturalmente si riempiono la bocca del concetto di rispetto della vita e capiscano che la vita non si difende rispettando asetticamente i principi, ma sostanzialmente le persone. Se non partiamo dalla persona creiamo inevitabilmente dei capri espiatori.La seconda: le forze dell’ordine devono smetterla di massacrare moralmente e materialmente gli anelli deboli delle catene criminose e mafiose. È inaccettabile, comodo e stupido combattere la piaga della droga partendo dalle vittime e non dai carnefici, trincerandosi dietro l’alibi delle procedure di legge. Nel caso in questione la Guardia di Finanza sarebbe intervenuta su sollecitazione dei genitori, disperati perché non riuscivano ad affrontare la situazione del figlio, finito in un giro assai pericoloso e da cui è difficile uscire. Probabilmente i genitori (il mestiere più difficile che esista) si sono fatti prendere dal panico; probabilmente i finanzieri, che avevano già sentore che davanti a quella scuola (presidi e insegnanti, altri mestieri improbi) girasse la droga, sono entrati in azione con la delicatezza di un elefante in un negozio di cristalleria; si è creato un corto circuito in cui ci ha lasciato le penne un giovane che si faceva delle canne. Mi chiedo tante cose. I genitori prima di arrivare a denunciare il proprio figlio (extrema ratio) non potevano chiedere aiuto a qualche altra istituzione o figura competente? Non mi sembra che questo loro figlio fosse talmente assuefatto alla droga da essere in pericolo di vita o da richiedere interventi così drastici. La scuola, che, come pare, sapeva di questi traffici, non poteva fare qualcosa di più che passare parola alla polizia? Non c’era qualche ulteriore tentativo educativo da operare con molta pazienza e discrezione? Il terreno è minato, ma proprio perché minato deve essere sondato con cautela e attenzione. E vengo alle forze dell’ordine. Era proprio necessario entrare a gamba tesa senza prima informarsi meglio e dialogare con famiglia e insegnanti? Si sono (in buona fede non lo discuto) improvvisati nel ruolo di salvatori della patria, senza averne sensibilità, competenza, esperienza e preparazione? Che bisogno c’era di effettuare con tanta solerzia e immediatezza una perquisizione domiciliare, che avrebbe comunque portato ad un risultato scontato e risibile? Cosa pensavano di trovare il magazzino centrale della droga immessa nel mercato italiano? Speravano che questo ragazzo li potesse condurre a chissà quali ulteriori sviluppi nella battaglia contro il narcotraffico? Anche per loro non dovrebbe valere il buon senso? Non si poteva, trattandosi di un minore, usare più prudenza, rinviando ulteriori eventuali provvedimenti ad un momento successivo, magari dopo aver sentito un parere del magistrato competente o di un esperto in materia o addirittura di entrambi? Cosa sarebbe successo di grave se l’intervento fosse proseguito con un dialogo in separata sede con i genitori del ragazzo, impiegando gli psicologi, ammesso e non concesso che servano a qualcosa, prima di certi interventi e non dopo i suicidi. Non sarebbe stato opportuno fare degli appostamenti in modo da capire se effettivamente ci fosse sotto un traffico e per risalire ai responsabili di alto livello? Si dirà: senno di poi, intellettualismo da parte di chi è fuori della mischia. Può darsi, ma proseguo. Perché non viene riservato il pugno duro ai veri narcotrafficanti ed a quanti tengono i fili di questo mercato internazionale e nazionale. La risposta alle precedenti domande è complessa e delicata, quella a quest’ultima, a mio giudizio è semplice. Se si toccano nel vivo i vertici di questa criminalità si rischia grosso da tutti i punti di vista, perché questi soggetti, secondo me perfettamente conosciuti dalle polizie di mezzo mondo, non scherzano e impiegano un minuto secondo a far fuori chiunque osi disturbarli. Un motivo in più per concentrare le energie e il coraggio in tale direzione. D’altra parte il comportamento altalenante delle forze dell’ordine evidenzia altre contraddizioni in altri comparti: ad esempio, molta tolleranza verso la violenza da stadio e molto implacabile interventismo sulla violenza nei conflitti sociali; molto accanimento sui tossicodipendenti ed assai meno attenzione al bullismo dilagante. Ho la netta impressione che il “manganello” abbia le sue “preferenze”.La terza riflessione: la politica faccia il suo mestiere, vale a dire leggi e provvedimenti che cerchino di affrontare un problema enorme, non con dogmatismo ma con pragmatismo, non sbandierando princìpi ma affrontando la realtà. È ora di legalizzare l’uso terapeutico di alcune sostanze stupefacenti e di depenalizzare e liberalizzare il ricorso alle cosiddette droghe leggere. Sempre meglio la concretezza del male minore piuttosto della virtualità del bene maggiore.In conclusione credo che il suicidio di questo fragile ragazzino rappresenti una sconfitta per lo Stato, per tutti i suoi servitori, per tutti gli educatori e per l’intera società molto più dell’evasione dal carcere di un ergastolano pluriomicida. Si dirà: non si poteva fare diversamente, bisognava intervenire, la legge doveva fare il suo corso. La madre del ragazzo suicida durante il funerale ha detto nobili, commoventi e stimolanti parole. So di dirla grossa, ma, con tutto il rispetto possibile e immaginabile per le persone coinvolte, mi chiedo: non sarà che il suicidio di questo ragazzino trasgressivo, invece che mettere a soqquadro la coscienza di tutti, finirà col tranquillizzarla? Facciamo una straziante lamentazione, “ ‘na béla cridäda” sui giovani d’oggi, sulle loro debolezze, sulle loro smanie di autonomia, una convincente pontificata sulla lotta alla droga senza eccezione e senza deroga alcuna e poi…tutti innocenti, tutti assolti, tutti come prima.Forse sarebbe il caso di andare tutti a farci benedire! Possibilmente da un prete che assomigli al mio amico Luciano Scaccaglia.